Don Lorenzo Milani e la pittura
Per la prima volta una mostra propone l’opera omnia creduta distrutta dei dipinti del priore di Barbiana che, prima di scoprire la vocazione, studiò disegno e dipinse a Firenze con Staude e a Brera dal 1941 al 1943.
Comunicato stampa
“Cara mamma ti scrivo dal piazzale dove oggi pare d’essere all’Accademia. Ogni ragazzo s’è fatto un cavalletto e una tavolozza. Abbiamo scoperto una maniera economica di fare i colori abbondanti, sodi come quelli a olio e che non sporcano i vestiti…” Chissà se don Milani avrebbe scritto questa lettera entusiasta nell’agosto del ’60, se non avesse vissuto una personale stagione artistica e pittorica? E’ uno degli aspetti indagati dalla mostra “Don Lorenzo Milani e la pittura: dalle opere giovanili al Santo Scolaro”, che, per la prima volta in assoluto raccoglie oltre 80 opere del giovane Lorenzo, tra dipinti e disegni, credute finora disperse o distrutte, provenienti da collezioni private, di recente venute alla luce. L’esposizione è allestita al primo piano di Palazzo Medici Riccardi, sede dell’amministrazione provinciale fiorentina, in via Cavour 1 a Firenze, ed è visibile fino al 24 luglio (inaugurazione domani, giovedì 6 giugno, ore 18.00). Dipinti, schizzi, studi di anatomia artistica rinvenuti dopo diversi decenni dalla morte di don Lorenzo e ripuliti dagli effetti del tempo che oggi, proprio nei giorni in cui ricorrono i 90 anni dalla nascita (è nato il 27 maggio del ‘23), portano alla luce un aspetto finora pressoché sconosciuto della vita e del carattere di Lorenzo Milani Comparetti.
Un percorso pittorico tutto sommato breve, quello di Lorenzo Milani, che si articola tra l’estate del ’41 – quando, a seguito del diploma, Lorenzo decide di non iscriversi all’università, ma di diventare pittore – e l’estate del ’43. Un biennio che ha determinato una crescita intellettuale e spirituale, oltre che artistica, di quello che diventerà il priore di Barbiana.
Molteplici i generi toccati dalle opere di Lorenzo Milani, dal neoimpressionismo al neoespressionismo; così come variegati sono i soggetti d’interesse dell’artista, dai panorami tipicamente fiorentini e toscani al ritratto e all’anatomia. Stili e soggetti finalmente visibili, dal momento che fino a oggi si conoscevano solamente due opere sull’intera produzione: Via delle Campora e Tre barche sulla riva.
La formazione con Hans-Joachim Staude. Il pittore tedesco nel 1941 lo avvia principalmente allo studio del paesaggio neoimpressionista. Al maestro, Lorenzo Milani si rifà in svariate opere – è il caso di Villa fiorentina che si ispira chiaramente a Tuscan villa di Staude –. Le lezioni di Lorenzo nello studio di Staude rappresentano il primo vero approccio alla pitture e al disegno da parte del giovane Milani. Per quanto Staude abbia affermato di non aver mai creduto che Lorenzo sarebbe mai diventato pittore, apprezzava la sua intelligenza e lo spirito con cui l’allievo si mise all’opera. Tra i primi dipinti compiuti troviamo Manichino seduto con coperta e vaso e Studio di manichino. Seguiranno poi Natura morta con tre vasi, che ci mostra i primi approcci alle nature morte con soggetti di diversa forma e materia, e i paesaggi come Villa fiorentina, Via delle Campora e Paesaggio con case fiorentine. Lorenzo trascorre l’estate del ’41 insieme al maestro Staude e alla sua famiglia: sono di questi mesi le vedute en-plein air come Veduta da Arolo, Barca ad Arolo, Monte con case e campi. Soggetto inatteso della stagione di vacanza, sono i Sandali, opera eccentrica che si affianca allo spirito goliardico di Lorenzo Milani in quel periodo, quando, nelle lettere, si firmava addirittura “Lorenzino dio e pittore”.
A Brera. Nell’ottobre del ’41 Lorenzo viene ammesso al primo anno di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Tra i suoi insegnanti ci sono Eva Tea per Storia dell’Arte, e Achille Funi, maestro di affresco. La materia che sembra interessarlo di più è “Anatomia artistica”, dove riesce ad avere una valutazione di 9/10. Tra i tanti disegni anatomici visibili in mostra si possono vedere elaborazioni di muscoli, braccia, corpi. E ancora: bozzetti, tracciati all’impronta, con poche linee o forme leggere.
In questo periodo, tra il ’41 e il ’42, Lorenzo dipinge ancora scolastiche nature morte quali Lekythos con libro e Vaso con drappo, ancora vicini agli insegnamenti di Staude. E il suo stile comincia a risentire dei maestri di Brera con Nudo femminile mutilo e Testa su piedistallo.
Tra i pittori che lo ispireranno nel periodo di Brera ci sono anche il paesaggista espressionista lombardo Ennio Morlotti e Bruno Cassinari, interessante per Lorenzo in particolare per i colori che si rifanno a Van Gogh e al belga Ensor. Dalle forme e dai colori di Morlotti e Cassinari nasceranno, per esempio, Autoritratto, Giovane appoggiato a un gomito, Ritratto di uomo su fondo rosso.
1942-43: l’estate a Villa Gigliola, il rientro a Milano e il progressivo abbandono della pittura. Lorenzo passa l’estate nella Villa di famiglia “Gigliola” a Montespertoli. Si apre un momento di evidente riflessione per il giovane Lorenzo: è di questa stagione il ritrovamento, che pare determinante nella conversione di Lorenzo, di un piccolo messale in una cappellina della tenuta. Scrive di averlo trovato più interessante dei Sei personaggi n cerca di autore di Pirandello.
Al suo rientro a Milano e comincia a frequentare il Duomo “da artista”, per analizzare i rosoni e i paramenti con l’occhio del pittore: si mise a “studiare la liturgia da un punto di vista estetico”, dirà poi don Auro Giubbolni. Sono di questo periodo opere quali Interno chiesa, Fiori gialli su fondo blu, Scolaretti di spalle. Il ritorno a Milano è di breve durata: i bombardamenti rendono necessario sfollare e Lorenzo, con la famiglia, decide di tornare a Montespertoli, dove riprende a dipingere paesaggi e figure con l’accertata sensibilità per l’osservazione della natura. Tra le opere di questi mesi ci sono Cipresseta, Studio di paesaggio invernale a Gigliola, Ragazzo seduto in abiti invernali. Apre in questo periodo, e fino all’estate ‘43, uno studio a Firenze nella zona di via de’Serragli. In questa sua ultima fase pittorica Lorenzo propende per un ritorno alla pittura tonale delle sue prime esperienze con Staude e si interessa maggiormente ai soggetti legati alla figura umana, fino a quello che sarà definito il suo “testamento pittorico”, il Ragazzo accosciato, dal quale emerge quasi una nostalgica dichiarazione che l’esperienza del disegno e della pittura stanno per concludersi definitivamente.
Le esperienze di pittura, così intense seppure concentrate in un biennio, riaffioreranno negli anni di Barbiana. Un aneddoto su tutti è quello raccontato nella lettera con don Lorenzo scrive alla mamma nell’agosto del ’60: “Cara mamma ti scrivo dal piazzale dove oggi pare d’essere all’Accademia. Ogni ragazzo s’è fatto un cavalletto e una tavolozza. Abbiamo scoperto una maniera economica di fare i colori abbondanti, sodi come quelli a olio e che non sporcano i vestiti. Si impastano le polveri con acqua e Vinavil cioè colla a freddo. La sera si coprono d’acqua e durano quanto si vuole”.
Oltre alle vere e proprie lezioni di pittura e disegno, gli ex allievi di Barbiana ricordano che don Lorenzo “scarabocchiava sempre quando spiegava e quando non capivamo faceva degli schizzi e tutto appariva chiaro” nell’ottica tipicamente barbianese del processo di apprendimento basato sulle fasi “scopro-approfondisco-imparo-realzzo”, che portò anche alla realizzazione dei mosaici della chiesa di Sant’Andrea a Barbiana. Il più celebre mosaico, ancora oggi visibile a Barbiana, è il “Santo Scolaro”, realizzato tra il ’61 e il ’64, immagine che andò a sostituire il Sacro Cuore, che impauriva i ragazzi quando la sera andavano a controllare che la lampada a olio fosse accesa o spenta.