L’Italia dei donatori. Più o meno interessati
C’è la crisi, e c’era eccome anche l’anno scorso. E tuttavia, i nostri concittadini hanno donato al settore dell’arte e dello spettacolo oltre 58 milioni di euro. Alla Scala e al San Carlo, ma pure ai comuni di Novi Ligure e San Miniato. Analisi di una fiscalità anomala.
Il 2010 è stato l’anno dei crolli di Pompei, dei tagli allo spettacolo, della soppressione dell’Eti.
Un anno tormentato per la cultura italiana, considerata spesso come poco “redditizia” e di secondaria importanza per lo sviluppo del Paese.
Di tutt’altro avviso sono state aziende, fondazioni e privati cittadini che lo scorso anno hanno erogato 58.371.273,60 di euro al settore delle arti e dello spettacolo, così come rivelano i dati divulgati nei giorni scorsi dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Cifre ingenti, che segnano una netta inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, evidenziando un incremento del 12% rispetto al 2009, in cui, invece, si era registrata una leggera flessione in confronto al 2008.
Il mecenatismo, quindi, grazie ai due meccanismi di defiscalizzazione previsti dalla legge, si rivela una strada maestra per dare linfa economica al patrimonio e alle attività culturali del nostro Paese.
Sfruttando l’opportunità di dedurre pienamente dal proprio reddito le somme erogate, nel 2010 le imprese italiane hanno destinato allo Stato e a regioni, enti pubblici, fondazioni e associazioni che svolgono senza fini di lucro la propria attività nel settore dei beni cultuali e dello spettacolo, oltre 32 milioni di euro, con un +9% rispetto ai 29 milioni del 2009. A beneficiarne maggiormente il settore dello spettacolo, che ha ricevuto il 56% delle erogazioni, a fronte del 44% ricevuto da musei e altri enti operanti in campo artistico.
Tra i nomi che hanno ottenuto gli investimenti più consistenti, emergono la Fondazione del Teatro alla Scala di Milano, con quasi otto milioni di euro, e l’Accademia nazionale di Santa Cecilia della Capitale, con poco più di due milioni. A farla da padrone, quindi, i grandi nomi delle istituzioni culturali italiane, forti della loro notorietà, anche se enti e associazioni meno note, rispetto agli anni precedenti, hanno visto aumentare i contributi ricevuti.
Tra i Comuni, ad esempio, spiccano i nomi di Novi Ligure e Montichiari che, con le cifre ricevute, superano nomi più conosciuti e maggiormente attivi in ambito artistico come la città di Torino.
Le regioni più “gettonate” sono la Lombardia, il Lazio e il Veneto. La Campania, la prima regione del Sud, si attesta al quinto posto per l’entità degli importi ricevuti e per i quali fa sicuramente da traino Napoli che, con la Fondazione del Teatro San Carlo, ha ricevuto dai privati liberalità per circa un milione e 600mila euro, su un totale di quasi due milioni erogati su tutto il territorio della regione.
Sul versante dei mecenati, tra i più generosi svettano gli istituti bancari, Unicredit, Intesa San Paolo e Banca popolare di Milano tra i primi, insieme ad alcuni colossi aziendali come Enel e Assicurazioni Generali.
Ottimi risultati anche per le erogazioni effettuate sfruttando la seconda agevolazione fiscale prevista dalla normativa italiana. Grazie alla possibilità di detrarre nella misura del 19% le erogazioni destinate a Stato e altri enti che svolgono attività in ambito artistico e culturale, privati cittadini ed enti non commerciali nel 2010 hanno “donato” ai beni culturali e allo spettacolo italiano oltre 26 milioni di euro, quasi quattro in più dell’anno precedente, con un aumento del 16%. In prima linea, tra i benefattori, le grandi fondazioni bancarie, da anni anche principali sponsor delle mostre d’arte del nostro Paese: accanto ai nomi consolidati di Fondazione Carige, Cariplo, Compagnia di San Paolo, Monte dei Paschi di Siena, spicca un nutrito elenco di casse di risparmio di piccole città del centro e del nord Italia (dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo a quella di San Miniato, da Biella a Forli, da Livorno a Trieste).
In generale, dai dati sulle erogazioni liberali emergono alcuni punti fermi: l’importanza dei contributi dei privati a un settore sofferente per la contrazione dei finanziamenti pubblici, l’utilità degli “sconti” fiscali come stimolo alla “generosità” e la sensibilità che cittadini, fondazioni e imprese dimostrano verso la cultura.
Alessandra Gambadoro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati