Tetsuro Shimizu – Im-permanenza-Mujo
I prestigiosi spazi della location lagarina ospiteranno – quale terza tappa di un percorso espositivo già sviluppatosi tra Milano e Sesto San Giovanni – le opere recenti dell’artista giapponese Tetsuro Shimizu.
Comunicato stampa
Respiro internazionale per gli appuntamenti di Palazzo Libera, a Villa Lagarina (TN).
Dal 15 giugno al 14 luglio p.v. i prestigiosi spazi della location lagarina ospiteranno – quale terza tappa di un percorso espositivo già sviluppatosi tra Milano e Sesto San Giovanni – le opere recenti dell’artista giapponese Tetsuro Shimizu, da ormai 25 anni “basato” a Milano, dove si è formato studiando all’Accademia di Brera, presso la quale oggi trasmette il suo sapere a nuove generazioni di artisti.
Ne indaga il linguaggio Matteo Galbiati, al cui saggio in catalogo si somma un contributo di Federica Giobbe, che di Shimizu è stata allieva alla stessa Accademia di Brera.
La mostra IM-PERMANENZA - MUJŌ si inserisce nel consolidato progetto pluriennale (avviato nel 2007 e destinato a svilupparsi fino al 2014) ARTELibera. Palazzo Libera per l’Arte Contemporanea, voluto dal Comune di Villa Lagarina (TN), in collaborazione con la PROMART - Libera Associazione per la Promozione delle Arti, di Trento e, per l’occasione, con la Galleria Nobili - Paraventi Giapponesi di Milano.
L’esposizione, cui hanno assicurato il proprio patrocinio istituzionale, oltre al Comune di Villa Lagarina, il Consolato Generale del Giappone di Milano, la Regione Trentino Alto-Adige e la Provincia Autonoma di Trento, sarà accompagnata da un catalogo (Ed. Publistampa, Collana Arte) ricco delle immagini di tutte le opere esposte, di un saggio critico (italiano/inglese/giapponese) firmato da Matteo Galbiati, con un contributo di Federica Giobbe.
Sostengono l’iniziativa la Target sas di Villa Lagarina (http://www.target-tn.it), la PRO•GEST – Cartiere di Villa Lagarina (www.pro-gestspa.it) ed il Private Banker Michele Perego, della SanPaoloInvest.
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Tetsuro Shimizu nasce a Tokyo nel 1958. Nel 1987 si trasferisce in Italia, a Milano, dove si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Dal 1985 espone le sue opere in gallerie private, spazi pubblici in Italia e all’estero. Vive e lavora a Milano.
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“Ogni cosa esistente è impermanente”
“Qualsiasi cosa è, sarà, era”
Queste asserzioni esprimono in maniera incontrovertibile lo spirito di Mujō ovvero dell’Impermanenza. Troviamo traccia della dottrina dell’Impermanenza nello Shōbōgenzō e in altri testi del XIII secolo ascrivibili al monaco giapponese Dōgen Kigen (1200-1253); lo Zen deriva dalla tradizione Chan cinese, che a sua volta si rifà alla consuetudine indiana e si sviluppa in Giappone intorno al IX secolo, sebbene il Buddhismo avesse già raggiunto l’arcipelago in epoca precedente.
Nella dottrina canonica Buddhista l’esistenza dell’uomo si dipana intorno a tre aspetti fondamentali: l’impermanenza o continuo divenire, la sofferenza o insoddisfacibilità delle cose legate al mondo, il non sé o insostanzialità della personalità.
La personale che dal 15 Giugno 2013 si terrà negli spazi di PALAZZO LIBERA, a VILLA LAGARINA (Tn), è una riflessione puntuale su questo aspetto fondante del Buddhismo. La consapevolezza di Mujō anima i lavori di Tetsuro Shimizu; il nucleo di opere presentate è stato studiato appositamente per l’occasione di questa mostra e concepito tenendo conto degli spazi in maniera specifica ma non vincolante. Il rapporto tra l’opera e lo spazio circostante, sia esso la parete che la accoglie o il vuoto che la circonda, risponde a delle attitudini squisitamente orientali; lo spettatore si sente compreso in quel che i giapponesi chiamano Ma.
Come ricorda Giancarlo Calza il Ma è un periodo, un intervallo di spazio e di tempo; una posizione, una distanza, un vuoto. Esiste un Ma della vita quotidiana, dello sport e dell’arte. Il Ma artistico dipende strettamente dal Ma religioso; esso irrompe nella quotidianità e nel senso comune stravolgendo ciò a cui siamo usi: la simmetria e la perfezione. Nelle tele di Shimizu, attraverso il contrasto tra la sagomatura, i tagli, le interruzioni e l’evidente tensione pittorica che si svolge nervosa sulla trama, si esprime il flusso, il divenire stesso; esso non si conclude sulla tela, ma si espande al di fuori di essa modificando la circostanza di partenza; in questo senso si può dire che le opere proposte da Shimizu non siano state pensate con un intento site-specific: esse sono in grado di far scaturire l’interruzione dello spazio-tempo laddove vengano ubicate sposando la prevista itineranza in tappe della mostra in contesti totalmente differenti tra loro. L’osservazione attraverso il Ma si fa esperienza per lo spettatore; l’interruzione del tempo quotidiano che ne deriva permette il riconoscimento e l’adesione da parte di chi guarda al flusso evolvente di Mujō. Il procedimento pittorico di Shimizu si è orientato su un intervento simultaneo che coinvolgesse tutti i pezzi in modo che anche una sola pennellata determini riflessi sensibili su tutte le tele coinvolte, registrando la comunione dell’atto creativo col concetto stesso di Impermanenza e, contemporaneamente, creando un’apparente contraddizione nella creazione di oggetti che permangono fisicamente come opere ubicate nello spazio. Non c’è, da parte dell’artista, come si può intuire, la ricerca di una certa piacevolezza estetica facilitata dal ricorso a colori accesi ma, al contrario, l’inasprirsi - talvolta violento - della tavolozza negli esempi dei giallo-verdi acidi o dei viola-blu lividi, rimanda di continuo alle dottrine dell’incompletezza, dell’imperfezione e dell’asimmetria e più in particolare a Yojō, il sovrappiù del sentimento. Esso è perpetrato attraverso la presenza di vuoti palpabili lasciati volutamente insoluti da Tetsuro. L’incompletezza genera quindi dinamismo attraverso rapporti evocativi.