La costruzione di una cosmologia – vol. 1 #2
Dopo il primo appuntamento dedicato alla prospettiva “politica”, cui hanno dato voce Alfredo Pirri e Giuseppe Stampone, prosegue il ciclo di conversazioni pubbliche tra artisti, che rappresenta il vol.1 del progetto «La costruzione di una cosmologia».
Comunicato stampa
La costruzione di una cosmologia - vol. 1
Il ruolo sociale dell’artista.
Giuseppe Gallo – Andrea Mastrovito
«bellezza»
Lunedì 8 luglio – ore 18.30
Napoli, Museo Hermann Nitsch – vico lungo Pontecorvo 29/d
Dopo il primo appuntamento dedicato alla prospettiva “politica”, cui hanno dato voce Alfredo Pirri e Giuseppe Stampone, prosegue il ciclo di conversazioni pubbliche tra artisti, che rappresenta il vol.1 del progetto «La costruzione di una cosmologia».
Il tema dell’intero ciclo, che si svilupperà a Napoli fra giugno e novembre 2013, avrà come fuoco centrale il ruolo dell’artista nella società e la prospettiva attraverso cui verrà discusso in questa occasione partirà dal concetto di bellezza.
Qual è il punto in cui la ricerca della bellezza smette di essere una necessità personale e diventa un compito che conferisce all’artista un ruolo, una responsabilità verso la comunità cui appartiene?
Può esserci una diversa bellezza per differenti società?
Giuseppe Gallo e Andrea Mastrovito vengono da percorsi e da aree geografiche diverse. Nel loro lavoro, che tende fortemente verso una ricerca formale dai risultati intensi, c’è sempre qualcosa di tagliente e di delicato al contempo, dalle asce del primo alle decapitazioni del secondo. Nel lavoro di entrambi, tuttavia, la bellezza si pone più come energia che come un elemento conclamato, una forza contenuta nella tensione dell’opera che si attiva come dispositivo inquietante, non lasciando allo spettatore la possibilità di sottrarvisi.
La bellezza salverà il mondo. E’ quello che scrive Dostoevskij. Ed è una delle ultime cose che pensa il principe Miškin, ne «L’Idiota», mentre per una lunghissima notte veglia, assieme al carnefice, il corpo assassinato di Nastassja Filipovna.
Questa immagine mi riporta sempre con una certa violenza al lavoro di due artisti che ho conosciuto negli anni, Giuseppe Gallo e Andrea Mastrovito. Nella loro opera ritrovo quella tensione magnetica che pone la bellezza nel medesimo bilico dostoevskiano fra esaltazione e fallimento.
L’ultima volta che sono stato in studio da Gallo l’ho visto perdere la testa dietro una serie di rametti, una forma elementare, naturale, che pure, però, per restituirsi come opera, come dispositivo ad uso dell’uomo, ha bisogno di definirsi in un ordine preciso, quasi magico, come ne L’angelo sterminatore di Buñuel. Per poter, poi, mostrarsi come visione di perfezione e fragilità, sempre sul punto di crollare su sé stessa, come se la bellezza non potesse esistere che soltanto in quell’attimo che ne precede il collasso.
Andrea Mastrovito è, un artista, che non mi stanco di chiamare ogni volta che vedo un suo lavoro da qualche parte. E’ una specie di necessità. Gli telefono per chiedergli sempre il perché dell’espressione dei volti. Mi sento, a volte, con Andrea, come un cieco che si faccia spiegare le sfumature di uno sguardo. Sono le facce dei suoi condannati a morte che sempre mi attraggono. Giovani, belli e luminosi, con le loro magliette sportive. In quei visi riconosco un sentimento del tempo che si esprime nella più intima delle dimensioni. Lo vedo tentare con un realismo maniacale, attraverso la matita e la carta, qualcosa che sarebbe impossibile con la fotografia, ossia fissare ciò che è presente nell’uomo al di là della consapevolezza. Sono dunque radiografie, o meglio ancora, spettrografie quelle di Andrea. Forse per questo, riesco a vedere, attraverso di esse, nei volti della mia generazione, ancora l’illuminazione della bellezza.
Gian Maria Tosatti