Resò – Geografie a confronto
Resò racconta le residenze IN e OUT della terza edizione attraverso lo sguardo incrociato degli artisti residenti, in un viaggio tra New Delhi, Cali, Cairo, Torino e altri centri del Piemonte.
Comunicato stampa
Geografie a confronto: Piemonte, India, Egitto e Colombia.
Il programma di residenza RESÒ si racconta.
Martedì 16 luglio, dalle 15.30 alle 18.30, presso il PAV di Torino, RESÒ racconta le residenze IN e OUT della terza edizione attraverso lo sguardo incrociato degli artisti residenti, in un viaggio tra New Delhi, Cali, Cairo, Torino e altri centri del Piemonte.
Intervengono: Franco Ariaudo, Frame Works (Amit Mahanti e Ruchika Negi), Malak Helmy e Nida Ghouse, Luisa Ungar. Ognuno di loro ha lavorato su temi e spazi con differenti metodologie, attivando una relazione stretta tra le loro ricerche e il contesto artistico ma anche sociale e politico della regione ospitante.
Franco Ariaudo, artista selezionato per la residenza OUT presso il Khoj di New Delhi, racconta la sua esperienza indiana e l’installazione creata appositamente intorno al tema della “sportificazione”. In particolare Ariaudo ha osservato l’inedita presenza delle donne nella recente spettacolarizzazione del contesto sportivo del cricket indiano nel quale le cheerleaders sono come comparse che l’artista ha posizionato in primo piano per riflettere sui concetti di inclusione ed esclusione. Approfondendo alcune teorie di Arjun Appadurai, antropologo indiano che ha riletto l’evoluzione del cricket come metafora del post colonialismo, Ariaudo indaga i controsensi e i paradossi del cricket contemporaneo inteso come segno di affermazione identitaria e di aggregazione sociale e nel quale anche i ruoli di genere divengono strumenti di riflessione. La presenza negli stadi del cheerleading, tendenza emulata e adattata alla cultura indiana, porta con sé anche l’Eve teasing, termine con il quale si indica un certo grado di responsabilità della donna in casi di molestia sessuale.
Il collettivo Frame Works, composto da Amit Mahanti e Ruchika Negi, racconta la propria esperienza di residenza presso il PAV attraverso uno dei temi urgenti sul quale la coppia è impegnata già da molto tempo: l’acqua. Bene prezioso e tra i più discussi rispetto a politiche governative di privatizzazione, le considerazioni di carattere sociale sollevate dai due artisti muovono verso l’uso, l’“accesso” e l’“eccesso” da parte di determinate popolazioni. Senza critica o giudizio rispetto alla diffusione o all’accessibilità alle fonti idriche in una città occidentale come Torino, Frame Works ha infatti indagato i diversi sistemi di purificazione dell’acqua, sia in superficie che nel sottosuolo. Una serie di visite sul campo con ingegneri, geologici e non ultimo anche con un rabdomante, ha infine portato i due artisti ad allargare i propri orizzonti sull’oggetto di indagine, abbracciando in questo modo discipline come la fisica, l’idrogeologia, l’antropologia e le possibili leggende legate al Piemonte. In questo contesto, le connessioni e gli sguardi hanno oltrepassato la rigidità di determinati schemi di pensiero e classificazione, al fine di sollevare questioni di carattere etico a loro modo giustificabili e sostenibili. Il risultato della loro ricerca, che confluirà in un video documentario al ritorno in India, prende anche forma al PAV, negli spazi esterni, attraverso una serie di segni e gesti di sensibilizzazione rispetto al cosiddetto “oro blu”. Il percorso è stato seguito anche da Orietta Brombin e Luca Valzano relativamente all’accessibilità e alla fruibilità delle opere d’arte negli spazi museali.
Malak Helmy, artista egiziana e Nida Ghouse, scrittrice indiana residente al Cairo, raccontano la loro attività di ricerca in residenza presso la Fondazione Spinola Banna per l’Arte partendo dal concetto di “architettura emozionale”. Concepito come un esercizio per la disamina dei retaggi sociali, intellettuali e psichici che interessano l’attivazione e la risoluzione delle collaborazioni, Emotional Architecture è un progetto che pone le seguenti domande: cosa succede alla conoscenza generata dalla collaborazione quando questa si interrompe? La ricerca punta ad individuare cosa sopravvive alla collaborazione, ciò che rimane come residuo, come eccesso, sia questa temporanea o duratura, istituzionale o data da collettivi artistici e persone che decidono di unire il proprio lavoro. Quali sono e possono essere le infra/strutture all’interno delle quali le collaborazioni prendono vita? E quali sono le infra/strutture che permangono una volta estinta la collaborazione? Non solo in termini fisici e materici – documenti e archivi, ma anche in termini di spirito e concetto. Cosa resta una volta finita la collaborazione? Sotto quali forme rimane come coscienza, come sapere per quanto ancora non palese, né manifesto? Il progetto di Malak Helmy e Nida Ghouse prevede di sviluppare queste riflessioni attraverso una serie di collaborazioni che spaziano da alcuni collettivi artistici minori, ad enti istituzionali più affermati, fino ai movimenti sociali temporanei. Iniziato nell’estate del 2012, come una raccolta di conversazioni che hanno avuto luogo al Cairo, è attualmente concepito, attraverso la partecipazione a RESÒ3, come progetto editoriale. In questa sede, le artiste presenteranno una serie di riflessioni e scritti elaborati durante il periodo di residenza presso FSB per l’Arte.
Luisa Ungar, in residenza a Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, presenta lo stato del suo lavoro, avviato a metà giugno. L’artista ha iniziato la sua ricerca in Italia partendo da temi ampi e già presi in esame prima del suo arrivo dalla Colombia, come il rapporto tra crisi e visioni del futuro, con l’obiettivo di arrivare a definire collegamenti tra vari elementi e contesti apparentemente scollegati tra loro. Prendendo come riferimento metodologico le ricerche di Aby Warburg, Ungar crea una mappa d’immagini e concetti nella quale mette in relazione materiali raccolti nelle sue visite a luoghi che per definizione “archiviano conoscenza” – dal Museo Egizio al Castello di Rivoli –, interviste, letture, come After the Future di Franc0 Bifo Berardi, e documenti sul web. Il lavoro in progress di Ungar trae origine da un’attività progettuale nella quale l’artista interroga i sistemi di narrazione e le possibilità dialettiche delle arti visive.
L’incontro è moderato da Lisa Parola di a.titolo, direzione artistica del CESAC e coordinamento RESÒ3. La presentazione del gruppo Frame Works è condotto da Claudio Cravero, curatore del PAV; l’incontro di Malak Helmy e Nida Ghouse è introdotto da Francesca Doro, assistente di direzione della Fondazione Spinola Banna per l’Arte; la ricerca di Luisa Ungar è seguita da Juan Sandoval, direttore Ufficio Arte di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto.
La piattaforma RESÒ, promossa e sostenuta da Fondazione CRT per l’Arte moderna e Contemporanea di Torino, è composta da: Accademia Albertina delle Belle Arti; CESAC Centro sperimentale per l’arte contemporanea di Caraglio; Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea; Cittadellarte – Fondazione Pistoletto di Biella; Città di Torino GAI – Associazione Circuito Giovani Artisti Italiani; Eco e Narciso, Provincia di Torino; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino; Fondazione Spinola Banna per l’Arte di Poirino; PAV Parco Arte Vivente di Torino.