Ivano Parolini – Beauties
L’esposizione, che allinea una ventina di opere pittoriche realizzate per l’occasione, costituisce una significativa testimonianza delle ricerche realizzate dall’artista bergamasco negli ultimi due anni di lavoro.
Comunicato stampa
Domenica 4 agosto 2013 alle ore 18.00 presso il Centro Museale Comunale di Rovetta (BG), in via San Narno 1, si inaugura la mostra di dipinti di Ivano Parolini (Gazzaniga 1977). L’esposizione, che allinea una ventina di opere pittoriche realizzate per l’occasione, costituisce una significativa testimonianza delle ricerche realizzate dall’artista bergamasco negli ultimi due anni di lavoro.
Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti “Giacomo Carrara” di Bergamo sotto la guida di Marco Cingolani, Parolini ha sviluppato un peculiare stile di lavoro in base al quale ogni dipinto è provocato da un’immagine fotografica preesistente, prelevata cioè dal circuito dei mass-media. Su di essa il pittore interviene cancellando, sovrapponendo e stratificando i colori sino a creare un’immagine del tutto nuova e personale. Il repertorio iconografico privilegiato è quello della fashion photography e delle riviste di moda popolate di giovani modelle, icone dello star-system, attrici, cantanti. Il glamour delle immagini, il sex-appeal delle modelle è tuttavia ostentatamente negato da una strategia espressiva che “nasconde” nel momento stesso in cui “mostra”. Le fotografie “piratate” sono infatti metodicamente ricoperte, affogate, sommerse da strati di materia pittorica che ne sfruttano il tracciato iconico alla stregua di antiche sinopie. Trasfigurate dal colore, steso con gesti rapidi e pennellate sintetiche, le immagini vivono una “seconda vita” generando spazi claustrofobici che moltiplicano la sensazione di isolamento e solitudine. In questa dimensione senza tempo si muove, gesticola, ammicca, si annoia e si mostra un vasto campionario di tipi femminili, la cui originaria condizione di mannequin è occultata dalle colate di pittura che trasformano i corpi in manichini, i volti in maschere, gli sguardi in espressioni enigmatiche e mute. Un’estetica quella della cancellatura che ha ben noti e illustri precedenti nella storia dell’arte recente, da Basquiat a Schnabel, da Marlene Dumas a Kentridge, da Chantal Joffe a Stefano Arienti, valorizzando il gesto iconoclasta, la “tabula rasa”, una strategia della riappropriazione e della ri-scrittura delle icone contemporanee. Una pittura di “secondo grado”, una rilettura critica dell’immagine e sull’immagine, secondo un approccio concettuale, crossover e postmoderno che rigetta ogni idea di autenticità, di una figurazione cioè intesa come trascrizione immediata, naturale e diretta della realtà.