Virginia Ryan – I love you
Mille fotografie per altrettante vite, dal cuore dell’Africa all’Italia, fino ad arrivare al mondo intero: Virginia Ryan, artista nata in Australia ma anche cittadina Italiana, racconta di gente che negli ultimi vent’anni ha vissuto la propria vita a Grande Bassam in Costa D’Avorio, città di mare africana un tempo Capitale coloniale ed ora patrimonio dell’Unesco, attraverso una moltitudine di immagini reperite nelle tantissime boutiques fotografiche sparse per la città.
Comunicato stampa
Mille fotografie per altrettante vite, dal cuore dell'Africa all'Italia, fino ad arrivare al mondo intero: Virginia Ryan, artista nata in Australia ma anche cittadina Italiana, racconta di gente che negli ultimi vent'anni ha vissuto la propria vita a Grande Bassam in Costa D'Avorio, città di mare africana un tempo Capitale coloniale ed ora patrimonio dell'Unesco, attraverso una moltitudine di immagini reperite nelle tantissime boutiques fotografiche sparse per la città, che a causa della fine della pellicola analogica e l'arrivo del digitale stanno chiudendo i battenti: fotografie di nascite, matrimoni, eventi importanti o semplici ricordi, che accumulate nei depositi dei negozi correvano il rischio di essere perdute, trascinando con sé la tradizione stessa della fotografia, da sempre elemento fondamentale del tessuto culturale africano. La Ryan ha dunque recuperato una parte imponente della storia della città senza alcuna censura o cernita: tutte le foto che rischiavano di essere bruciate o buttate via sono state acquistate dall'artista e messe insieme per restituire una visione completa e senza alcuna ombra di ciò che è accaduto a Grande Bassam dagli anni '90 al 2012: "non ho i negativi delle foto, - spiega l'artista - ciò che volevo era sostenere una tradizione importante, che rischiava il dimenticatoio. Ho voluto rendere un servizio a questo tipo di arte". La raccolta di immagini ha un titolo significativo "I love you", che è riportata anche su una delle foto che ho trovato. Volevo che il significato di questa installazione fosse trasversale, che invitasse gli italiani - in questo caso - alla riflessione su ciò che accomuna la loro vita a quella di persone appartenenti a culture diverse e lontanissime, come quelle di Grande Bassam. In Europa a volte sembra che il razzismo sta pericolosamente aumentando, e una mostra come questa è un tentativo in più di arginare l'ondata di ostilità nei confronti del cosidetto diverso" commenta ancora. L'istallazione è già stata presentata informalmente nello studio dell'artista a Grand Bassam suscitando profonda meraviglia e gioia nei visitatori, emozionati dal rivedere immagini che ritenevano scomparse e che nessuno avrebbe creduto così importanti per la storia della città così come per quella di ogni singolo cittadino. La Ryan ha infatti posto un forte accento sul concetto di memoria guardando contemporaneamente al cambiamento della società, alla sua evoluzione e a ciò che comporta. Il 12 settembre, negli spazi di 1 Opera a Napoli, l'istallazione a cura di Giuseppe Ruffo, Pietro Tatafiore e Mariano Ipri aprirà ai visitatori italiani strizzando l'occhio alla storia collettiva del 'bel paese' attraverso un allestimento singolare, fortemente voluto dall'artista, che rimanda ai legami tra un paese e l'altro, tra una persona e l'altra, stretti attraverso i viaggi e più nello specifico attraverso l'emigrazione: le immagini dondoleranno da lunghi fili tesi in orizzontale, come piccole bandiere, a ricordare l'antica tradizione dei migranti e dei loro parenti di tenere dei lunghi lacci di spago - ognuno ad un'estremità, dal porto e dalla nave in partenza - che simboleggiavano un legame forte, che il viaggio non avrebbe spezzato. Quando poi la nave lasciava il porto il filo di spago colorato restava sul pelo dell'acqua a galleggiare, formando insieme a tutti gli altri un gigantesco arcobaleno acquatico. La citazione da parte della Ryan in questo caso è di Jeffrey Eugenides, scrittore statunitense, che nel suo Middlesex racconta proprio di questo: ''It was the custom in those days for passengers leaving for....to bring balls of yarn on deck. Relatives on the pier held the loose ends.As the ....blew its horn and moved away from the dock,a few hundred strings of yarn stretched across the water.People shouted farewells,waved furiously,held up babies for last looks they wouldn't remember. Propellers churned:handkerchiefs fluttered,and up on deck,the balls of yarn began to spin. Red,yellow,blue,green,they untangled towards the pier,one revolution every ten seconds and faster as the boat picked up speed.Passengers held the yarn as long as possible,maintaining the connection to the faces disappearing onshore. But finally,one by one,the balls ran out.The strings of yarn flew free,rising on the breeze.....''.
Un ricordo che tra l'altro serba la stessa artista e che si avvicina molto alla storia della migrazione italiana, famosa in tutto il mondo, senza dimenticare la stessa Napoli per eccellenza, coi suoi panni stesi nei vicoli, simbolo di intimità familiare resa pubblica in strada. L'appuntamento è dunque per il 12 settembre 2013, dalle ore 18, a 1 Opera, palazzo Diomede Carafa nel centro storico di Napoli
Chiara Minieri