NA.TO L’arte del presente il presente dell’arte
L’esposizione, curata da Alessandro Demma, presenta il progetto NA.TO, un “gruppo” formato da quattordici artisti scelti attraverso un’attenta ricognizione sulla scena artistica napoletana e torinese, due aree metropolitane culturalmente tra le più vitali e che tradizionalmente hanno segnato passaggi fondamentali del sistema dell’arte contemporanea italiana e internazionale.
Comunicato stampa
Giovedì 3 ottobre, alle ore 18.00, verrà inaugurata a Castel Sant’Elmo la mostra “NA.TO L’arte del presente, il presente dell’arte”.
L’esposizione, curata da Alessandro Demma, presenta il progetto NA.TO, un “gruppo” formato da quattordici artisti scelti attraverso un’attenta ricognizione sulla scena artistica napoletana e torinese, due aree metropolitane culturalmente tra le più vitali e che tradizionalmente hanno segnato passaggi fondamentali del sistema dell’arte contemporanea italiana e internazionale.
Napoli è il secondo appuntamento, dopo quello realizzato a Torino 11 novembre dell’anno scorso all’ Ex Manifatture Tabacchi, in occasione di Artissima 2012 e nell’ambito di Contemporaryart Torino + Piemonte.
Una panoramica di esperienze differenti per linguaggi, tecniche, materiali arricchita dalla presenza di quattordici critici d’arte/curatori invitati a ripensare il lavoro di ogni artista presente in mostra.
La selezione NA.TO, definita dal curatore un “intellettuale collettivo”, rintraccia una linea di pensiero e una poetica comune tra gli artisti per ridisegnare una cartografia politico-culturale dell’arte contemporanea in Italia. Una riflessione su un mondo e un sistema, in rapido mutamento, per catturare - con le parole di Charles Baudelaire - “il transitorio”, “il fuggitivo”, “il contingente”: la qualità che più caratterizza il nostro vivere contemporaneo.
Il progetto, infatti, vuole scattare un'istantanea del fare arte e dell'esercizio di consapevolezza proposto da chi, attuandola, non manca di interrogare la propria figura di artista a Napoli e a Torino. Per questo motivo sono stati invitati quattordici critici d’arte e curatori delle due città per approfondire, con i loro interventi, le riflessioni degli artisti in mostra.
La mostra è realizzata dall’Istituto Garuzzo per le Arti Visive - IGAV di Torino in collaborazione con il Servizio architettura e arte contemporanee della Direzione Generale Pabaac del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Napoli. L’iniziativa è realizzata con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Campania, della Città di Napoli, della Regione Piemonte, della Città di Torino.
Durante l’inaugurazione (ore 19.00) sarà presentato il progetto di Diego Cibelli “Papers for Word To Develop Cultural Plans” .
La mostra sarà aperta gratuitamente il 5 ottobre in occasione della Giornata del Contemporaneo AMACI.
I 14 artisti in mostra: AfterAll (Silvia Viola Esposito; Enzo Esposito) Maura Banfo; Botto e Bruno (Gianfranco Botto; Roberta Bruno); Diego Cibelli; Paolo Grassino; Paolo Leonardo; Nicus Lucà; Domenico Antonio Mancini; Andrea Massaioli; Moio&Sivelli (Luigi Moio; Luca Sivelli); Perino&Vele (Emiliano Perino; Luca Vele); Rosy Rox; Francesco Sena; Ciro Vitale.
AfterAll (Silvia Viola Esposito, Napoli 1975; Enzo Esposito, Napoli 1977). Il duo artistico sperimenta le possibilità linguistiche, comunicative e suggestive dell’installazione nelle sue diverse declinazioni. L’utilizzo di materiali di forte impatto visivo e un’attenta scelta estetica pilotano le opzioni di AfterAll che fanno della ricerca sullo spazio e sul tempo i luoghi privilegiati della loro ricerca e riflessione, strutture e supporti su cui costruire l’opera d’arte. Il loro interesse per le problematiche sociali, politiche e culturali diventa, in una realtà veloce e superficiale come quella attuale, un momento essenziale per catturare e bloccano nel tempo dell’opera l’incessante ritmo quotidiano.
Maura Banfo (Torino 1969). Dopo anni d’irrequietezza “vagabonda” ad esplorare il mondo, trova nella sua città natale il proprio “nido” dove inizia alla fine degli anni novanta una ricerca attraverso la fotografia come linguaggio predominante. A partire da allora l’artista torinese ha realizzato, con un sapiente utilizzo del macro, lavori fotografici che restituiscono uno zoom, uno sguardo attento che per un istante si posa su un dettaglio della vita quotidiana. Che si tratti di un oggetto, di un abito, di un luogo, l’aspetto fondamentale dell’artista è quello di catturarne la loro essenza. Oggi la sua ricerca guarda a 360° gradi, lasciandosi trasportare dalle proprie sensazioni attraverso non solo la fotografia e il video, ma la scultura e l’installazione.
Botto e Bruno (Gianfranco Botto, Torino 1963; Roberta Bruno, Torino 1966). La fotografia e il video sono i linguaggi privilegiati da Botto e Bruno che da anni indagano lo spazio urbano della periferia, le architetture, le persone e le cose che li abitano. Avvolte da colori vividi le immagini del duo torinese ci presentano una visione esistenziale del presente, narrata sotto forma di metafora del tempo. I temi del degrado, della solitudine, dell’incertezza, sono alla base della loro analisi di un mondo marginale, della vita vissuta negli “spazi critici” della periferia. Luoghi visionari e al contempo luoghi di trasformazione dove è possibile sentire la pulsione della vita.
Diego Cibelli (Napoli 1987). La fotografia, il video, l’installazione, la performance, la scrittura, sono i luoghi privilegiati da Diego Cibelli per attraversare e analizzare i concetti di esistenza, evidenziare la questione del soggetto e la sua “crisi”, l’intersoggettività, l’alterità. Una riflessione sul consueto, sul quotidiano, affrontata nella sua marginalità, nella precarietà, nell’incertezza, giocata su quelle linee di confine tra spazio, tempo ed esistenza. L’artista napoletano indaga un microcosmo di accadimenti sospeso tra immaginario e simbolico, con una processualità che esplora la finzione e l’autenticità della vita.
Paolo Grassino (Torino 1967). Sin dai suoi esordi la ricerca di Paolo Grassino si è mossa su un territorio delicato e incerto, su una superficie magmatica di una società confusa, mutevole, “liquida”, per usare un termine caro a Zygmunt Bauman, su una società liquido-moderna che non è in grado di conservare la propria forma. Lavorando sulla durata del pensiero, degli ideali, kublerianamente sulla “forma del tempo”, Grassino prova a fermare questo incessante scorrere, questa successione di “nuovi inizi” e “rapide fini”, per mostrarci una realtà altra, presente e permanente, una condizione eterotopica ed eterocronica che riflette sulla storia e sull’esistenza.
Paolo Leonardo (Torino 1973). Nelle sue opere Paolo Leonardo analizza l’essenza e l’esistenza dell’immagine, la presenza consacrata del già visibile, l’infinita riproducibilità della visione e della rappresentazione, riuscendo a scardinare e ricodificare un mondo, un sistema, quello della società dell’immagine diffusa, attraverso l’intervento pittorico, l’interferenza fisico-mentale della sua azione. Catturando le figure dall’immenso “museo” dell’immagine globale (la fotografia, il cinema, i manifesti pubblicitari, le riviste, i libri, etc.) e intervenendo con il colore, Leonardo costruisce foucaultianamente il suo archivio personale come un luogo mai concluso di un "processo" alle immagini, come spazio, teorico e fisico, in cui i documenti possono acquistare nuovo significato, nuova voce e nuova attualità, in cui possono diventare, finalmente, “monumenti”.
Nicus Lucà (Torino 1961). La ricerca di Nicus Lucà si orienta sull’alienazione graduale dell’oggetto che liberandosi della sua funzione assume nuova vita. Giocando sul filo del paradosso Lucà ha dato vita ad una ricerca che si muove su due piani: quello metalinguistico e quello esistenziale. A partire da questa dualità l’artista opera sullo straniamento progressivo dell’oggetto che assume una vita propria affrancandosi dalla sua funzione. Una sintesi che mette in scena l’esperienza concettuale e il desiderio di produrre manufatti con una loro specifica componente seduttiva. Un universo popolato dal banale che nel pensiero e nell’azione dell’artista diventa concetto, struttura e forma.
Domenico Antonio Mancini (Napoli 1980). Le opere di Domenico Antonio Mancini sono finemente caustiche. Sottili poiché visivamente appaiono innocue, ma al tempo stesso sono argutamente cariche di quella tensione che sottintende un’esplosione imminente. Nati dal confronto col quotidiano, con gli eventi, con tutto ciò che ci circonda e che spesso ci assale, i suoi lavori, o meglio i suoi progetti, sono incentrati su una attenta analisi del significato e del significante delle cose. Un procedimento costruito in maniera complessa e attenta attraverso una decostruzione e ricostruzione critica del quotidiano, della vita.
Andrea Massaioli (Torino 1960). Attraverso i linguaggi della pittura e della scultura, l’artista ne rivisita i “generi” e le “tecniche” in chiave lirica e poetica, a volte in modo visionario altre più legato ad una propria mitologia individuale. Nelle sue opere gli oggetti, le cose di ogni giorno, esseri vegetali e animali, organi genitali... sono isolati e trasformati in nuovi totem, figure apotropaiche, emblemi di un rapporto profondo e ambiguo tra uomo e natura, bussole che possono orientarci nella nostra vita reale. Le sue figure si sciolgono in ibridazioni e metamorfosi, mantenendo un’iconologia reale abitata da atmosfere immaginifiche.
Moio&Sivelli (Luigi Moio, Napoli 1975; Luca Sivelli, Napoli 1974). La ricerca di Moio&Sivelli si sviluppa armonicamente attraverso diversi linguaggi: dai video alla fotografia, dalle tele alle sculture/installazioni. Le relazioni umane e le emozioni che da esse possono scaturire rappresentano la base delle indagini dei due artisti. Scavando nell'intimo individuale con la rappresentazione di intriganti, seducenti e talvolta irriverenti performance, gli artisti minano con ironia gli inconsci fondamenti delle nostre considerazioni, in funzione di una più ampia critica nei confronti di alcuni assunti della società contemporanea.
Perino&Vele (Emiliano Perino, New York 1973; Luca Vele, Rotondi 1975). Sin dal precoce esordio alla Biennale di Venezia del 1999, il duo artistico ha esplorato i linguaggi della scultura e del disegno interrogandosi sull’utilizzo della carta e del colore. Così, Perino&Vele plasmano forme di cartapesta ottenute dai quotidiani che prestano al prodotto finale le loro sfumature cromatiche: il rosa della “Gazzetta dello Sport”, il beige del “Sole 24 Ore”, il grigio del “Mattino” o del “Corriere della sera”. Il linguaggio scultoreo e il disegno si intrecciano alle continue ricerche e riflessioni sulle problematiche politiche, sociali e culturali che accompagnano il tempo presente.
Rosy Rox (Napoli 1976). Il nome potrebbe essere quello di un’eroina di un fumetto, un personaggio metaforico, aggressivo e tenero insieme. Sicuramente ironico, graffiante. Rosy Rox lavora sul corpo della donna, sul suo, esposto direttamente, corpofisico, sociale, politico. Corpo femminile in assoluto. Quest’artista di Napoli si è messa sul cammino intrapreso da molti artisti negli anni Settanta, tra performance e body art, che hanno lavorato sulla figura umana, su se stessi, per sviluppare un discorso di riflessione sull’identità, con coraggio e onestà. L’individuo, la materia organica e vivente come luogo dove trovare lo spirito, un senso di comunione e significato universale radicato nella figura del singolo.
Francesco Sena (Torino 1966). Quello di Francesco Sena sembra essere un viaggio fra labirinti di segni e simboli che animano gli universi del nero e del bianco, segnando, passo dopo passo, un esercizio sempre in bilico fra adesione alla materia e distanza dalle sue pulsazioni. È proprio la materia ad essere protagonista assoluta del suo comporre. La cera, ricodificata attraverso una serie di procedimenti tecnici, diventa il corpo del suo operare, la pelle silenziosa che traccia sottili percorsi, sentieri d’ombra, velate atmosfere, fantasmatiche presenze. Francesco Sena pensa alla cera come vuoto e silenzio, come epifania della materia che, disseminandosi su differenti superfici, fa affiorare frammenti di immagini e brani di realtà, lascia intravedere misteriosi cammini, rimanda a memorie e a indizi rivelatori.
Ciro Vitale (Scafati 1975). Attraverso l’utilizzo di codici e media differenti – tra gli altri, il video, la fotografia, il suono, la scrittura, il ready made -, secondo procedure sinestetiche complesse che appartengono ormai pienamente alla storia delle arti, Ciro Vitale indaga nelle sue opere il significato di un luogo o di un momento storico specifici non cercando di raggiungerne la verità, che resta per fortuna il desiderio sempre inappagato del linguaggio, ma di verificarne piuttosto il valore d’uso, l’efficacia, la capacità di generare discorsi e azioni, di suggerire fratture sulla liscia superficie della comunicazione.
Interventi critici di:
Claudia Borrelli; Marianna Bracci; Claudio Cravero; Guido Curto; Maria De Vivo; Olga Gambari; Marco Enrico Giacomelli; Maria Giovanna Mancini; Anita Pepe; Adriana Rispoli; Gabriella Serusi; Francesca Solero; Lorena Tadorni; Stefania Zuliani.