Deserti. Sei visioni per l’idea di deserto
In mostra una selezione di trenta fotografie di sei autori sul tema del deserto. Gli autori presenti e il tema derivano da un precedente progetto ideato e realizzato a Bari nel 2012 dal fotografo e critico Carlo Garzia intitolato Desert Inn/Desert In con la partecipazione di dodici fotografi italiani.
Comunicato stampa
Si inaugura negli spazi della galleria Pinxi New Art la mostra Deserti. Sei visioni per l’idea di deserto, una selezione di trenta fotografie di sei autori sul tema del deserto. Gli autori presenti e il tema derivano da un precedente progetto ideato e realizzato a Bari nel 2012 dal fotografo e critico Carlo Garzia intitolato Desert Inn/Desert In con la partecipazione di dodici fotografi italiani. Sei di questi, tra quelli che gravitano attorno all’area milanese, con l’eccezione dello stesso Carlo Garzia, propongono in questa mostra milanese la loro visione del deserto intesa in un ampia accezione: dalle opere più realistiche e aderenti al significato letterale del termine a quelle più simboliche e metaforiche. Convivono così, in questa esposizione i paesaggi desertici americani di Ermanno Barchiesi, in bianco e nero classico, accanto a quelli, sempre americani di Carlo Garzia che con colori forti alludono al deserto come luogo dell’anima e della cultura americana; così come i paesaggi pietrosi, nebbiosi e montani di Gianni Maffi, in bianco e nero, convivono con i delicati o abbacinati colori delle riprese che Alessandro Vicario ha realizzato nelle saline di Margherita di Savoia; e ancora il deserto come esperienza vissuta nelle sale vuote e degradate di un ex ospedale psichiatrico, riprese in bianco e nero da Roberto Toja accanto alle metaforiche ricostruzioni surreali dei deserti di Pio Tarantini in cui si aggirano improbabili personaggi e oggetti sotto cieli neri costellati da strani satelliti.
Dal testo di presentazione di Pio Tarantini
Il deserto, nel suo significato letterale di sterminato spazio arido, petroso o sabbioso, è stato da sempre oggetto dell’attenzione dei fotografi, attratti dalla sua bellezza inquietante e fotogenica. […]
[…] È con il modificarsi del linguaggio e dello stile che, negli anni cinquanta, un’altra generazione di fotografi volge al deserto l’obbiettivo dell’apparecchio fotografico ragionando non più in termini di forma ma cercando di svelare visivamente gli aspetti misterici e allegorici dello spazio desertico: attraverso molti fotografi, ancora una volta americani, il deserto viene rappresentato non più soltanto per il suo fascino di luogo estremo ma per i significati simbolici che esso può sottendere […]
[…] Il deserto in senso letterale diventa dunque ai nostri giorni, per la ricerca fotografica, l’idea del deserto, in un complicato meccanismo filosofico dove c’è un ribaltamento di impostazione: da una visione realistica, materialistica, in cui alla parola deserto corrisponde un dato oggettivo della realtà così come noi la percepiamo, a una visione che potremmo definire neoplatonica, nominalistica – se ci si serve di termini classici – fino ad arrivare alle più complesse e recenti teorie come lo strutturalismo o l’approccio ermeneutico e linguistico: il deserto, insomma e per semplificare, diventa più un luogo della mente che non un luogo reale.
[…] E, dando uno sguardo generale a tutte le opere presenti in mostra si coglie subito questo aspetto in cui è quasi sostanzialmente assente il deserto inteso nella sua pura accezione. È visto più come «una metafora del silenzio, dell’indeterminatezza: uno spazio indistinto ma mobile in cui l’essere può perdersi ma anche ritrovarsi», come è dichiarato in una presentazione dell’esposizione.