Ghitta Carell – Un ritratto mondano
Presentazione del volume Un ritratto mondano di Roberto Dulio edito da Johan & Levi nell’ambito della mostra “Tra le due guerre.Gli architetti di Ghitta Carell”.
Comunicato stampa
Nell'ambito della mostra curata da Roberto Dulio e promossa dal Politecnico di Milano - Polo Territoriale di Mantova, con la collaborazione degli Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, della Fototeca Storica nazionale Ando Gilardi e con il patrocinio del Comune di Mantova, si parla questa sera del volume "Un ritratto mondano di Roberto Dulio. Con l'autore intervengono il Prorettore di Mantova del Politecnico di Milano Federico Bucci e Mario Lupano, docente all'Università degli Studi di Venezia.
Nel volume, Roberto Dulio ricostruisce le vicende personali e artistiche della fotografa che con i suoi ritratti d’autore rappresentò un’intera società, coniugando la ritrattistica rinascimentale e barocca con il gusto glamour delle fotografie che stavano consacrando il divismo degli attori d’oltreoceano. Classe 1899, ebrea di origine ungherese, Ghitta Klein (soltanto in seguito adotterà il cognome Carell) frequenta in patria lo studio del fotografo Székely Aladár e forse anche quello di József Pécsi. Nel 1924 si trasferisce in Italia, prima a Firenze e poi a Roma. Nella capitale trova sulla propria strada Eva Barrett, fotografa inglese nonché ritrattista consolidata. Confrontando soggetti e generi delle due professioniste si percepisce chiaramente la ferma volontà di Ghitta Carell non solo di emulare la Barrett (il nuovo cognome d’arte richiama per assonanza la rivale), ma di surclassarla, sottraendole a poco a poco le personalità ritratte. Si arriva così alle fotografie del Duce del 1933 e del 1937 che suggellano la fortuna professionale dell’artista e saranno alla base di una delle prime dispute per diritti d’autore: Arnoldo Mondadori acquista nel ’33 i ritratti di Mussolini e li pubblica senza rispettare la richiesta della fotografa di visionare le prove di stampa; la Carell per tutto conto rifiuta il compenso e lo querela. Maestra del ritocco, Ghitta Carell utilizza strumenti quasi rudimentali e lastre fotografiche specificamente predisposte: su un lato un’emulsione sensibile a tutti i colori eccetto il rosso rendeva invisibili le imperfezioni sul viso, sull’altro una sorta di smeriglio diffusore ammorbidiva ulteriormente l’immagine, ma questo poteva essere asportato con una punta metallica o un raschietto in alcune parti, cosi da rendere carichi e intensi certi particolari (i neri profondi e i bianchi candidi). Una tecnica che le consente effetti di grande ricercatezza, come mostrano i suoi scatti più famosi, tra cui quelli di Palma Buccarelli. Il successo, però, la espone anche all’attenzione della Polizia politica – Certa Ghitta Carell, fotografa, ebrea tedesca. Detto elemento sarebbe da sorvegliare molto in questo periodo –, ed è solo grazie alle sue frequentazioni che nel 1939 viene autorizzata a rimanere nel Paese, diventando nel 1959 cittadina italiana a tutti gli effetti. Dopo la sua morte, nel 1972, la Carell viene sbrigativamente liquidata come “fotografa del regime”: il pieno riconoscimento del suo valore arriva tardivamente, solo in anni più recenti. Dulio si inserisce nel solco di questa rivalutazione per rinnovare la necessità di un tributo alla grande ritrattista e al ruolo delle sue fotografie; La qualità di questo lavoro – artistico e tecnico – e la persuasiva suggestione dei risultati, fanno sì che anche il “potere” […] se ne serva. […] Ghitta Carell è una fotografa mondana – nell’accezione etimologica del termine, “del mondo”, secolare – in un momento storico in cui il potere, soprattutto quello politico rappresentato da Mussolini (ma nemmeno l’ambizione dei pontefici sarebbe da sottovalutare), cercherà, oltre a quello popolare, anche il consenso mondano.
L'autore del volume Roberto Dulio insegna Storia dell’architettura al Politecnico di Milano, si occupa della cultura architettonica moderna e contemporanea e dei suoi rapporti con l’arte e la fotografia. Tra i suoi libri: Giovanni Michelucci 1891-1990 (con Claudia Conforti e Marzia Marandola, Electa, Milano 2006) e Introduzione a Bruno Zevi (Laterza, Roma-Bari 2008).