Motus – Nella tempesta
I Motus continuano a “usare” il teatro per penetrare queste ferite aperte, gettandosi “nella Tempesta”, determinati a perseguire un’idea di ricerca che li porta nei punti caldi del pianeta per captare forze telluriche e accumulare energie necessarie a vivere “In un mondo in cui non ci si può adattare e a cui non si può rinunciare, as citizens, as society-makers.”(Paul Goodman).
Comunicato stampa
NELLA TEMPESTA
2011 > 2068 AnimalePolitico Project
uno spettacolo di Enrico Casagrande + Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni + Glen Çaçi + Ilenia Caleo + Fortunato Leccese + Paola Stella Minni
drammaturgia Daniela Nicolò
assistente alla regia e traduzioni Nerina Cocchi
direzione tecnica e suono Andrea Gallo
moving-head design Alessio Spirli
riprese e montaggio video Enrico Casagrande + Daniela Nicolò
organizzazione e produzione Elisa Bartolucci + Valentina Zangari
ufficio stampa Sandra Angelini
promozione e diffusione all’estero Lisa Gilardino + Ligne Directe/ Judith Martin (www.lignedirecte.net)
una produzione Motus con Festival TransAmériques, Montréal + Théâtre National de Bretagne, Rennes + Parc de la Villette, Parigi + La Comédie de Reims - Scène d’Europe, Reims + Kunstencentrum Vooruit vzw, Gent + La Filature, Scène Nationale, Mulhouse + Festival delle Colline Torinesi, Torino + Associazione dello Scompiglio, Vorno + Centrale Fies - Drodesera Festival, Dro + L’Arboreto - Teatro Dimora, Mondaino
con il sostegno di ERT (Emilia Romagna Teatro Fondazione) + AMAT + La Mama, New York + Provincia di Rimini + Regione Emilia-Romagna + MiBAC
e di ONDA-Office National de Diffusion Artistique pour les tournées 2013/2014
in collaborazione con M.A.C.A.O, Milano + Teatro Valle Occupato, Roma + Angelo Mai Occupato, Roma
+ S.a.L.E. Docks, Venezia
motus ringrazia Judith Malina, Voina, Giulia, Soumya, Lillo, Giulio, Rauff, Pina e tutto il Comitato popolare di lotta per la casa di Roma, Giuliana Sgrena, Med Ali Ltaief (Dalì), Luca Scarlini, Anastudio, Exyzt, Mammafotogramma, Re-Biennale, tutti i partecipanti ai MucchioMisto Workshop
dur. 75min.
debutto maggio 2013 Festival TransAmériques, Montreal (CA)
Ci sono persone per le quali il movimento, il poter scegliere dove e come spostarsi nel mondo è possibile, e possono decidere dove lavorare, amare, invecchiare. Altre per cui questo è proibito. Ed è soprattutto una questione di denaro. E quando non si ha niente, avere il mare – il Mediterraneo – è molto. Come un pezzo di pane per chi ha fame. Solo che, lentamente, questi ultimi cinquecento anni di sfruttamento coloniale, hanno inclinato l’orizzonte del mare. Non unisce, separa: è un mare in salita. Cementato da controlli alle frontiere, polizie internazionali, gestione selvaggia dei confini, omertà e silenzi. Il mare nostrum! A chi appartiene davvero questo mare?
I Motus continuano a “usare” il teatro per penetrare queste ferite aperte, gettandosi “nella Tempesta”, determinati a perseguire un’idea di ricerca che li porta nei punti caldi del pianeta per captare forze telluriche e accumulare energie necessarie a vivere “In un mondo in cui non ci si può adattare e a cui non si può rinunciare, as citizens, as society-makers.”(Paul Goodman).
Il viaggio, è iniziato a Cartagine, da dove partono le navi de La Tempesta di Shakespeare, e ha cercato di inseguire una delle possibili rotte dei migranti. Poi da Tunisi a Lampedusa, da molti studiosi identificata come “possibile isola” scespiriana. A Lampedusa gli incontri con i migranti e le loro storie: racconti di viaggi lunghissimi, cominciati in Africa subsahariana, segnati da perdite e indicibili umiliazioni, sino alla disumana detenzione in Libia… Di sogni e speranze verso un “Mondo Nuovo” che poi in Italia si è rivelato circoscritto al recinto di un CIE, o al terribile Palazzo Salaam di Roma –ultima tappa del viaggio – dove vengono “depositati” i richiedenti asilo politico “proprio come animali”.
“Where is the master?” è una domanda che già dalle prime righe della Tempesta accende violenta la controversia sul potere. E questa interrogazione rimbalza fra il Re e il nostromo della nave in balia di onde furenti. Ma se il potere delle Onde non si governa, si può ricorrere all’astuzia fisica del “serfare” fra esse, del saper lavorare con l’onda, in solitudine o fabbricando scialuppe. Costruire insieme per meglio contrastare nuovi tumulti, più livelli di scompiglio e tante altre tempeste, sia sul piano individuale che di sistema. Ecco quindi una drammaturgia che si spezza su più fronti: lo studio dei meccanismi del “controllo dei corpi” sottrae il personaggio di Prospero dalla scena per collocarlo invisibilmente dietro al monitor di una camera di sorveglianza, o un faro cerca-persone; la rabbiosa poesia del martinicano Aimé Césaire, “Une tempête”, sposta il baricentro in Africa e dà voce al fiero desiderio di rivalsa di Calibano, accomunato a Malcom X; Ariel/Silvia Calderoni muove il fuoco dell’inedito dialogo con Caliban dentro il processo creativo stesso di una compagnia indipendente come gli stessi Motus, dove è impossibile tener separato teatro e vita; mentre un personaggio inconsapevole come Miranda entra in corto circuito con la reale biografia dell’attrice che l’interpreta - che è parte attiva del Teatro Valle Occupato- e si fa portavoce di chi è coinvolto nella resistente microfisica dei luoghi “occupati” o diversamente gestiti, che sostengono questo progetto. Insomma, tutti gli attori entrano nell’opera attraversando le tempeste personali. Per Glen, tempesta è avere dieci anni e vedere. È un crollo, un incendio, un camion che sfonda i muri di un’ambasciata in Albania… Tempesta è scegliere se partire o rimanere. E Glen ha scelto di partire, per l’Italia, da clandestino. Tempesta è anche riascoltare la voce di Judith Malina del Living Theatre - con cui la compagnia ha aperto il progetto AnimalePolitico nell’estate 2011- che parla della necessità dello scatenare tempeste e non di proteggersi, di pianificare piccole tempeste da far esplodere fuori dal teatro, nella città. Basta rompere l’ordine quotidiano, come trascinare un albero per le strade… Ed è ciò che decide Silvia/Ariel, quando sceglie l’indipendenza e diserta, abbandona il palcoscenico e il suo Maestro per gettarsi nel Rumore della Realtà... Calibano comincia una rivolta solitaria, rivendicando la sua isola, la sua libertà. Ma quale libertà? Qui lo spettacolo si spacca. L'attore che simula Prospero abbandona il mantello. Il grande Panopticon del palco, dove “ciascuno al suo posto è visto, ma non vede” si svuota. Resta solo una domanda e la timida esortazione di Miranda, al pubblico. Nel silenzio.
Sta a noi trasformarci in lucciole e riformare in noi stessi una comunità del desiderio, comunità di bagliori,
di danze malgrado tutto, di pensieri da trasmettere. Dire sì nella notte attraversata da bagliori,
e non accontentarsi di descrivere il no della luce che ci rende ciechi.
Come le lucciole, Georges Didi-Huberman
La costruzione di una Zona Altra
Una domanda inoltre, ha guidato la composizione del lavoro:
qual’ è il primo Rifugio per un corpo indifeso dopo un uragano, un naufragio o un conflitto bellico?
La risposta più immediata è stata: una coperta. E una coperta è anche l’oggetto più semplice da raccogliere e re-distribuire nelle città… Così è nata l’idea per “la scenografia” di Nella Tempesta: solo coperte che vengono recuperate sul luogo della rappresentazione.
Per non sprecare denaro in “scenografie morte” lavorando con materiali che al termine della tournée (e anche di ogni data) possano poi essere “donati” a spazi e associazioni indipendenti della città stessa, che ne hanno reale bisogno. I cittadini-spettatori di Nella Tempesta sono quindi invitati ad arrivare a teatro portando delle coperte da casa, trasformando il contratto teatrale in una formula aperta di reciproco scambio, andando a destrutturare lentamente, dall’interno, la prossemica della relazione tra chi agisce e chi guarda.
E’ così che si cerca di creare una Zona Altra che parta dalla nella comunità nomade, vagabonda, instabile e corsara degli artisti un po’ “sradicati” che sono i Motus e incontra gli spettatori di ogni città In quanto «animali politici» I Motus creano dunque in scena un’esperienza di riappropriazione, sia degli spazi, sia dell’esperienza in sé, sempre immersi “nella tempesta” scespiriana dove non si inscena un mondo che finisce, ma, come scrive Agostino Lombardo nella prefazione alla traduzione italiana, un mondo che comincia.
Gli spettatori sono invitati a portare una coperta da donare al Teatro la sera di spettacolo. Nella biglietteria di Pubblico Teatro sono disponibili i sacchi appositi per il trasporto.