Annette Lorentzen Casalini – Inventory of dreams
La mostra antologica traccia il percorso di formazione dell’artista che attraversa l’incanto fiabesco nordeuropeo (sul modello dei fratelli Grimm e Hans Christian Andersen), le angosce, gli incubi, l’impegno morale di una Milano in fermento fino ad arrivare ad un periodo di allontanamento dalla tela nel 1983.
Comunicato stampa
INVENTORY OF DREAMS
La divulgazione delle opere di Annette Lorentzen Casalini (1942-2004) rappresenta una novità di grande portata poiché, proprio per il suo animo estremamente riservato, l’artista non ha mai mostrato alcun desiderio di far conoscere il suo talento. Data la moltitudine delle opere, diversi erano i percorsi di indagine disponibili per presentare il lavoro dell’artista. Alan Jones (curatore della mostra) è rimasto colpito dal tema del sogno, un mondo onirico che trova espressione sulla tela, sui disegni, sugli oggetti. L’inventario dei sogni è un titolo enigmatico; i sogni non hanno indice e non si catalogano, nascono dall’interiorità. Quella di Annette Lorenzten Casalini è un’iconografia che parte dal sogno e diventa schema di un processo interiore da esternare sulla tela. La mostra antologica traccia il percorso di formazione dell’artista che attraversa l’incanto fiabesco nordeuropeo (sul modello dei fratelli Grimm e Hans Christian Andersen), le angosce, gli incubi, l’impegno morale di una Milano in fermento fino ad arrivare ad un periodo di allontanamento dalla tela nel 1983. “Dipingere comporta troppo tempo” diceva Annette ai suoi figli. L’artista lascia la pittura per dedicarsi al disegno su carta e ceramica (dopo la sua morte sono stati ritrovati circa 2000 disegni e decine di porcellane). Nel 1999 riprende in mano tavolozza e pennello, riportando sulla tela la tecnica precedentemente affinata con il pennarello grazie all’intenso lavoro su carta e ceramica. Negli ultimi quadri i colori si stemperano, la tela riappare lasciando spazio alla leggerezza del bianco. La mostra ci accompagna in un susseguirsi di sensazioni, una sorta di itinerario dantesco – lo definisce Jones – in cui si passa dall’oscurità dell’inferno a una pittura trascendentale e metafisica. Annette è una donna pittrice impegnata. Il suo sguardo femminile proto-ecologista è sensibile all’aspetto nocivo del progresso e alla natura. Dal punto di vista tecnico quello di Annette è un vocabolario pittorico che utilizza molti tratti dell’espressionismo nord europeo mescolati alla cultura mediterranea. Annette, “Ingrid Bergman della pittura”, arrivata in Italia negli anni ’60 in pieno boom economico è espressione viva dello scambio culturale tra baltico e mediterraneo cominciato con i poeti della comunità scandinava ai tempi del Grand Tour. La comunità creativa ha unito l’Europa in uno scambio senza frontiere. Annette ritorna oggi a Milano nel periodo che precede Expo, in una nuova stagione di ottimismo per la città che saprà valorizzare il ruolo individuale dell’artista come veicolo di scambio culturale.