Jean-Pierre Giovanelli – China Food

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA SILVY BASSANESE
Via Galileo Galilei 45, Biella, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedi a venerdi 16 – 19
Sabato, domenica e festivi su appuntamento.

Vernissage
05/04/2014

ore 18

Artisti
Jean-Pierre Giovanelli
Curatori
Viana Conti
Generi
arte contemporanea, personale

In mostra questo artista-architetto espone, con la poetica che lo connota dalla metà degli anni Settanta, quei simboli, quelle metafore, quegli archetipi, che sono funzionali ad una rappresentazione, ora ironica, ora amara, incisiva sempre, dell’attuale situazione della Cina nel mondo.

Comunicato stampa

Jean-Pierre Giovanelli – CHINA FOOD
L’Occidente al guinzaglio del Dragone

La Galleria Silvy Bassanese Arte Contemporanea, via Galileo Galilei 45, Biella, inaugura sabato 5 aprile, dalle ore 18 alle 21, l’impegnata e scenografica mostra personale dell’artista francese Jean-Pierre Giovanelli - CHINA FOOD - L’Occidente al guinzaglio del Dragone, a cura di Viana Conti. L’artista, presente nella pubblicazione di Frank Popper From Technological to Virtual Art, edizioni MIT, Cambridge, Massachusets, London, 2007, fellow della Bogliasco Foundation The Liguria Study Center for the Arts and Humanities, Genova, esponente internazionale dell’installazione multimediale e plurisensoriale, è stato presentato e recensito da eminenti critici, storici dell’arte e filosofi del contemporaneo. In mostra questo artista-architetto espone, con la poetica che lo connota dalla metà degli anni Settanta, quei simboli, quelle metafore, quegli archetipi, che sono funzionali ad una rappresentazione, ora ironica, ora amara, incisiva sempre, dell’attuale situazione della Cina nel mondo. Protagonista della mostra è il riso, che, para-proverbialmente, abbonda sulla bocca dei cinesi, che ne sono i più antichi consumatori, produttori, ed esportatori, a livello globale. Non è bianco, neppure nero, come quello che si serviva alla tavola degli imperatori o quello, recentemente, della vicina zona di Vercelli, ottenuto, tramite misteriose alchimie, nel 1997 e denominato, significativamente, Venere, ma è rosso! Rosso come una bandiera, un’ideologia, il sangue, la rivoluzione, la passione, il desiderio? Sarà il pubblico ad interrogarsi ed a prenderne coscienza. La sua visione del mondo si esprime, nelle opere esposte, in un linguaggio, simultaneamente, di ordine visuale, sonoro, materiale ed immateriale, già appartenuto all’estetica degli anni Settanta.
Per leggere una mostra come China Food - L’Occidente al guinzaglio del Dragone, si potrebbe adottare, con successo, la logica paracoerente cui ricorre il filosofo militante sloveno Slavoj Žižek. Analizzando l’economia marxista in chiave lacaniana, il perdurante divorzio tra capitalismo e democrazia, questo intellettuale si chiede, non senza ironia, perché oggi La Cina, Paese ex comunista, sia la migliore manager del Capitalismo, dando così anche motivo ad Alain Badiou, suo apprezzato interlocutore, di rilevare la sua posizione ambivalente nei confronti di Mao Tse Tung. Lo stesso Maoismo, tuttavia, è segnato da un Taoismo che assegna una complementarità agli opposti, vedendo nella contraddizione il motore della natura, della società, del pensiero. Il sistema capitalistico della Cina d’oggi non sarebbe, nella sua visione, la versione esotica del capitalismo occidentale, ma il suo specchio.
Davanti alla potente, provocatoria, ironica e sacrale installazione di China Food - L’Occidente al guinzaglio del Dragone, titolo che vuole adombrare la prospettiva, anche per l’Eurolandia, di diventare cibo per la Cina, lo spettatore è invitato a prendere coscienza della portata del fenomeno che gli si prospetta, dei conflitti che sussistono in un Paese asiatico ex comunista, divenuto egemone sul piano del potere finanziario mondiale. Un potere che, pur avendo preso come suo modello di riferimento il capitalismo vintage occidentale, di segno statunitense, oggi in piena crisi, escogiterebbe il modo di creare nuovi mercati, sollecitando, tuttavia, senza tregua, il consumatore, confuso ormai tra libertà e liberismo, tra democrazia e dispotismo.
Ecco, in mostra, sul piedistallo, il grande, corpulento, Buddha cinese, in fibra vetrosa opalescente, denominato Pu-Tai o Budai, che se la ride, calpestando la bandiera a stelle e strisce degli Stati Uniti, che avvolge una sorta di bisaccia, ricolma, virtualmente, di denaro, riso, dolciumi, metafora dell’abbondanza e della fortuna: il suo potere e la sua ricchezza ne fanno un indiscusso trionfatore. Gli fa da contraltare La lunga marcia/La longue marche, su una tela alta un metro e mezzo per tre di lunghezza, che rappresenta la moltitudine dei soldati, sopravvissuti, che avanza contro il nemico, totalmente realizzata con grani di riso che progressivamente si tingono di rosso, di un rosso che è simbolo del Comunismo, ma anche del sangue versato: a sinistra domina la figura, in bianco e nero, di Mao, dimezzato verticalmente. L’opera Underground-

Monnaie pour l’Enfer/Oltretomba-Moneta per gli Inferi, su pannello di legno ricoperto da una stesura di riso dipinto, rappresenta la moneta accumulata da un potente, o comunque da una figura altamente carismatica, come obolo, secondo un arcaico rito pagano, per il transito dal mondo dei vivi nell’oltretomba, assicurandosi, peraltro, anche l’ingresso nell’immortalità e nel mito. Un momento chiave della mostra è lo straordinario video
Mao sings the Blues!, (visibile nella pagina Facebook: Galleria Silvy Bassanese Arte Contemporanea) in cui la figura austera di Mao si colora di profonda umanità e accorata partecipazione, intonando lo spiritual afroamericano Go down, Moses/Scendi giù, Mosé, cantato da Louis Armstrong, che lo aveva registrato con la Sy Oliver's Orchestra nel 1957 (indimenticabile anche la versione cantata da Bob Dylan nel 1987 a Tel Aviv). La coloritura ironica, di questa videoproiezione di Jean-Pierre Giovanelli, si trasforma poeticamente e solidarmente in un controcanto alla violenza della schiavitù e della guerra. Thank you, Wall Street! è l’amaramente ironico titolo dell’opera costituita da un’urna elettorale di plexiglas nella cui feritoia è inserito un volantino azzurro con la scritta bianca su fondo rosso Vota Madoff, il truffatore statunitense autore di una delle maggiori frodi finanziarie della storia, ideata sullo schema Ponzi; sul fondo dell’urna un ferro da stiro spiana e ripulisce, come farebbe una solerte casalinga, la banconota da un dollaro.
L’impianto metaforico/simbolico/allegorico di Giovanelli si alimenta alla visione di una Cina dal ruolo primario nella geopolitica mondiale, di un Impero del Dragone i cui ipotetici piedi d’argilla sarebbero solo proiezioni di un Occidente in cerca di autorassicurazioni; nel frattempo si mormora che gli aurei lingotti di Fort Knox trovino vie asiatiche di fuga.
I momenti essenziali che scandiscono la vita dell’uomo, come soggetto sociale, individuo civile, sono certificati da documenti di identità, a partire dalla nascita, dalla formazione culturale e professionale, dal passaporto, dal certificato elettorale, dalla tessera sanitaria, dalla patente, infine dal certificato di morte. Il riconoscimento di un’identità è un atto giuridico che conferisce legittimità a un individuo nel sociale e che, in tempi di movimenti migratori, può essere talmente vitale da divenire oggetto di furto. Nell’immaginario di un artista, come Giovanelli, l’identificazione di una persona tramite un pezzo di carta, innesca una riflessione che lo porta a realizzare il ciclo di opere My life is paper/La mia vita è carta, riconducendo all’istanza della Documentalità, trattata dal filosofo Maurizio Ferraris, come oggetto sociale, come ineludibile atto di iscrizione che rimette in campo la questione dell’ontologia, come sfera dell’essere, e dell’epistemologia, come sfera del sapere. L’opera di Jean-Pierre Giovanelli, dichiara il sociologo, scrittore, urbanista francese Paul Virilio è tra le maggiori dell’epoca contemporanea, sempre Sostanziale, le è impossibile essere Virtuale, aderire allo Spiritismo di un’arte contemporanea ormai del Simulacro e del Disastro del Progresso. La pubblicazione di un manifesto bilingue (italiano-francese) documenta con immagini e testo critico la mostra.