Sergio Zavattieri – From the background to the foreground
Una progetto fotografico che travalica la dimensione classica della fotografia, intesa come superficie bidimensionale destinata a una parete, per esplorare quella spaziale e installativa.
Comunicato stampa
Museo Riso inaugura la mostra “From the background to the foreground” di Sergio Zavattieri. Il lavoro, frutto di una residenza di un mese presso il MACRO di Roma, è già stato esposto presso lo stesso MACRO durante il festival internazionale FOTOGRAFIA di Roma lo scorso anno e rimarrà in mostra a Palermo fino al 24 giugno. Le opere sono state acquisite dal Museo Riso per la propria collezione permanente a dicembre 2013.
Ospite della XII edizione di “Fotografia. Festival Internazionale di Roma”, Sergio Zavattieri (Palermo, 1970) giunge con una nuova produzione, realizzata nel corso di una residenza presso gli spazi del Macro. L’occasione si lega alla nuova esperienza di S.A.C.S., sportello per l’Arte Contemporanea in Sicilia, una delle realtà più strategiche e proficue nate insieme al Museo Riso, nel 2008: dopo una stagione di impasse, nota alla cronache e prolungatasi per oltre un anno, Riso nel corso del 2013 ha scommesso su una ripartenza, puntando proprio sul rilancio di S.A.C.S., archivio con funzione di conservazione, comunicazione e promozione, dedicato agli artisti siciliani delle ultime generazioni. Tra i vari progetti nazionali ed internazionali avviati, anche questa partnership col Macro, che ha consentito a un artista palermitano – scelto tramite open call dal comitato scientifico di S.A.C.S., in sinergia con Bartolomeo Pietromarchi e Marco Delogu – di trascorrere un mese di soggiorno-studio a Roma, realizzando un lavoro ad hoc per il Festival.
Così nasce la serie "From the background to the foreground", progetto fotografico che travalica la dimensione classica della fotografia, intesa come superficie bidimensionale destinata a una parete, per esplorare quella spaziale e installativa.
Così l’artista racconta il lavoro concepito per il MACRO, in una sua nota progettuale: “Se penso a immagini che mi diano un senso di tranquillità, di evasione o di assenza dalla realtà, non posso fare a meno di ricordare certe inquadrature del film Blow-Up di Antonioni. In particolare le scene girate nel parco: tanto verde, alberi e solo il rumore del vento sulle fronde a rompere il silenzio. Da qui parto, immaginando di dare forma ad alcun scorci in "verticale" della campagna romana, con una suggestione che riporta alla storia della fotografia: nella seconda metà dell'800 il ritratto fotografico in studio si realizzava quasi sempre usando uno sfondo di stoffa dipinto a mano, che spesso rappresentava un paesaggio pastorale riconoscibile, anch'esso silenzioso e senza tempo”.
Partendo dunque dal tema del Festival, ovvero il concetto di “vacatio”, Zavattieri elabora un progetto carico di suggestioni d’antan, riportando lo spettatore dentro atmosfere sbiadite, affascinanti, spesso malinconiche, in cui l’origine della fotografia si accorda a quel senso d’incanto e di stupore che il vuoto dell’immagine contiene e insieme riflette, in forma di visione poetica.
Tra riferimenti al mondo del cinema, all’estetica del paesaggio e alla fotografia tra ‘800 e ‘900, il lavoro di Zavattieri rilegge in chiave contemporanea vecchie pagine di storia, riprogettando i classici paesaggi usati un tempo negli studi fotografici come fondali per i ritratti; una pratica ormai perduta, ma riportata al presente attraverso immagini attuali: i lunghi pannelli, srotolati attraverso apposite strutture in metallo, restituiscono l’incantesimo visivo di una natura familiare, eppure cristallizzata in un silenzio senza tempo, otre ogni riconoscibilità spaziale. Le ville, i giardini, le campagne romane esplorati da Zavattieri e immortalati dal suo obiettivo clinico - che alla precisione e definizione cinematografica unisce un’intenzione lirica sempre sottesa - diventano protagonisti di un ciclo tutto dedicato al paesaggio italiano e, nello specifico, a quello capitolino. Un paesaggio descritto da assenze e da evocazioni sottili, colto nella parentesi di una bellezza silenziosa, quasi teatrale. Da Villa Ada a Villa Doria Pamphilj, passando per il Parco della Caffarella, una tavolozza di verdi, grigi, bianchi, rosa, si dispiega attraverso gli spazi del Museo, in un cortocircuito tra presente e passato che invita lo spettatore alla contemplazione, ma anche all’interazione. Scattarsi una foto, posando di fronte alle quinte di "From the background to the foreground" è un’altra maniera per immergersi nello spazio denso, mutevole e vivo della fotografia.