Ventinovegiorni – Marta Mancini
La nostra rassegna vuole essere uno strumento per mettere in evidenza un artista in concomitanza del plenilunio.
Comunicato stampa
Marta Mancini
Nelle opere di Marta Mancini il tema paesaggio viene affrontato con opere di dimensioni differenti, le quali, assieme a scelte cromatiche del tutto lontane dal naturalismo, dimostrano il fondamento mentale dell’arte figurativa e di ogni approccio alla natura. In questo caso la grande quota di soggettività è chiaramente ammessa già dal titolo, Voce dal sen sfuggita, da Metastasio, che rimanda a un universo dove la sensibilità ha il ruolo di guida.
Il tema del paesaggio necessita di attenzioni particolari poiché è uno dei più frequentati in pittura. La ricerca di Marta Mancini dimostra invece che anche i temi più conosciuti possono riservare sorprese, in questo caso con una scelta cromatica tenuta perfettamente sotto controllo, mentre i segni di questa pittura evidenziano anche esperienze estranee al figurativo.
Marta Mancini è nata nel 1981 a Roma, dove vive e lavora.
Si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2006.
Ventinovegiorni
Ventinovegiorni è un progetto per l’arte contemporanea organizzato da Kou, nello spazio Menexa di Palazzo Montoro a Roma. Questo progetto è legato alla temporalità del ciclo lunare, infatti da sempre la luna piena si è rivelata un segno attrattivo, facendo confluire lo sguardo dell’osservatore verso un riferimento certo.
La nostra rassegna vuole essere uno strumento per mettere in evidenza un artista in concomitanza del plenilunio.
In questo modo, ogni ventinove giorni, viene presentato un nuovo artista, facendolo illuminare da una luna feconda, nell'ospitalità di uno spazio non convenzionale, un luogo di lavoro creativo.
Menexa non è una galleria, ma lo è stata nel passato e ne conserva l’aspetto, e vuole creare dei trait d’union che contribuiscano a costruire un futuro all’arte contemporanea.
Come una fionda vuole lanciare nuove idee, usando la luna a guisa di acceleratore, come accade per le sonde spaziali, che la usano per proiettarsi nelle profondità dell’inesplorato.
Sorgono così, dopo il ciclo iniziato nel duemiladodici, una serie di nuove lune piene, che si illuminano senza necessità di cura, nella consapevolezza che l’arte non sia malattia, quindi non abbia bisogno di curatori. Questi cicli si reiterano attraverso gli artisti, che, mettendosi in gioco, accettano l’obbligo di esser loro stessi ad indicare l’artista successivo, creando così un percorso originale e privo di protagonismi.