Alessandro Di Pietro – La table basse
Per la sua prima mostra personale in una galleria milanese, Alessandro di Pietro (Messina, 1987. Vive e lavora a Milano) disegna uno spazio frequentabile, in grado di accogliere un corpo di lavori prodotti tra il 2012 e il 2014, legati dalla riflessione sui concetti di deformazione, mostruosità e anomalia.
Comunicato stampa
Un display leggero e allo stesso tempo incisivo, a decidere spazi di ricezione e dinamiche di lettura delle opere. Un tavolo ritorto di trenta centimetri di altezza con funzione d'accento, d’incentivo e d'orizzonte di disturbo.
Per la sua prima mostra personale in una galleria milanese, Alessandro di Pietro (Messina, 1987. Vive e lavora a Milano) disegna uno spazio frequentabile, in grado di accogliere un corpo di lavori prodotti tra il 2012 e il 2014, legati dalla riflessione sui concetti di deformazione, mostruosità e anomalia. Uno spazio “equivalente”, capace soprattutto di simulare quelle stesse dinamiche che i lavori analizzano.
Con l’aiuto di un prop essenziale, Di Pietro fa ordine in un percorso produttivo ricco di tangenti e mette in evidenza come, dal punto di vista metodologico, il focus della sua pratica di si restringa, da due anni a questa parte, sui processi materiali e linguistici di normalizzazione e di deviazione dalla norma, che egli traduce in un'indagine sulla comprensione percettiva ed analitica di immagini e di soluzioni installative. Oggetti editoriali, stampe, incisioni su carta e metallo, sculture prototipali e mappature: tutte ricerche temporaneamente formalizzate, nate dal posizionamento e dalla contravvenzione di limiti, standard, unità di misura e protocolli per sviluppare una sorta di "geografia empirica", nella quale la norma e l'anomalia sono considerate neutralmente, al di fuori di qualsiasi privilegio strutturale.
“La table basse” si configura come progetto monografico estremamente sintetico, che adotta come principio innervante – anche dal punto di vista semantico - il design dell’esperienza espositiva e il dispositivo attorno a cui essa ruota. Senza forzare legami di senso tra le opere esposte, Di Pietro articola una piccola genealogia che da New Void – The Teazer - ultimo output produttivo sviluppato nell’autunno del 2013 presso Dena Foundation (Paris) - risale progressivamente a quell’operazione di “post-produzione eccedente” del Blegleitbuch di dOCUMENTA (13) inaugurata nei giorni dell’apertura della manifestazione tedesca, passando per Yuppi! And that’s enough!, lavoro narrativo context-specific prodotto per la sedicesima edizione della BJCEM - Biennale des jeunes créateurs de l’Europe et de la Méditerranée.