Dalla fattoria al Palazzone
Gli scavi archeologici in Piazza Pertini riportano alla luce i resti del “palazoun” e di una fattoria di età rinascimentale. Una mostra racconta cinque secoli di storia di un paese che non credeva di avere Storia.
Comunicato stampa
Può darsi che Gambettola non cercasse l’archeologia ma certamente l’archeologia ha trovato Gambettola, finendo per cambiarne scelte e progetti.
È bastato un colpo di piccone nel parcheggio in piazza Pertini per vedere affiorare, a pochi centimetri di profondità, pietre e mattoni di tempi lontani e con essi una storia in gran parte dimenticata. Prima i resti del più recente Palazzo Pilastri del XVII secolo, demolito dopo la Seconda Guerra mondiale, poi le tracce di una più antica fattoria costruita alla metà del ‘400, raro caso di edificio rurale di età rinascimentale sopravissuto al tempo e anche uno dei meglio documentati.
D’intesa con le Soprintendenze per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e per i Beni Architettonici di Ravenna, il Comune di Gambettola ha deciso di disegnare sulla piazza la pianta dell’intera fattoria rinascimentale, lasciando a vista l’antica stalla pavimentata in pietra e mattoni e corredando il tutto con due pannelli che illustrano la storia degli scavi.
Contestualmente ha allestito nella vicina Biblioteca Comunale la piccola esposizione “Dalla fattoria al Palazzone. Storie di Gambettola”, curata dagli archeologi Simone Biondi e Annalisa Pozzi, visitabile fino al 3 maggio 2015.
La mostra espone una ventina di ceramiche cinquecentesche utilizzate nella fattoria, rinvenute per lo più in una piccola cisterna utilizzata prima per la raccolta dell’acqua piovana e poi come discarica. Piatti, ciotole e boccali facevano parte del servizio da tavola mentre le pentole e i coperchi in ceramica grezza erano usati in cucina per la cottura e preparazione dei cibi. Le porcellane da mensa hanno decori brillanti di colore giallo/arancio e azzurro/blu, con fogliame su fondo berettino o repertori di candelabri e robbiane; decisamente originale è il paesaggio di torri dipinto su un boccale tipo “fiasca da pescatore”.
Risale invece al XVII secolo e alla storia più recente del Palazzone la porzione di dolio decorato con lo stemma della famiglia Pilastri.
Pur nelle sue ridotte dimensioni, la mostra riesce a raccontare mezzo millennio di storia gambettolese.
In principio era il Bosco, "e Bòsc" come lo chiamano in dialetto, un’area oggi più o meno corrispondente al comune di Gambettola ma che per tutto il medioevo comprendeva varie località.
Verso la metà del ‘400, nel bel mezzo dell’attuale centro urbano, viene costruita una grande casa colonica. L’edificio, di cui resta a vista la pianta e la stalla, era costituito da almeno dieci ambienti al piano terra, più un secondo piano occupato dal solaio a cui si accedeva tramite una scala forse situata sotto il portico. Del porticato, aperto sull’attuale via di piazza Pertini, restano ancora le basi dei pilastri in mattoni su cui poggiavano le travi di copertura del tetto.
La casa era anche dotata di una piccola cisterna per la raccolta dell’acqua piovana (utilizzata negli ultimi anni d’uso della fattoria come discarica per i rifiuti) e di un’aia usata, alla pari del portico, per battere il grano, parcheggiare i carretti e i birocci o come punto d’incontro nelle sere d’estate.
Pochi decenni dopo la sua costruzione la fattoria viene modificata negli ambienti interni che sono allargati, ridotti o destinati ad altro uso (magazzino, deposito, cucina, cantine ecc).
Alla metà del ‘500 la fattoria viene demolita e sui suoi resti, agli inizi del 1600, è costruito Palazzo Pilastri, riutilizzando pietre, mattoni e travi della casa rurale.
Noto a tutti con il nome di “e palazoun”, il palazzo nasce come casa di campagna dei Conti Pilastri di Cesena, per poi essere usato prima come residenza del podestà e successivamente, per un breve periodo, come sede del Comune di Gambettola. Acquistato dall’Amministrazione nel 1892, ha ospitato le scuole elementari e la caserma della Guardia Nazionale, trasformandosi agli inizi del Novecento in una sorta di grande casa popolare dove vivevano le famiglie più povere del paese. Danneggiato dai bombardamenti, fu abbattuto all’indomani della Seconda Guerra mondiale lasciando il posto all’attuale Piazza Pertini.