Festival della Complessità 2014
Dalla famiglia alla società, dai rapporti umani a quelli professionali,
dal pubblico al privato, dalla politica all’economia, tre documentari raccontano la “complessità” quotidiana.
Comunicato stampa
Roma, 6 maggio 2014. Tre documentari per raccontare tre diversi aspetti della “complessità” che accompagnala la nostra vita: dalla famiglia alla società, dai rapporti umani a quelli professionali, dalla politica all’economia
E’ il Festival della Complessità, che prende il via al MAXXI giovedì 8 maggio, diretto da Fulvio Forino. Un invito dunque a fare “passeggiate” con la mente nelle difficoltà in cui è immersa la nostra vita e a riflettere sulla differenza abissale che passa tra complesso e complicato, con l’idea di aprire una finestra sul nostro quotidiano da cui osservare la realtà con occhi nuovi, “sistemici”.
Tre i documentari in programma: si parte giovedì 8 maggio, alle 21, con la proiezione in anteprima del documentario NU GUO -女國- Nel nome della Madre (China 2012), che racconta la società matriarcale dei Moso, una minoranza etnica che viv al sud della Cina, dove la violenza domestica e il femminicidio sono inesistenti. Introdotti da Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI, interverranno gli autori Pio d'Emilia e Francesca Rosati Freeman e Fulvio Forino..
A seguire, giovedì 15 maggio, sarà proiettato Inside Job (USA, 2010) di Charles Ferguson, con introduzione di Pino Moroni giornalista economico Il film, premio Oscar come miglior documentario nel 2011, racconta spietatamente le cause della crisi economica iniziata nel 2008. Ultimo appuntamento giovedì 22 maggio con la proiezione di My Architect (USA, 2013) di Nathaniel Kahn, presentato dallo psichiatra Sergio Boria: il figlio di Louis Kahn, uno dei grandi padri dell’architettura contemporanea, racconta le luci e le ombre del rapporto con suo padre.
Dice il Direttore Fulvio Fiorino:” Possiamo spiegare i nostri comportamenti con una formula matematica? Che cosa significa che nel nostro pianeta tutto è collegato? Proveremo, insieme al pubblico del MAXXI e ai tre documentari, a dare delle risposte a queste domande e a interagire in modo nuovo con situazioni e problemi complessi, reticolari, sistemici che riguardano la nostra vita” .
L’approccio sistemico più che una nuova scienza è un modo nuovo di guardare alla scienza e alla realtà che richiede un cambiamento di mentalità. Un approccio di questo tipo al processo decisionale si basa su una visione complessiva ed integrata della realtà che viene vista come un sistema, cioè un insieme di parti che interagiscono tra di loro in modo tale che il tutto, cioè il sistema stesso, sia qualcosa di più che la somma o l’accostamento delle parti.
Complicato? Lo scopriremo insieme a partire da giovedì 8 maggio
NU GUO -女國- Nel nome della Madre | Sinossi
Il documentario racconta la storia dei Moso, una minoranza etnica (circa 40 mila persone) che vivono in vari villaggi attorno al lago Lugu, nella regione dello Yunan, sud-est della Cina. La loro società è rigorosamente matriarcale e matrilineare: non esiste il matrimonio e nemmeno una vera e propria convivenza. La famiglia Moso vive in una grande casa e vede al suo vertice la dabu (madre anziana). Nella casa vivono anche tutte le figlie e i figli. La successione è matrilineare, ma non necessariamente verso la primogenita: è la dabu che, nel tempo, sceglie la figlia più adatta a succederle. Le donne adulte hanno a disposizione una loro camera (la camera dei fiori) dove si intrattengono con i loro partner, generalmente solo durante la notte. Salvo rare eccezioni, il compagno non convive nella casa della donna: la mattina torna nella sua casa materna. Questo non significa che le donne Moso vivano nella promiscuità e abbiamo solo relazioni occasionali. Una relazione può durare anche per molti anni, se non per tutta la vita. Ma non c'è, in genere, convivenza/coabitazione. Il padre "biologico" non ha alcun ruolo ufficiale, nessun "diritto" e nessun "dovere". Il ruolo "paterno" viene esercitato dagli zii materni, che nella società Moso hanno un ruolo molto importante, impensabile nella famiglia tradizionale, non solo "occidentale", ma anche asiatica. Il risultato di questo assetto sociale è che ogni forma di violenza domestica è sconosciuta, e anche quella generale, nella società Moso, è estremamente limitata. Violenza sessuale, stupro e soprattutto femminicidio sono sconosciuti. Un messaggio forte e chiaro sull'esistenza di modelli "diversi" di società, dove l'assenza di una famiglia "tradizionale", anziché simbolo di decomposizione sociale, rappresenta invece un esempio di convivenza armoniosa e priva di ogni tipo di discriminazione.