Beppe Carrino – Scritture del corpo
I segni impressi nella pelle, solcati sulla superficie del corpo raccontano del percorso evolutivo della specie, delle singole storie individuali, svelano i caratteri della persona e forse conservano la chiave dei destini dell’uomo. Il corpo diviene scrittura.
Comunicato stampa
Le "Scritture del corpo" sono impronte di vita rilegate in volume, non relegate alla marginalità, salvate dall'oblio, sottratte all'invisibilità. Sfogliando le pagine, scorrendo la foresta di tracce lasciate affiorare sulla carta sfiorata dai segni emersi, si avverte un processo compositivo di semplificazione formale della figurazione, allo scopo di tradurre, sulla superficie immacolata e astratta del foglio bianco, tutta l'intensità primordiale e fangosa del linguaggio muto del corpo. Persistenze del corpo, focalizzate e somatizzate su aree ad alta sensibilità, alla ricerca della dignità originaria dell'umano prima ancora che dell'identità della persona.
Non si tratta di prelievo dal mondo e ricollocazione nella sfera dell'arte secondo la logica dadaista del collage: più che object trouvé, sujet trouvè, un soggetto aiutato a ri-trovarsi nello specchio opaco della pagina che assorbe, che cattura l'immagine ed espelle solo una parte per il tutto: una traccia, un rimando di presenza-assenza. Una lenta essicazione di impronte che lascia apparire un deposito fossile del corpo. Dal fango primordiale alla polvere di segni sempre più rarefatti e quasi graffiati, abrasi nel puro intreccio di linee di una filigrana di vibrazioni, intessute in una stesura di tramature al di sotto di una zona di semplice definizione dell'immagine che lascia intravedere un gioco di energia pura di movimento. Un tremore intrinseco accende le sottili fibre nervose delle mani disegnando una mappa dell'inquietudine. Un foglio leggibile per allusioni, per linee di tensione febbrile. Impulsi transitori sottocutanei che creano legami sottili, attrazioni sovrapposizioni improvvise... Mani impastate di vita, talvolta rifiutate come appestate, ma nobilitate nel tempo di attenzione e di appropriazione dell'arte, senza farsi manipolare dall'illusione dell'ambizione.
Il coraggio di non nascondere le mani dietro la schiena ma di metterle a disposizione di offrirle alla lettura come destino scritto nel disegno esoterico delle linee di vita, morte, amore.
Orme claudicanti incespicate su un filo spinato, calpestando territori di confine, attraversando campi politicamente minati, accennando ad azioni fuori campo visivo. Accettare il nomadismo dell'arte spogliandosi di appartenenze consolidate, frequentando incroci di civiltà, costellazioni di marginalità, rivelando i manierismi e i travestimenti etnografici e psichiatrici esposti all'espiazione dello stigma sociale.
Quello di Carrino è un approccio fenomenologico prima ancora che etnologico: per interagire senza interferire, includere senza recludere, partecipare senza decrittare, protendersi oltre i recinti di protezione frequentando l'insolito, che è materia prima dell'arte di essere, prima ancora di essere arte.