Alek O. – If There is a Last Summer
Queste opere – geometriche, o quasi – nascono dal tentativo di ricondurre a un ordine (sia estetico che logico) la materia di un oggetto vissuto, la cui verità sta proprio in ciò che ha di disordinato, di personale.
Comunicato stampa
Vediamo la creazione, la memoria, il ricordo, come processi positivi. Anche letteralmente: pongono in essere qualche cosa che prima non c’era, o lo preservano dagli attacchi del tempo, e ciò facendo ne causano un aumento di valore. Il filosofo Georges Bataille ha riflettuto a lungo sulle cause degli aumenti di valore: di un prodotto, mediante il furto legalizzato dell’autonomia sulla propria forza-lavoro; di uno spettacolo, mediante il dispendio, lo spreco inutile, di risorse e sfarzo; di una nozione morale, mediante il sacrificio che esso impone a chi voglia farne un cardine della propria vita. L’aumento di valore coincide per Bataille con il sacrificio, con la perdita pura: e tanto più consistente e irreversibile sarà tale perdita, maggiore sarà il valore che essa creerà. Quale parte, del valore di una cosa, è il suo valore aggiunto? È la parte maledetta, che risulta dal sacrificio.
Queste opere - geometriche, o quasi - nascono dal tentativo di ricondurre a un ordine (sia estetico che logico) la materia di un oggetto vissuto, la cui verità sta proprio in ciò che ha di disordinato, di personale. Ciò facendo, naturalmente – creando un’opera d’arte, cristallizzando un ricordo – distruggono per sempre l’oggetto di partenza, sublimandone il valore affettivo nel valore estetico dell’oggetto finale; è un atto d'amore reso possibile da un tradimento. La bellezza e il valore, in questo senso, si svelano come dipendenti da un sacrificio, solo in nome del quale l’opera acquisisce il suo senso.
Che cosa resta degli oggetti originali, dei ricami disciolti, dei capelli tagliati? Niente, niente; ce n’è una traccia ipotetica nei racconti intorno alle opere, se ne avverte l’ombra nelle spiegazioni, nei titoli. Come la materia oscura, invisibile ma postulata per spiegare le forze che impediscono la disgregazione dell’universo, il loro influsso è quello che garantisce unità e senso agli oggetti finali. Ciò che erano stati li determina ancora, a distanza; pur non esistendo più, ne è ancora parte. Chissà quale può essere, di questa parte, il nome.
Vincenzo Latronico
Alek O. (b. 1981, Buenos Aires, lives and works in Como) graduated in Industrial Design, Politecnico di Milano, Milan 2005. Recent and forthcoming solo exhibitions include Frieze Focus, London and Frutta, Rome (2014); Meessen De Clercq, Brussels and Mostyn, Llandudno (2013); Gallery Vela, London (2010). Recent and forthcoming group shows include Laura Bartlett Gallery, London (2014); Frutta, Rome (2013); Marianne Boesky Gallery, NYC, Francesca Minini, Milan, Supportico Lopez, Berlin, Fondazione Casa Giorgio De Chirico, Rome, Galleria Lia Rumma, Naples (all 2012); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Palazzo Re Rebaudengo, Guarene (2011); Castello di Rivoli, Turin, Norma Mangione Gallery, Turin (2010); Lisson Gallery, London and Annet Gelink, Amsterdam (2009).
Vediamo la creazione, la memoria, il ricordo, come processi positivi. Anche letteralmente: pongono in essere qualche cosa che prima non c’era, o lo preservano dagli attacchi del tempo, e ciò facendo ne causano un aumento di valore. Il filosofo Georges Bataille ha riflettuto a lungo sulle cause degli aumenti di valore: di un prodotto, mediante il furto legalizzato dell’autonomia sulla propria forza-lavoro; di uno spettacolo, mediante il dispendio, lo spreco inutile, di risorse e sfarzo; di una nozione morale, mediante il sacrificio che esso impone a chi voglia farne un cardine della propria vita. L’aumento di valore coincide per Bataille con il sacrificio, con la perdita pura: e tanto più consistente e irreversibile sarà tale perdita, maggiore sarà il valore che essa creerà. Quale parte, del valore di una cosa, è il suo valore aggiunto? È la parte maledetta, che risulta dal sacrificio.
L’intera opera di Alek O. sembra un tentativo di isolare, e mettere in luce, questa parte maledetta. Le sue fusioni e scomposizioni di oggetti storicamente legati alla sua vita privata, per farne forme geometriche quasi regolari, accattivanti esteticamente ma rese irriconoscibili, sottolineano il prezzo della memoria, che accomoda i fatti e i ricordi in schemi gestibili, ne fa iconcine prezione, al prezzo di alterarne irreversibilmente la materia. I suoi quadri ricamati, quasi geometrici, nascono dal tentativo di ricondurre a un ordine (sia estetico che logico) la materia disordinata ma personale di un maglione indossato per anni: e ciò facendo, naturalmente – creando un’opera d’arte, cristallizzando un ricordo – ne distruggono per sempre l’oggetto di partenza, sublimandone il valore affettivo nel valore estetico dell’oggetto finale. Il suo autoritratto, nel suo essere performativo anziché constativo, è reso possibile da un sacrificio, solo in nome del quale l’opera acquisisce il suo senso (sia estetico che logico: il titolo, appunto). Sono tre modi per riflettere su come attribuiamo un senso a una cosa (con il ricordo, con il pensiero, con la creazione di un’opera d’arte): e su come ciò arricchisca e al contempo alteri irrimediabilmente la cosa stessa.
Che cosa resta degli oggetti originali, dei ricami disciolti, dei capelli tagliati? Niente, niente; ce n’è una traccia ipotetica nei racconti intorno alle opere, se ne avverte l’ombra nelle spiegazioni, nei titoli. Come la materia oscura, invisibile ma postulata per spiegare le forze che impediscono la disgregazione dell’universo, il loro influsso è quello che garantisce unità e senso agli oggetti finali. Ciò che erano stati li determina ancora, a distanza; pur non esistendo più, ne è ancora parte. Chissà quale può essere, di questa parte, il nome.
Vincenzo Latronico
Alek O. (b. 1981, Buenos Aires, vive e lavora a Como) si è laureata in Industrial Design, presso il Politecnico di Milano nel 2005. Tra le mostre personali recenti e future: Frieze Focus, London e Frutta, Roma (2014); Meessen De Clercq, Brussels e Mostyn, Llandudno (2013); Gallery Vela, London (2010). Tra le mostre collettive recenti e future: Laura Bartlett Gallery, London (2014); Frutta, Rome (2013); Marianne Boesky Gallery, NYC, Francesca Minini, Milano, Supportico Lopez, Berlin, Fondazione Casa Giorgio De Chirico, Roma, Galleria Lia Rumma, Napoli (tutte nel 2012); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Palazzo Re Rebaudengo, Guarene, Cuneo (2011); Castello di Rivoli, Torino, Norma Mangione Gallery, Torino (2010); Lisson Gallery, London and Annet Gelink, Amsterdam (2009).
Durante l’opening presenteremo all’interno di Hadrian, la nostra project space, Shame Baby, Baby Shame, una video installazione dell’artista e scrittrice Rosa Aiello (a cura di Alex Ross).
Simultaneamente la galleria T293, Via G. M. Crescimbeni 11 Roma, inaugurerà dalle 19.00 alle 21.00 la mostra personale di Alberto Tadiello, da titolo AMADABLAM .