Interference/Interferenze

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA TALLULAH
Piazzale Baiamonti, 3 - 20154, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
22/05/2014

ore 19

Generi
arte contemporanea, collettiva

Tallulah Studio presenta la mostra collettiva Interference/Interferenze in collaborazione con Key Gallery.

Comunicato stampa

Interference/Interferenze
L'arte fa fatica a superarsi in questo momento
storico perché gli stimoli sono lasciati al vento,
alla sopravvivenza, al caso, in una società che
invecchia senza amore. Per questo c'è bisogno di
interferenze, di fratture, di onde nuove che si
sovrappongano in un gioco senza fine, per trovare
nuovi Oceani metropolitani, pezzi di Natura,
frontiere mentali e nuove isole ferroviarie
d'energia. Non c'è bisogno di ripetere la noia
del già detto e del già visto che mascherano le
angosce universali del vuoto e del rischio. Non
c'è bisogno di pensionare la creatività sulle
panchine del parco Sempione. Non c'è bisogno di
sfamarsi e di sfamare con i vernissage per poi
far dormire gli occhi stomacati e appagati dal
nulla. Lo sappiamo bene tutti e ce ne freghiamo.
Invecchiano le persone, i quadri, le automobili,
gli amori, la vita delle città, i computer, i
sessi, le carni, i binari ma non le pulsioni, i
parti, le ribellioni, le inquietudini, l'orgasmo,
l'adrenalina, le vie per le Costellazioni felici.
Invecchiano gli artisti, i critici, le Gallerie,
gli spettatori, le guerre, le mode ma non gli
argini del grande fiume della Bellezza e della
Pace, non gli accoppiamenti della materia con lo
spirito che continuano imperterriti nella loro
danza, non i bosoni dell'Arte. E ora siamo qui,
non all'ennesima esposizione necrofila ma a un
bivio per quattro autori- artisti che muovono il
loro modo di essere, cercando di piegare le catene
della società sulle tracce del segno, quello che
li aiuta a vivere. Sono bocche che parlano e che
cantano al cuore cucito dei molti. Sono labbra che
bruciano e baciano gli occhi chiusi dalla polvere
e dalla negatività. Hanno disintegrato il Tempo
dentro di loro per morire alla convenienza, hanno
ascoltato i loro fantasmi d'acciaio e di cemento
delle fabbriche dismesse per poi alzare gli occhi
al cielo: Ian Gamache e Angelo Pacifico con la
pittura, Furio Agiman con la fotografia e Paolo
Mezzadri con la scultura. Partono da un assioma
che li unisce e li divora. Che la loro arte è un
mosaico di istanze, di passioni, di recuperi, di
aggiunte e di approfondimenti. Che il lontano è
sempre più vicino. Che la loro arte ha freddo
perché vive di rapporti sociali. Hanno l'urgenza
di toccare un po' più in là, di fare il biglietto
per l'essenziale, di ritrovarsi nella realtà e non
dentro lo specchio virtuale. Partono da cimiteri
perché sanno stare da soli e il marmo non li
seduce. Partono da madri-donne, molto amate e
cercate, con ventri preziosi. Partono dalla follia
di essere incompresi. Partono da una festa pagana
mai conclusa. Si sono accomiatati dai Sogni e
dalle facili illusioni per trovare una coscienza,
scomoda e individuale. Hanno riso di fratellanze
e di amicizie troppo strette e ora ci parlano
della devastazione bella dell'essere artista nella
famiglia del domani. Senza bisogno di lasciare il
freno a mano perché non sono macchine. L'Arte, la
loro, “funziona” se cuoce il futuro, se rompe le
certezze acquisite. Certo non troverete qui l'Arte
che non c'è, né quella delle scuole, troverete
punti di fusione/rottura, temperature alte che
anticipano l'Estate del Progresso e della fine e
dell'inizio, vicinanze da ricordare. Troverete
superfici e profondità ma statene certi i loro
spigoli e le loro rose vi toccheranno perché è
nel tunnel che vi vogliono portare. Sono/siamo
tutti vivi, forse ancora più vivi e necessari,
tra le rovine. La sonata a Kreutzer, anzi a
Milano, può cominciare. Senza violini e poltrone.
Basterebbe rispondere in qualche maniera,
lasciando per sempre le nostre sicurezze e
abitudini, perché le loro interferenze urbane si
sono scelte, sovrapposte, scombinate, spettinate,
sputtanate. E le nostre dove ci porteranno?!?...
IAN GAMACHE: nato nel 1977 in Canada ha all'attivo
molte mostre in Europa(l'ultima recente in
Francia) negli Usa e nella sua Terra. E' uno
sperimentatore che aggredisce la materia, spesso
riciclandola e trasformandola. Nel suo agire
artistico il disegno, la biro, la carta, il legno,
etc. creano un nuovo vocabolario a mosaico. La sua
è una Street Art che graffia l'inconscio, che
rende privata la denuncia pubblica e plateale. Non
obbedisce a logiche organizzate perché si tuffa
nella poesia dell'attimo e della valorizzazione
di risorse umane. Maternità, sesso, dolore,
maschera, altrove, identità, femminile, violenza,
destino. E' un arte nomade,a chilometro zero, che
porta nel viaggio/grembo della Vita le sue radici,
sognando idealmente un parto alla fine indolore,
il parto dell'infinito, del ricongiungimento al
Mistero, del ritorno in Strada.
ANGELO PACIFICO:tarantino di nascita, gioca le
sue carte migliori anche a Siena e a Milano(con lo
IED). Disegno, pittura, spazialità, teatro lo
spingono a agire allo scoperto, formando con corsi
per docenti e creando opere destinate agli enti
pubblici e alla collettività(ha fondato con Jacopo
Tartari Pucci ART-TOO). La ricerca dell'essenziale
lo arrischia sull'ipotesi dell'equilibrio e della
perfezione formale, da raggiungere con il ventre,
il cuore e la testa. Comprendere il silenzio e il
rumore è già dipingere la passione, il calvario di
ogni esistenza terrena e pittorica. Interessarsi
poi ai problemi estetici dell'arte è vivere dentro
il peso del colore, deponendo le armi egoiche del
superfluo. Ma non basta. Per percorrere la verità
di oggi bisogna frantumare anche le nature morte
di Morandi, ammazzando lo spazio. E credere agli
eccessi della durezza e dell'incontro di Simboli.
Perché siamo energia d'atomi in continua e
sfrontata fibrillazione.
FURIO AGIMAN: nato a Milano nel 1960, fonda a NY
la LUCKYMAT, agenzia fotografica. Poi si sposta
per vivere nove anni a LA e non fermarsi più(dopo
questa esperienza, comprata una barca affronta
l'Oceano, non i Navigli...). Oggi si occupa anche
di design. Nelle sue composizioni fotografiche,
stratificate a corteccia d'albero, ci sono
allegrie, sperdimenti, epifanie e improvvise
malinconie. C'è il Tempo che divora tutto ma che
non digerisce la paura. C'è l'antica modernità. E
gli occhi della Magnani e le mani di Pasolini. E
cioè il Mito dell'Uomo e della Società in continua
lotta tra vanità, egoismi e chiusure ma anche in
abbraccio alla Purezza, alla fedeltà dell'Ideale e
al bisogno di semplificare per raccogliere ciò che
conta: nell'Arte si trova il giusto compagno e
complice, forse l'unico possibile. Stare nei
luoghi dionisiacamente come fa Furio, trovando
nuove pelli, questo non è fantascienza. L'eclissi
di stazioni, strade, persone, gesti, oggetti
pulsanti, scale mobili, svenimenti, ci parla al
ritmo di Musica in Immagini. Andrebbe bene DIDO
con “Us 2 little gods”.
PAOLO MEZZADRI: cremonese, con MetalliFilati
laboratorio di ricerca espressiva, cura e si cura
con il ferro, la ruggine e tondini di poesia.
Scultori si nasce, grezzi si nasce e si muore.
Graffiati si diventa, passo dopo passo. Le sue
preghiere in ferro sono preziose e sanno di
paradiso. E la ruggine colora di sangue la pelle
diafana del'architettura d'interni e di voglia
d'acqua e d'emozione. Vogliamo vivere accanto a
cosa?!? A ciò che ci appartiene e ci testimonia.
Le sue architetture mentali si saldano come per
incanto, con la forza del Fuoco. L'Età del Ferro
ritorna per poi riportarci alla preistoria dello
stupore. Quante armature sostengono le nostre
Vite! Quanti metalli si sciolgono nei nostri
desideri. La sua siepe della città, “Il Ciuffo”
che ci presenta in mostra, non è che la nuova
rappresentazione della Battaglia di San Romano di
Paolo Uccello. Guardate per credere. Senza
dissolvenze di ferro.

Luca Sartini
(Milano, 14 maggio 2014)