Ferrara Art Festival

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO RACCHETTA
Via Vaspergolo 3, Ferrara, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

tutti i giorni dalle 15 alle 19

Vernissage
24/05/2014

ore 17

Biglietti

ingresso libero

Generi
arte contemporanea, collettiva

Il Ferrara Art Festival vedrà succedersi nell’arco di più di quattro mesi 30 mostre d’arte contemporanea di artisti nazionali e internazionali e una ventina di eventi collaterali del Racket Festival (teatro, musica, letteratura).

Comunicato stampa

Si inaugura sabato 24 maggio 2014 alle ore 17 con le prime quattro mostre a Palazzo della Racchetta, Ferrara, via Vaspergolo 4,6,6a, l’attesissimo Ferrara Art Festival, che vedrà succedersi nell'arco di più di quattro mesi 30 mostre d’arte contemporanea di artisti nazionali e internazionali e una ventina di eventi collaterali del Racket Festival (teatro, musica, letteratura).

Le prime quattro mostre che occuperanno le numerose e ampie sale di tutti e tre i piani del palazzo cinquecentesco propongono un ampio ventaglio espressivo sia dal punto di vista artistico (dal figurativo classicheggiante all'astratto puro) che geografico (dai 20 artisti provenienti dal Grand Palais di Parigi ai 3 protagonisti di mostre nei musei di Odessa, dalla siciliana Parlagreco al milanese Cerchiari).

Queste le quattro mostre di questo primo ciclo, tutte curate da Virgilio Patarini, catalogo Editoriale Giorgio Mondadori:

Gruppo “Signes et Traces”, Omaggio a Riccardo Licata
L. Vasilieva, I. Vareshkin e S. Paprotskiy: Astrazione Odessa
Drago Cerchiari, Chairs and Trees
Graziella Paolini Parlagreco, Rosso Mediterraneo

Il Gruppo Signet et Traces
Il Gruppo « Signes et Traces » è stato fondato tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta da Riccardo Licata, in seno al salon Comparaisons. Licata era arrivato a Parigi da Venezia, all’inizio degli anni Cinquanta, chiamato da Gino Severini a fargli da assistente alla cattedra di mosaico all’Accademia di Belle Arti di Parigi, cattedra che Licata ha ereditato ben presto, alla morte del maestro. E ben presto Licata espone anche, tra l’altro, al prestigioso Salon Comparaisons sorto agli inizi degli anni Cinquanta e presto divenuto il più significativo dei Salons che si svolgono a Parigi al Grand Palais e in altri luoghi della capitale. Da alcuni anni Licata aveva lasciato la guida del Gruppo all’artista parigino Jean Jacques Lapoirie.
Per questa mostra sono stati radunati da Lapoirie e Patarini una ventina di artisti che nel corso dei decenni hanno esposto col gruppo al Grand Palais.
Questi gli artisti in mostra: Jean Luis Aucagos, Claire Brugnon de Chavagnac, Catherine Cazau, Bernard Clarisse, Corine Sylvia Congiu, Antoine de Bary, Hélène Durdilly, Françoise Galle, François Georges, Jean Jacques Lapoirie, Danielle Loisel, Kumiko Nakajima, Denis Panorias, Claudine Penkala, Jacques Pibot, Nelson Ricart, Catherine Schmid, Françoise Sérieys, Caroline Tokar.

Astrazione Odessa
I tre artisti di Odessa declinano tre diverse ipotesi di astrazione, con diverse inclinazioni stilistiche, ma una analoga tensione verso un classico equilibrio che travalica gli impulsi quotidiani e personali, in una sorta di anelito ad un mondo assoluto ed ideale, di pace ed armonia. In questo senso un monito e un forte segnale che acquista ancora più pregnanza, in questi giorni in cui la loro terra è sull’orlo della guerra civile. E ci racconta di come l’arte possa ambire ad un ruolo anche politico, sia pure in forma indiretta, attraverso la veicolazione di ideali superiori.
Sergei Paprotskiy costruisce ampie campiture di colore grigiastro, delimita lo spazio mentale delle sue tele in quadrati e rettangoli irregolari che altro non sono che piani di senso sovrapposti su cui si staglia e si intaglia il segno primordiale: il graffio che si fa simbolo e radice profonda di significazione.
Igor Vareshkin parte da una analisi attenta e al tempo stesso immaginifica della natura e da una sorta di scomposizione di forme umane, vegetali, animali di cui coglie l’essenza: l’idea di movimento e di palpito vitale. E una certa armonia dinamica in rapporto col mondo circostante. Egli è un astrattista nel senso etimologico del termine: astrae dalla natura una sorta di idea di elan vital svincolata dai dati anedottici.
Lyudmila Vasilieva scompone piani di luce e colore alla ricerca anch’ella di una sorta di armonia, ma tutta giocata sul rapporto tra le due e le tre dimensioni, tra superficie e profondità, tra illusione prospettica e sintesi piana, sfaldando il colore in luce ed evocando l’essenza degli elementi: l’aria, l’acqua, il fuoco, la terra.
Tutti e tre cercano qualcosa di assoluto, una sorta di rivelazione capace di trascendere e forse al tempo stesso di spiegare la realtà, una rivelazione che si nasconde in segni arcani in Paproskiy, nel flusso vitale del movimento in Vareshkin e nella scomposizione degli elementi primordiali in campi di luce nella Vasilieva. Virgilio Patarini

Drago Cerchiari: Sedie e alberi
La pittura di Drago Cerchiari, pur essendo di matrice figu­rativa, non indulge all’aneddoto descrittivo, e poco conce­de a superflue divagazioni icastiche. È una pittura inquieta, in continuo movimento, all’eterna ricerca di una cifra stili­stica originale e originaria. E anche quando trova una chia­ve interpretativa feconda ed efficace, dalla quale scaturi­sce un intero, prolifico ciclo, come, ad esempio, i quadri di ‘Canada in fiamme’ o di ‘Alberi e steccati’, questa si declina in variazioni sul tema sempre nuove e talvolta spiazzanti. La tensione in Cerchiari è duplice: da una parte una vo­lontà di sintesi capace di cogliere l’essenza formale delle cose raffigurate (alberi, figure, nature morte, vedute di cit­tà); dall’altra l’istintiva ricerca di un gesto pittorico in grado di proiettare sulla tela l’ombra della propria anima, l’im­pronta della propria personalità. Nel ciclo dedicato ad ‘Alberi e steccati’ (‘Fences and trees’) lo stile oscilla tra reminiscenze fauves e tentazioni chiari­ste, anche se costanti sono il ritmo sincopato e le vibrazioni tonali delle pennellate e l’uso del graffio verticale a spezzare le campiture di colore e a dare slancio dinamico alle composizioni. (...) Il respiro della natura si fa colore e segno e, al tempo stes­so, in quel colore e in quel segno l’anima dell’autore si in­frange e si rifrange, come in un gioco di specchi. V.P.

Graziella Paolini Parlagreco: Rosso Mediterraneo
La pittura di Graziella Paolini Parlagreco è un condensato di passione e di controllo, ed un chiaro esempio di quanto ancor oggi sia vivo e pulsante il retaggio ellenico nelle terre che furono della Magna Grecia: un retaggio che trova nella Parlagreco nuovi accenti e declinazioni di derivazioni Novecentesche, memori di quel richiamo all’ordine che negli anni venti e trenta del secolo scorso trovò mirabili interpreti in Italia (da Achille Funi a Sironi, dal Severini post-futurista alla Metafisica di Giorgio De Chirico), ma con colori caldi e pastosi, pervasi di una densa e quasi palpabile luce mediterranea.
Il disegno è sempre preciso, netto, controllato, apparentemente razionale: eppure si percepisce una sensuale inquietudine che serpeggia sotto pelle... e non si tratta tanto dei soggetti ritratti, quanto piuttosto del modo in cui sono dipinti: del ritmo avvolgente della pennellata che accarezza i corpi, che scivola sui volti, che sfiora con tocco sinuoso i drappeggi o le nature morte, e dell’impasto di luce calda che si mischia ai pigmenti e fa vibrare i colori e le situazioni sempre e comunque sospese e pervase dall’atmosfera di affocati meriggi meridionali.
Apollo e Dioniso si contendono la scena nel dilagare di uno spiazzante e sensuale Rosso Mediterraneo.
V.P.