Renoir
La mostra propone una lettura nuova dell’opera di Renoir (Revoir Renoir è il titolo), con più di 100 opere che raccontano tutta la sua storia – sessant’anni di creatività – ma anche la sensibile diversità della sua ispirazione.
Comunicato stampa
Dopo le numerose retrospettive storiche sui maestri dell’impressionismo organizzate negli ultimi vent’anni alla Fondation Pierre Gianadda - Degas (1993), Manet (1996), Gauguin (1998),Van Gogh (2000), Berthe Morisot (2002) e Monet (2011) - è giunto il momento di rendere omaggio al più grande ritrattista dell’epoca: Pierre-Auguste Renoir (1841-1919).
La mostra propone una lettura nuova dell’opera di Renoir (Revoir Renoir è il titolo), con più di 100 opere che raccontano tutta la sua storia – sessant’anni di creatività – ma anche la sensibile diversità della sua ispirazione. Il lucido percorso cronologico propone nelle sue fasi il temperamento spesso intimista del pittore, che ha raccontato parimenti il paesaggio e l’eterno femminino, le scene di genere e le nature morte.
Si tratta in gran parte di opere inedite provenienti da collezioni particolari raramente prestate ma anche di numerosi dipinti provenienti dai più grandi musei del mondo (Museo Pushkin, Museo di San Paolo del Brasile, Museo Thyssen-Bornemisza, Palazzo del Principe di Monaco; Musée d’Orsay, Orangerie, Petit Palais e Marmottan, Parigi; Fondation Ephrussi de Rothschild / Académie des Beaux-Arts, Saint-Jean Cap Ferrat) così come da istituzioni svizzere (Ginevra, Basilea, Berna, Losanna, Winterthur, Fondation Bührle et Kunsthaus, Zurigo), che permettono di dare una visione nuova della sua opera nel cuore dell’impressionismo francese. Due sculture monumentali raramente esposte (Vénus Victrix del Petit Palais, Parigi e La grande laveuse accroupie della Fondation Pierre Gianadda) chiudono il percorso della mostra.
Il catalogo che accompagna l’esposizione è ricco di testi, dovuti a una decina di specialisti, storici dell’arte e testimoni familiari, e tratta di temi molto diversi - e nuovi - come le amicizie del pittore con gli scrittori (di Sylvie Patry, conservatrice capo, Musée d’Orsay), il rapporto con il fratello Edmond Renoir (di Marc Le Coeur), il pittore Caillebotte (di Pierre Wittmer), il mercante Paul Durand-Ruel (di Caroline Godfroy Durand-Ruel), il pittore Albert André (di Flavie Mouraux Durand-Ruel) e l’ammirazione di Pablo Picasso (di Augustin de Butler). Dal punto di vista più museale Daniel Marchesseau propone un’analisti tematica integrando le informazioni, mentre Lukas Gloor inquadra la comparsa delle opera del maestro nelle collezioni svizzere nel XX secolo e Cécile Bertran, conservatrice del museo Renoir, rivela, grazie ad una ampia serie di fotografie acquisite nell’autunno 2013 dalla città di Cagnes-sur-Mer, la vita familiare dell’artista nella sua proprietà delle Collettes.
La selezione delle opere non mancherà di sedurre un largo pubblico che ritroverà l’immaginario più noto dell’artista, ma scoprirà soprattutto un gran numero di tele poco - se non del tutto - sconosciute, provenienti da collezioni private europee. Infatti il talentuoso allievo del pittore di origine svizzera Charles Gleyre, nell’atelier del quale si rapporta con l’Ecole des Beaux-Arts di Parigi con i suoi compagni Claude Monet e Frédéric Bazille, identifica presto il suo campo di ispirazione femminile: prima Lisa (1872), poi la voluttuosa Suzanne Valadon che poserà in rue Cortot prima di seguire i consigli di Degas e diventare quel’artista riconosciuta che la Fondation Pierre Gianadda presentò nel 1996. E’ d’altra parte in rue Cortot che Renoir dipinge Le Jardin du moulin de la galette dove questo cantore della bellezza femminile - come Monet lo è delle variazioni più effimere della luce - si impone doppiamente come ritrattista e paesaggista prima di rispondere a molte commesse della fortunata borghesia parigina (La Comtesse Edmond de Pourtalès, Elisabeth et Alice Cahen d'Anvers).
Il suo incontro con Aline Charigot, la madre dei suoi tre figli, Pierre, Jean e Claude (detto « Coco »), che egli sposa nel 1890, è determinante per la sua ispirazione. Nel corso degli anni dedica a lei anche una voluttuosa Maternité, ma è naturalmente nelle numerose variazioni attorno ai Nus (nudi) che egli si impone al pubblico più attento.
Renoir lavora “con grandi pennelli di martora e pennelli piatti di seta” e impiega soprattutto - dice - “il bianco argento, il giallo cromo, il giallo Napoli, l’ocra gialla, il terra di Siena, il vermiglio, la lacca di Garance, il verde Veronese, il verde smeraldo, il blu cobalto, il blu oltremare“, senza dimenticare il nero, che definisce “la regina dei colori”.
Paul Durand-Ruel è il primo a difenderlo e ad esporlo, a Parigi, Londra e negli Stati Uniti. Più di mille opere passano dalle sue gallerie. Più giovane, Ambroise Vollard edita le sue incisioni e le sue sculture, prima di acquistare, alla sua morte, tutto il fondo dell’atelier. Renoir realizza tre suoi celebri ritratti tra cui quello donato da Vollard al Petit Palais di Parigi. Con la consacrazione arriva il successo finanziario, proprio sul finire del secolo. Renoir, sostenuto ormai dai fratelli Bernheim-Jeune, scopre Cagnes-sur-Mer nel 1903 e si stabilisce poco dopo nel Domaine des Collettes dove dipingerà fino al suo ultimo giorno con la passione irriducibile del “bel mestiere”.
Al culmine del successo e malgrado certi critici acidi, collezionisti attenti come Paul Gallimard, Gaston Lévy, Henri Bernstein o gli americani Leo e Gertrude Stein non si sbagliano e si circondano di sue opere, prima che il famoso Alfred Barnes riesca a riunire nella sua proprietà di Merion a sud di Filadelfia, sui consigli di giovani mercanti, Paul Guillaume e René Gimpel prima e di Paul Rosenberg poi, più di centottanta dipinti (la Barnes Foundation è sistemata dal 2012 a Filadelfia).
Nella sua maturità, giovani artisti come Aristide Maillol e Maurice Denis fanno visita al maestro e ne fanno il ritratto. Alcuni mesi prima della sua scomparsa, sono Amedeo Modigliani e Henri Matisse, entrambi spinti da Paul Guillaume, ad andare alle Collettes.
Pablo Picasso non ebbe l’occasione di conoscerlo, ma acquisì per la propria collezione sette sue opere, ora al Museo Picasso di Parigi. Questo sta a significare quale valore innovatore accompagnasse la sua arte nella piena maturità.
Curatore della mostra è Daniel Marchesseau, Conservateur général honoraire du Patrimoine.
Sponsor principale della Fondation Pierre Gianadda