Piazza dell’Immaginario #3

Le opere esposte occupano i muri di questo nuovo toponimo, la zona dove via Fabio Filzi e via Pistoiese sono messi in comunicazione attraverso un passaggio e che diventa la terza tappa del progetto.

Comunicato stampa

Il giorno 30 maggio si inaugura a Prato la mostra Piazza dell’Immaginario un progetto a cura di Alba Braza, organizzato da Dryphoto arte contemporanea, con opere di Gabriele Basilico, Andrea Abati, Bleda y Rosa, Pantani-Surace, R.E.P. Revolutionary Experimental Space.

Le opere esposte occupano i muri di questo nuovo toponimo, la zona dove via Fabio Filzi e via Pistoiese sono messi in comunicazione attraverso un passaggio e che diventa la terza tappa del progetto. Attraverso le immagini scelte si raccontano storie anonime e quotidiane che contengono una certa sensazione di nostalgia, nostalgia che di solito abbiamo quando ricordiamo o immaginiamo il passato. Storie brevi che non hanno mai occupato copertine, ma che abitano nella nostra memoria: quel campo da calcio dove giocavamo la domenica, quella volta che ho letto ti amo scritto sul muro e sapevo che era stato scritto per me, quella canzone che ogni volta che veniva suonata la ballavamo insieme nella piazza o i primi germogli verdi che venivano dal niente, senza attendere quello che avevano intorno.
Tutte le opere faranno parte dello spazio per un tempo determinato, ricordando che attraverso il prendersi cura dello spazio che ci circonda si può contribuire al benessere di chi lo abita, aprire nuove modalità di contatto, reti di relazioni e di affetto, dove il dialogo diventa l’unico modo per immaginare ipotesi da portare a termine. Il prendersi cura dello spazio è cominciato nella tappa #2 con i lavori di collocazione di alcune panchine, di un porta biciclette, il ripristino di vecchie fioriere, un cambiamento d’immagine dello spazio che viene rafforzato dalla scelta di pulire e imbiancare parte dei muri della piazza, e riflettendo/riflettere su cosa è una piazza attraverso i diversi video messaggi ricevuti che raccontano visioni personali.
Ora, Borgo San Lorenzo di Andrea Abati, trittico che fa parte della serie La Forza della Natura, 2014, diventa il primo punto della piazza. Una stampa di grande formato in PVC che dà continuazione a questa serie in parte acquisita dal reparto ostetricia del nuovo Ospedale di Prato. Tre immagini, prese dal basso verso l'alto, della pianta chiamata albero di Giuda ai lati e di un noce nel centro, non solo ci mostrano la bellezza della natura, ma ci fanno vedere un cielo che sorveglia da un altro punto di vista quello che accade sulla terra. Sebbene Abati sia interessato ad approfondire l'idea di bellezza come la abbiamo imparata e sviluppata attraverso la storia dell’arte, qualcosa di gradevole e per ciò buona per noi, La Forza della Natura, accenna ad una visione della natura come un potere fuori dal nostro controllo. Infatti, gli scatti sono stati presi in un territorio distrutto da un grande terremoto, territorio devastato e ripreso dalla e grazie alla stessa natura.
Di fronte Burriana di Bleda y Rosa, fotografia in bianco e nero che fa parte della serie Campos de fútbol, 1993. Questa serie raccoglie fotografie di diversi campi da calcio trattati come se fossero spazi quotidiani, spazi adatti per qualsiasi tipo di gioco e forse per la competizione di basso livello. Si tratta di spazi vuoti, abbandonati e in disuso, spazi periferici, a volte indeterminati, senza una specifica funzione e spesso definiti solo dall’uso che ne viene fatto e in questo momento è proprio la nostra memoria che ne determina di nuovo la funzione. Bleda y Rosa, amanti del lavoro di Bernd e Hilla Becher, riflettono sul passare del tempo in relazione allo spazio geografico parlando di un genere di luogo e non di un luogo determinato, che però la nostra memoria riconosce come se fosse un suo luogo.
Attualmente Campos de fútbol fa parte della collezione del Museo Nacional Reina Sofía MNRS, Madrid, e del Centro Gallego de Arte Contemporáneo CGAC, Santiago de Compostela, Spagna.
In galleria troviamo la prima delle tre opere che formano Patriotism. Hymn, un progetto mobile che dal 2006 è stato presentato in USA, Olanda, Italia e altri paesi. Il lavoro utilizza un alfabeto di logotipi che forma un linguaggio universale. Giocando con la memoria collettiva, si ispira alla propaganda sovietica e alle tecniche di comunicazione politica che ancora permangono nella democrazia locale. Una miscela di ironia, umorismo e attività sovversiva, nascosta dal modo in cui vengono usati questi loghi, permette agli artisti di combinare vari stereotipi e pezzi di informazioni sull'Ucraina e l'Europa e di toccare temi come l'immigrazione, la diffusione della conoscenza o la corruzione.
Patriotism. Hymn è dedicato all'idea di un'Europa unita, ai suoi vantaggi e ideali, e anche alla figura dell'Altro, la cui impaziente attesa di riconoscimento e di inclusione aiuta l'Unione Europea a apparire così desiderata.
Il parcheggio di via Fabio Filzi accoglie anche La responsabilità dei cieli e delle altezze di Pantani-Surace, che parte dall’idea degli artisti, che la piazza non appartiene al luogo ma a coloro che la vivono e perciò è stato proprio lì, in piazza, e insieme a loro, i residenti/partecipanti, che il giorno 24 aprile, si è svolta l’azione di produzione del messaggio collettivo proposto dagli artisti: “ti amo”.
Sebbene questo messaggio sia ormai diventato una caratteristica del loro lavoro, questa volta é scritto in cinese, 我愛你, usando la tecnica della xilografia con la collaborazione di chi a partecipato a questa azione diventando loro stessi protagonisti e conduttori sottili di altri modelli possibili di convivenza.
I tre gli elementi stampati su carta sono affissi su tre muri diversi.
Finalmente la facciata del Circolo Eugenio Curiel accoglie Dancing in Emilia di Gabriele Basilico, dalla serie Dancing in Emilia, nata da una commissione del mensile Modo che nel 1978 lo incarica di eseguire una ricerca sulle discoteche in Emilia-Romagna. Una delle serie meno conosciute che riguarda il suo primo approccio verso la fotografia, quella di tipo sociale, il reportage impegnato. L’atteggiamento di Basilico è ponderato, lo stesso che poserà in seguito sulle architetture e sulle città, producendo opere che giustamente lo hanno reso famoso in tutto il mondo, privo della consueta velocità che caratterizza lo scatto “rubato”, cardine della fotografia di reportage e forse proprio per questo le immagini della serie, da cui è tratta quella che presentiamo, esprimono tutta la loro forza e ci trasmettono semplicemente la gioia, il benessere che le persone provavano in quel momento. Trecento chilometri di dancing, balli e rituali del sabato sera, che per anni hanno caratterizzato la vita delle cittadine e dei paesi di periferia, un ricordo di socialità e di genuinità.
Piazza dell’Immaginario dà così continuità ad un modello di lavoro che propone una riflessione sul rapporto fra arte/fotografia e territorio e sul ruolo che assume l’arte all’interno del contesto urbano, trasformando lo spazio in una finestra aperta al sogno e cambiando quello che immaginiamo e ricordiamo accade in questa piazza.
Piazza dell’Immaginario sarà accompagnata da una pubblicazione che verrà presentata lo stesso giorno dell’inaugurazione.
Evento promosso da Assessorato all’Ambiente del Comune Prato, ASM Ambiente Servizi Mobilità e Circolo Eugenio Curiel, in collaborazione con Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Associna, Associazione Cinese di Li Shui, con l'adesione di Comitato di via Pistoiese Macrolotto Zero, Italia Nostra sezione di Prato.

ELENCO ARTISTI E OPERE
Gabriele Basilico, Dalla serie Dancing in Emilia, 1978 - Courtesy Studio Gabriele Basilico
Andrea Abati, Borgo San Lorenzo, dalla serie La Forza della Natura, 2014 - Courtesy dell’artista e Dryphoto arte contemporanea
Bleda y Rosa, Burriana, dalla serie Campos de fútbol, 1993 - Courtesy degli artisti
Pantani-Surace, La responsabilità dei cieli e delle altezze, 2014 - Courtesy degli artisti
R.E.P., Patriotism. Hymn, 2007 - Courtesy Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato

BIO ARTISTI

Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013)
Inizia interessandosi alla fotografia sociale ma i suoi campi d'azione privilegiati sono il paesaggio industriale e post industriale, le trasformazioni e l'urbanizzazione del territorio. In tal senso il suo primo progetto è Milano. Ritratti di fabbriche, un lavoro condotto nella periferia ex-industriale di Milano, tra il 1978 e il 1980. Nel 1984 viene invitato, a partecipare alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R., la più vasta campagna fotografica realizzata in Europa nel XX secolo, organizzata dal governo francese. Nello stesso periodo realizza Porti di mare (1982-88) e nel 1991 la campagna fotografica su Beirut, completamente distrutta dalla guerra. Sono anni di intenso lavoro e le commissioni da privati ed enti pubblici sono sempre più numerose.Continua la sua ricerca su Milano insieme a indagini su altre città italiane ed europee, sapendo “che in tutte le città ci sono presenze, più o meno visibili, che si manifestano per chi le vuole vedere”. Amburgo, Barcellona, Bari, Beirut, Berlino, Bilbao, Francoforte, Genova, Graz, Istanbul, Lisbona, Liverpool, Losanna, Madrid, Milano, Mosca, Nizza, Palermo, Parigi, Rio de Janeiro, Roma, Rotterdam, San Francisco, San Sebastian, Shangai, Torino, Trieste, Valencia, Zurigo sono fra le città che fanno parte della sua narrazione.
Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private internazionali e il suo lavoro è stato esposto presso musei e istituzioni, gallerie private in Italia e all'estero.
Andrea Abati (Prato, 1952)
Si occupa di fotografia dalla fine degli anni Settanta.
Punto di partenza del suo lavoro è l’analisi delle trasformazioni del paesaggio architettonico industriale, l’osservazione simbolica della natura antropizzata, l’attenzione all’avvicendarsi delle genti e al mutamento del tessuto sociale della città attraverso un uso della fotografia come strumento di conoscenza e di relazione tra il sé e il mondo.
Tra i suoi lavori più noti: I Luoghi del Mutamento una serie iniziata nel 1988, indubbiamente il progetto di maggiore complessità e anche il più noto, dove urgente è l’attenzione al paesaggio industriale contemporaneo e ai mutamenti della realtà sociale; nella serie I Luoghi della Natura, 1997, visioni notturne, oniriche, il mare diventa luogo di riflessione sull’identità contemporanea, un immaginario mutante sospeso fra natura e artifici; nel 2012 la serie La Forza della Natura.
Dal 2008 si occupa anche di video. Per l’artista abbandonare il concetto di opera e pensare di innescare pratiche artistiche nella sfera pubblica, può in certi momenti diventare prioritario, è sua la costruzione di Giardino Melampo/Mandela Garden 1.
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive, in Italia, Francia, Austria, Belgio, Germania, USA, Canada.
Bleda y Rosa
María Bleda (Castellón, 1969) e José María Rosa (Albacete, 1970) lavorano in coppia dal 1992. Vivono e lavorano a Valencia, Spagna.
Secondo il critico Alberto Martin, il nucleo fondamentale del loro lavoro è la rappresentazione del territorio, con la quale cercano di sottolineare la complessa unione di culture e tempi che la conformano. Così trasformano il genere di paesaggio in immagini con un alto potere evocativo nelle quali si manifesta la loro esperienza sui luoghi fotografati. Il passare del tempo, la traccia e la memoria sono gli elementi che costituiscono il loro lavoro.
Fra le loro mostre individuali più recenti: Real Jardín Botánico, Fundación Telefónica e PHE'10 a Madrid; Centro Andaluz de Arte Contemporáneo, Siviglia; Galería Elba Benitez, Madrid; Galería Visor, Valencia; Rosenthal Fine Art, Chicago; Galeria Pedro Oliveira, Porto.
Fra le loro collettive: Fundació Antoni Tàpies, Barcellona; Fundación Marcelino Botín, Santander; Museo Nacional Reina Sofia MNRS, Madrid; Museu d'Art Contemporani de Barcelona MACBA e Fundación Joan Miró, Barcellona; AA Architectural Association, Londra; Centro Cultural Gabriela Mistral, Santiago de Cile; Musée d’art moderne di Ceret, Francia; Stenersenmuseet, Oslo; Kulturhuset, Stoccolma. Hanno partecipato a MANIFESTA 4 e alla 12th International Cairo Biennale.
Pantani-Surace
Lia Pantani e Giovanni Surace collaborano dal 1996 e insegnano all' Accademia di Belle Arti di Firenze.
Tra le diverse partecipazioni: Working Insider, Stazione Leopolda, Firenze; Allineamenti, Trinitatiskirche, Colonia; Mobili, Nosadella due, Bologna; Una giornata particolare, luogo delle possibilità, Teatro Sant’Andrea, Pisa; Au Pair, coppie di fatto nell’arte contemporanea, Fondazione MalvinaMenegaz per le Arti e le Culture, Borgo Medievale di Castelbasso, Teramo; Start Point, Sun Studio 74rosso, Firenze. Tra le mostre personali: Se la memoria mi dice il vero, Certosa Monumentale di Calci, Pisa; Non spiegatemi perché la pioggia si trasforma in grandine galleria nicolafornello, Prato; Ti amo, Galleria Madder 139, Londra; The other party (who’s next, dovrebbe piovere su di voi e non su di me) Galleria Die Mauer e Mura di cinta via Pomeria (giardino d’infanzia), Prato.
R.E.P. Revolutionary Experimental Space
Gruppo fondato nel 2004, è attualmente composto da Ksenia Gnilitskaya (Kiev, 1984), Nikita Kadan (Kiev, 1982), Zhanna Kadyrova (Brovary, Ukraine, 1981), Vladimir Kuznetsov (Lutsk, Ukraine, 1976), Lada Nakonechnaya (Dnepropetrovsk, Ukraine 1982) e Lesia Khomenko (Kiev,1980). Al momento della costituzione del gruppo tutti i suoi componenti avevano già sviluppato un loro percorso individuale che continuano a portare avanti.
Allo stesso tempo in tutti questi anni si sono impegnati in pratiche artistiche collettive, mantenendo viva la loro piccola comunità artistica. Gli eventi politici legati alla Rivoluzione Arancione sono stati gli elementi determinanti per la costituzione del gruppo. Le prime azioni collettive del gruppo si sono svolte in mezzo alla folla di manifestanti in piazza Miadan a Kiev: é stato il vedere le grandi masse che lottavano all'unanimità per una causa comune che li ha portati a lavorare insieme. Un'altra ragione per mantenere vivo il gruppo ancora oggi è la debolezza della scena artistica di Kiev, dove in mancanza di un supporto istituzionale che sostenga l'arte sperimentale, gli artisti formano associazioni che suppliscono a questa assenza. Questa è una caratteristica non solo della comunità artistica di Kiev ma anche di tutta l'area post-sovietica e di molti altri paesi periferici. Tenendo di conto del vasto e ampio background sociale del gruppo R.E.P. hanno scelto non solo di praticare la collettività ma anche di sceglierla come argomento del loro operare. Dal 2007 coinvolgono altri gruppi in progetti comuni proponendo varie forme di collaborazione in unico spazio.