Paolo Conti – Il Labirinto
La PoliArt Contemporary presenta Il Labirinto di Paolo Conti, installazione pensata e realizzata per lo spazio della galleria roveretana, nella quale le persone sono invitate a perdersi (e a ritrovarsi?).
Comunicato stampa
La PoliArt Contemporary presenta IL LABIRINTO di Paolo Conti, installazione pensata e realizzata per lo spazio della galleria roveretana, nella quale le persone sono invitate a perdersi (e a ritrovarsi?).
I “Prigionieri nello spazio” di Paolo Conti sono opere complesse, realizzate
con materiali derivati dalla produzione industriale, i negativi di macchine e ingranaggi prodotti con precisione millimetrica, che dopo essere stati usati come maschere o parti di opere pittoriche, ritrovano ancora una volta una nuova vita, sospesi in grandi telai di legno. Tutto il lavoro di Conti fin dai primi anni Settanta è fondato sul rapporto tra la realtà, quella dei prodotti secondari dell’industria, e l’arte come territorio di rinascita e risignificazione degli stessi.
Queste sculture dell’artista sono uno sviluppo di tale poetica, perché i materiali industriali già toccati dall’intervento artistico vero e proprio, ritornano ad avere nuovi significati. Essendo i materiali sospesi da cavi d’acciaio a dei robusti telai di legno colorato, proiettano le proprie ombre nell’ambiente circostante generando non solo degli effetti d’ombra coinvolgenti, ma proiettando se stessi nella dimensione “altra” dell’arte.
Paolo Conti lavora da sempre attorno all’idea della scienza e della matematica
come paradigmi del mondo contemporaneo. La scelta della forma quadrata per i telai sta a significare proprio l’elevazione al quadrato degli oggetti “prigionieri” dello spazio pittorico o della sua esemplificazione concettuale.
Questo gioco intellettuale viene amplificato dall’idea di esporre una serie di “Prigionieri nello spazio” in forma di LABIRINTO che è un luogo simbolico oltre che fisico. In questo modo le sculture diventano un percorso che da un lato mette alla prova il visitatore nel suo sentiero di avvicinamento all’opera, dall’altro diventa la metafora di un universo di segni da interpretare per non smarrirsi. I meandri del labirinto richiamano anche un lavoro precedente di Conti legato proprio al cervello come percorso di scambi, rimandi, perdite.
La stessa forma del cervello è un percorso labirintico, una serie di passaggi obbligati che non si sa bene dove conducono. In questo modo la mostra porta ad un livello ancora superiore mettendo in moto un fattore di moltiplicazione. L’idea dell’artista di un’arte che sia contenitore di forme e materiali, di ombre
e negativi del mondo tecnologico, si amplifica rispecchia nel mondo dell’arte, aumentando la sua capacità di diventare universo autonomo con regole proprie. In questa poetica la prospettiva di una costruzione labirintica del lavoro diventa l’iperbole di una ricerca in cui rigore e capacità emozionale
trovano un mirabile punto di sintesi.