Punto cieco
La mostra ospita otto artisti di media differenti: pittura, disegno, scultura, installazione, video, fotografia.
Comunicato stampa
PUNTO CIECO mostra d’arte contemporanea
Kunstgroup 20zero8
con Martin Figura, Gruppo Didymos, Hans-Hermann Koopmann, Carmine Leta, Pietro Mari, Peter Petri, Regula Zwicky
Il punto cieco è la zona nel nostro campo visivo dove il nervo ottico entra nell'occhio, dove siamo ciechi. Nella nostra percezione normale e nella dinamica del processo visivo ‘dimentichiamo’ questa lacuna. L'arte può riportare il nostro sguardo in queste aree abbandonate che abbiamo rimosso dalla percezione funzionale della vita quotidiana.
La mostra ospita otto artisti di media differenti: pittura, disegno, scultura, installazione, video, fotografia.
Nella sua serie pittorica ‘Sindrome di Stendhal' Martin Figura lascia vagare lo sguardo attraverso spazi espositivi, rappresentando gli osservatori davanti ai quadri, che raddoppiano l’osservatore reale. Lo sguardo ruota in modo irrequieto attraverso diversi livelli, stili di pittura, riflessioni e metamorfosi. Nel centro della sua installazione ‘herunterkommen’ (scendere) si trova una perno-forma, che ricorda i recettori del fondo dell'occhio e può essere allo stesso tempo un aeromobile, un dirigibile.
Gli oggetti e lo spazio possono rivelarci ciò che siamo; in essi riversiamo le nostre aspirazioni ed indecisioni, ciò che vogliamo manifestare e ciò che rimane latente. Il progetto “Objects speak to you”, di Gruppo Didymos, seleziona e ricombina gli elementi del quotidiano, risalendo verso ciò che viene rimosso o celato dalla nostra volontà e visione. L'immagine muta la percezione di luoghi urbani o domestici, creando una realtà dissonante ai nostri occhi. La pittura attraverso un'indagine fenomenologica della forma e segnali cromatici puntuali, propone un processo opponente tra la parola e la visione, provando a dare continuità e luce a quel “punto oscuro” che si frappone tra la ragione e la percezione, accordandosi con i luoghi più nascosti e dimenticati del nostro essere. Un monito, una visione impossibile che ci pone di fronte alla necessità di un cambiamento.
"Before the Love of God": il teschio rimane, il cervello sparisce per sempre. L'opera di Hans-Hermann Koopmann è un cervello tempestato di diamanti. Koopmann contrappone il cervello come simbolo della vita alle rappresentazioni del Memento mori che pur giocano un ruolo importante nell'arte contemporanea. Artisti come Damien Hirst o Douglas Gordon usano direttamente un teschio per riscoprire il senso della morte. Koopmann invece cristallizza il cervello come materia organica dell'essere. Carpe Diem.
Carmine Leta scolpisce il vuoto. Una linea tridimensionale in ferro percorre lo spazio definendo piani e superfici che solo nella mente dello spettatore diventano volumi. Ma in realtà essi non esistono. Cosa rimane di una scultura quando le si sottrae tutto il suo volume? Per scoprirlo occorre cercare la giusta angolazione, collegare le linee sospese, per superare la pura visione con una ricostruzione della forma che è contemporaneamente razionale ed emotiva.
WALLSTREET di Pietro Mari è una via di muri che non separano veramente perché è possibile, nella realtà tridimensionale, aggirarli, scavalcarli o abbatterli. La fotografia li precipita invece nel mondo bidimensionale della carta fotografica dove diventano rettangoli di nascondimento che impediscono per sempre qualsiasi relazione con quello che forse sta dietro: la realtà è blind-ata da un punto fermo di visione.
L’arte ha 10 metri. Almeno per l’artista Peter Petri, questa volta. Ha dipinto un rotolo così lungo che sembra un testo antico. Ma il contenuto è attuale: l’Europa. Una grande mappa del continente, assemblata con i panni usati sporchi di colore ad olio. Sia l'uno che l’altro dipinto sono il tema che ispira Petri: in che direzione andiamo nell'attuale situazione sociale e politica? In questo senso Petri con le sue opere prova ad illuminare i punti ciechi dell'autorappresentazione collettiva con ironia ma anche seriamente. Alla fine dei 10 metri la domanda: l'Europa, è solo un castello gonfiabile?
Il nodo in molte culture e rappresentazioni artistiche e religiose è il simbolo della ciclicità della vita. Nei nodi ci si perde e ci si ritrova, si ritrova un respiro, un battito. La ricerca scultorea di Regula Zwicky mira a ricreare un ritmo nella percezione di chi osserva. Sospinge il nostro sguardo a percorrere un sentiero che si avvolge su se stesso, apparendo e scomparendo all'infinito. In essa coesistono la leggerezza nella pesantezza, la morbidezza nella durezza e la pietra assume l’apparente corposità di una pennellata, di un gesto.