Qui in mostra sono i lavori di otto artisti italiani con opere datate dagli anni Settanta a oggi. Da quel momento particolare, infatti, il ruolo di chi guarda è profondamente mutato. Lo spettatore nel corso del tempo, a partire dall’inizio del XX secolo, si è a poco a poco emancipato dalla passività alla quale è stato costretto da sempre, per occupare finalmente un ruolo attivo.

Comunicato stampa

Nel 2008 il filosofo francese Jacques Rancière ha dato alle stampe il saggio dal titolo Le Spectateur émancipé, un importante studio che, per altro, non è mai stato tradotto nella nostra lingua. Si tratta di una fondamentale riflessione sul mutamento del ruolo dello spettatore all’interno del sistema dell’arte e non solo.
Qui in mostra sono i lavori di otto artisti italiani con opere datate dagli anni Settanta a oggi. Da quel momento particolare, infatti, il ruolo di chi guarda è profondamente mutato. Lo spettatore nel corso del tempo, a partire dall’inizio del XX secolo, si è a poco a poco emancipato dalla passività alla quale è stato costretto da sempre, per occupare finalmente un ruolo attivo. In taluni casi da fruitore è divenuto partecipe alla creazione dell’opera con un conseguente annullamento del concetto di autorialità.
La mostra individua un punto di partenza in Bruno Munari, del quale si presenta qui il progetto Nella nebbia di Milano, un libro per bambini realizzato dall'artista nel 1968. Il lavoro sull'infanzia è proprio un primo passo per educare allo sguardo, per emancipare il futuro spettatore dal giudizio altrui, per abituarlo a riflettere e creare anche, anche nel momento della fruizione.
Lo spettatore è parte attiva nella creazione dell'opera anche nelle diverse Esposizioni in tempo reale di Franco Vaccari, realizzate tra la fine dei Sessanta e gli anni Duemila, così anche per i lavori del Laboratorio di Comunicazione Militante, attivo nella seconda metà degli anni Settanta, e per gli Schermi di Fabio Mauri oltre, ovviamente, al concetto stesso di Manipolazione di cultura al quale l’artista ha dedicato uno dei suoi più significativi lavori.
Lo spettatore si rende attivo anche di fronte agli Sehespass di Cioni Carpi, in cui l’immagine fotografica genera altri immagini di natura grafica.
Legarsi alla montagna di Maria Lai del 1981, di cui è in mostra un video di documentazione, precede di almeno vent’anni il concetto di arte pubblica, di arte diffusa sul territorio, in questo caso la Sardegna, in cui le persone tutte sono chiamate a partecipare.
Sempre in tema al cambiamento di rapporto tra spettatore e opera ci sono i lavori di Gianni Pettena, risalenti alla sua permanenza americana degli anni '70, dove si documentano lavori a metà tra arte pubblica, land art e architettura radicale.
In mostra sono anche alcuni lavori recentemente realizzati come quelli di Tullio Brunone, incentrato su un raffinato concetto di interazione, e del giovane Alessandro Sambini in cui il pubblico è chiamato a partecipare direttamente alla costituzione dell’opera. Maurizio Bolognini, con la sua riflessione artistica e i suoi complessi lavori di arte generativa post-digitale, ci offre uno sguardo sul futuro rapporto opera-spettatore.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo che verrà pubblicato in occasione del finissage.