Serena Zors Breuer

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA RETTORI TRIBBIO 2
Piazza Vecchia 6, Trieste, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

feriali 10 - 12.30 e 17 - 19.30/ festivi 10 - 12/ venerdì pomeriggio e lunedì chiuso

Vernissage
06/09/2014

ore 19,30

Artisti
Serena Zors Breuer
Curatori
Marianna Accerboni
Generi
arte contemporanea, personale

Dopo il grande successo della personale allestita alla Sala del Giubileo di Trieste, ritorna a esporre nella sua città la pittrice, designer e scultrice Serena Zors Breuer, attiva da decenni a Monaco di Baviera.

Comunicato stampa

Dopo il grande successo della personale allestita alla Sala del Giubileo di Trieste, ritorna a esporre nella sua città la pittrice, designer e scultrice Serena Zors Breuer, attiva da decenni a Monaco di Baviera. La rassegna, che s’inaugura il 6 settembre alle 19.30 alla Galleria Rettori Tribbio (piazza Vecchia 6) con una particolare performance multimediale di luce, parole e musica, curata dall’arch. Marianna Accerboni, che ha ideato l’evento, propone in gran parte l’ultima produzione realizzata dall’artista nel 2014: in mostra dipinti su carta, sculture, arte del vetro e design, di squisita fattura e fantastica ispirazione, cui ben s’ispirano i prestigiosi interventi che sottolineeranno la vernice: gli attori Gualtiero Giorgini e Roberta Colacino leggeranno la favola “Il mistero della bambina e dell’albero”, composta per le opere della Zors dallo scrittore e saggista Khaled Fouad Allam, già editorialista di Repubblica e ora de Il Sole 24 Ore e autore, tra gli altri, de “La solitudine dell’occidente” (Rizzoli). Silvio Donati, compositore di livello europeo, eseguirà quindi al pianoforte dei brani da lui creati per l’occasione e ispirati alle opere dell’artista (fino al 19 settembre/ orario feriali 10 - 12.30 e 17 - 19.30 · festivi 10 - 12 · venerdì pomeriggio e lunedì chiuso/ info 389 9153341 · 0049 179 2983633 · www.serenazors.de).

Serena Zors Breuer - scrive Accerboni - è un’artista semplice e complessa al tempo stesso: semplice per i temi trattati, giocosi, simbolici, colorati, allegri, ma complessa per l’universo molteplice e simbolico che sottende le sue articolate e vivaci composizioni, le quali nella scultura sembrano invece trovare un momento di pace e di riflessione: da un canto compare un entusiasmo istintivo e vitale, a volte quasi infantile, verso il mondo e i suoi segreti, dall’altro l’intuizione quasi fatale di una donna che dell’esistenza sa cogliere, interpretare e descrivere l’elemento irrazionale e magico, rifugiandosi nel sogno e in un mondo irreale e fatato per fuggire il male e per esprimere il proprio bisogno di libertà; ma anche per donare al fruitore un attimo di magica bellezza, di divertissement e di onirica speranza, distraendolo da un universo tecnologico e spesso intriso di solitudine.

Una libertà compositiva, quella della Zors, che sovverte le regole dinamiche e statiche e gli equilibri di gravità dell’universo, coerentemente con un costante anelito verso un libero divenire della vita: il fantastico supera e sovverte il reale nel mondo magico di Serena, poliedrico intelletto creativo, capace di dominare la linea sulla carta e di trasporla efficacemente nella terza dimensione. Arte che l’autrice realizza con grazia ed equilibrio armonico - reso talvolta dissonante per aumentarne l’efficacia - di cui fa uso sia sul piano cromatico che nella composizione di pieni e vuoti, luci e ombre, bianco e nero, fragore di note, di colore e silenzio.
Gioia di vivere e pioggia, vento e calma atarassica, fiaba e gioco connotano i suoi disegni divenuti dipinti: una strada in salita verso l’Arte, iniziata fin da bambina con il disegno e la pittura, realizzando ritratti, nudi e paesaggi. E proseguita con l’apprendimento e l’”immersione” negli anni ottanta in seno a una tecnica artistico-artigianale di grande pregio, quella dei vetri Tiffany, imparata e realizzata con amore, scrupolosamente, intrecciandola spesso a inserti di specchio che moltiplicano il fascino cromatico e compositivo di queste elitarie creazioni. Tecnica poi però abbandonata, perché rivelatasi pericolosa per la salute, tant’è che ora i pezzi rimasti, tutte opere uniche, risultano ancor più preziosi.

L’esigenza di raccontare il proprio mondo interiore confrontandolo con il reale, così diverso, permane nell’artista, ma il confronto tra questi universi è talmente forte che l’unica via d’uscita è il sogno. Dalla fuga dalla realtà, nasce un mondo surreale, simbolico, fatato, felice, sintetizzato nel bianco e nero o enfatizzato da colori brillanti, vivaci, cristallini, che narrano senza esitazioni e in modo del tutto personale la festa della vita e il pensiero fantastico con una padronanza inconscia e inconsueta del sogno e del desiderio.

In tal senso le prove su carta, realizzate ad acrilico e a tecnica mista (acrilico e collage), esprimono tutta l’audacia e la vitale curiosità di questa bella donna e il suo rapporto con il segno, attraverso il quale Serena riscopre anche le suggestioni dell’infanzia e ci fa partecipi - conclude Accerboni - dei misteri della mente, componendo, dalla fine degli anni ottanta anche attraverso la scultura, un’originale e fantastica riflessione su ciò che ci circonda.

Serena Zors Breuer, nasce a Trieste, che lascia poco più che ventenne per Monaco di Baviera, dove tuttora vive e opera. Sin da giovanissima si dedica allo studio del disegno e della pittura, realizzando lavori di gusto naïf. Nel 1980 è allieva a Monaco della Kunstgewerblerin Erika Liebl, artista artigiana nel cui atelier apprende l’arte del vetro secondo la famosa tecnica Tiffany. Dal 1985, per 12 anni realizza su proprio design, indipendentemente dallo studio Liebl, vetri in stile Tiffany: oggetti, lampade e vetrate che, esposti in numerose mostre, riscuotono grande consenso e la portano anche a lavorare per arredamenti d’interni.
Nel ’91 torna a Trieste per una personale alla Galleria Al Bastione, al cui successo fanno seguito altre esposizioni a Trieste, alla Scuola dei Mercanti della Madonna dell’Orto di Venezia e a Monaco. In occasione di una personale allo Spazio Arte Vinissimo della capitale bavarese, il presidente dell’Azienda Autonoma di Turismo di Trieste, Alvise Barison, giunto appositamente dal capoluogo giuliano, le conferisce la Medaglia al Merito per gli Italiani all’estero.
Verso la fine degli anni ’80, durante numerosi viaggi a New York e nel corso di frequenti visite al Metropolitan Museum, scatta l’interesse per la scultura, con particolare entusiasmo per i periodi che intercorrono tra Canova e Rodin e tra Moore e Giacometti. Per realizzare le sue eleganti e morbide opere tridimensionali, usa principalmente lo spekstein (steatite o pietra ollare), una roccia particolare, simile alla giada e metamorfica: di molteplice struttura e colore, facilmente lavorabile, il suo ingrediente principale è il talco. Possiede una forza primitiva, percepibile al primo contatto, che trasmette tranquillità, calore e sentimento.
Nella primavera 2014 l’artista ha esposto con grande successo la sua produzione più recente alla Sala del Giubileo di Trieste.

Marianna Accerboni, triestina, è architetto, scenografo e critico d’arte e d’architettura. Collabora da anni come critico militante con varie testate, riviste specializzate ed emittenti radio-televisive. Già allieva e collaboratrice del grande scenografo Luciano Damiani, idea e organizza, in qualità di curatore e di progettista dell’allestimento e della linea grafica, mostre ed eventi d’arte in Italia e all’estero (Roma, Firenze, Trieste, Bruxelles, Austria, ecc.), in cui, alla competenza critica commistiona inediti interventi di luce, che realizza con l’ausilio delle più sofisticate tecnologie.
Dalla metà degli anni Novanta lavora infatti sul tema della luce, nel cui ambito ha ideato scenografie d’avanguardia da realizzarsi attraverso raggi laser, allestimenti e scenografie di luce per concerti, spettacoli teatrali e mostre d’arte ed eventi multimediali e di luce per spazi urbani e musei. Ha esposto abiti-scultura e di luce, bozzetti per scene e costumi e installazioni luminose in gallerie d’arte e teatri in Italia e all’estero. Vive e opera tra Trieste e Venezia.

Khaled Fouad Allam, sociologo, giornalista, scrittore e politico. Nato in Algeria, dopo aver vissuto in Marocco, Algeria e Francia, oggi è cittadino italiano. Insegna Sociologia del mondo musulmano all’Università di Trieste. Già editorialista de La Stampa e di Repubblica, collabora con Il Sole 24 Ore e tiene conferenze e seminari in Europa e in tutto il mondo. È stato deputato del Parlamento italiano e membro della Commissione Affari costituzionali della Camera sotto la direzione di Luciano Violante. Ha ricevuto la medaglia Riccardo Palma e il dottorato honoris causa in Sociologia dell’Università di Lima (Perù). È autore di numerosi saggi, tradotti in varie lingue. Tra i più recenti: L’islam globale (2002), La solitudine dell’Occidente (2006), Non avrai altro Dio al di fuori di me (con Massimo Donà, 2010), L’islam spiegato ai leghisti (2011). Per Lettera a un kamikaze (2004) ha ricevuto il Premio Elsa Morante.

Gualtiero Giorgini inizia la sua carriera teatrale come attore alla fine degli anni ‘80 sotto la direzione di Ugo Amodeo, regista storico della sede Rai del FVG. Dopo aver collaborato per molti anni con le produzioni teatrali più importanti di Trieste, Udine, Fiume (Hr) e Roma, e aver curato la regia di diversi spettacoli, sceglie di affrontare un percorso pedagogico/teatrale, basato su vari aspetti del training attoriale, tesi sopratutto alla ricerca e sviluppo delle possibilità espressive dell'attore (inteso come persona che si dispone a raccontare qualcosa a qualcuno). Alcuni di questi laboratori hanno avuto come esito naturale del lavoro svolto, delle vere e proprie rappresentazioni sceniche e/o teatrali.

Roberta Colacino si diploma all’Accademia Teatrale Città di Trieste. Continua la sua formazione con un apprendistato di teatro di figura e con diversi stage di teatro fisico. Si interessa del rapporto tra teatro e arti visive e alle creazioni site specific. Lavora come attrice freelance con diverse realtà del territorio regionale e nazionale, da nord a sud, dal Teatro Stabile di Innovazione di Palermo al CSS di Udine. Consegue il diploma al Master Internazionale presso l’Academy of Applied Perfoming Arts di Szakacsi, Ungheria. È fondatrice del collettivo artistico ConsorzioScenico e membro della Casa del Lavoratore teatrale.

Silvio Donati, triestino, figlio d’arte, dopo il diploma al Conservatorio G.Tartini di Trieste, diversi stages all’estero e la specializzaziome a Bayreuth, inizia una brillante carriera concertistica e compositiva in Europa e in Nord America. Notevoli sono le sue partecipazioni con accompagnamento a film muti come Little American, di C. De Mille, alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone e a Limite del brasiliano Mario Peixoto al Festival Internazionale del Cinema Latino Americano, di cui per oltre un decennio presiede la Giuria. Compone e arrangia musiche per il teatro Stabile del FVG, collabora con il Festival Ingeborg Bachmann di Klagenfurt con uno Special dedicato alla poetessa carinziana, commissionatogli dalla ORF television channel; con il Centro Servizi e Spettacoli di Udine, per cui realizza la colonna sonora del lavoro teatrale La luce nelle tenebre, che debutta al Mittelfest di Cividale e da cui è tratto il CD omonimo, e The fever di Fallace Shawn, in scena anche a Roma.
Alterna l’attività di concertista (solista e in formazioni orchestrali) a quella di compositore e insegnante, con diverse pubblicazioni discografiche. Si dedica anche alla composizione di musiche per il teatro in Italia e all’estero, presentandosi spesso anche come organista.
Nell’ambito della sperimentazione, coltivata fin da giovanissimo, fa rivivere la musica classica nelle strutture del presente attraverso l’uso di strumenti elettronici o, viceversa, impiega gli strumenti del passato per interpretare i ritmi del nostro tempo. Ne nasce una fusione di mondi diversi, ma non incompatibili: l’antico incontra il moderno.