Danica Ondrejovic – Oltre la linea
Il linguaggio poetico dell’introspezione intellettuale.
Comunicato stampa
La Galleria Pow Alessandro Icardi il 21 settembre inaugurerà la mostra personale dell’artista Danica Ondrejovic.
Danica nasce il 24 marzo del 1976 a Bratislava, vive e lavora a Milano. Nel 2002 si trasferisce in Italia e studia all’Accademia di Belle Arti di Brera. Durante il periodo didattico diventa allieva del maestro Nino Mustica e inizia la sua carriera di artista partecipando a diverse collettive, dove riscontra l’attenzione di noti critici che la incitano a continuare il suo lavoro. Ha esposto a numerose collettive a Milano e personali tra Torino, Bratislava e Ginevra. Un’artista, Danica, che sperimenta davvero molto e non si limita solamente alla pittura o alla scultura. Interessanti i filmati stop-motion in cui piccoli omini di plastilina vivono diverse avventure lasciando allo spettatore riflessioni mai banali. In questi filmati si vede una sottile ispirazione a Jan Švankmajer, registra surrealista cecoslovacco.
Una linea molto asciutta e minimale è caratteristica saliente dei lavori di Danica Ondrejovic. Un’artista molto contemporanea, ma che nello tempo riceve un lieve respiro del passato, influenzata da grandi artisti della vecchia scuola come Vedova. Il suo stile va oltre l’informale, la ricerca della forma sta nell’essenzialità, nell’immediatezza della linea, un minimalismo espressivo caratterizzato da una forte incisività e introspezione.
Nei suoi lavori Danica utilizza diversi materiali, anche occasionali con i quali riesce ad elaborare una poetica molto elegante caratterizzata da un linguaggio attuale e di fruizione universale. Un linguaggio questo in grado di comunicare a tutti, così da stimolare l’interlocutore intellettualmente e personalmente, facendo scaturire in lui determinati stati d’animo. Il dialogo che si stabilisce tra lo spettatore e l’opera è la chiave di volta della sua poetica, essenziale per capire a fondo il lavoro di quest’artista molto introspettiva.
A settembre Danica presenterà le sue Passive Sculture, opere realizzate interamente con carta di giornale. La carta stampata per l’artista fa da tramite tra ciò che accade nel mondo e l’uomo. Una sorta di informatore a cui la società si rapporta con grande passività e pigrizia. L’indifferenza per ciò che accade, una lettura superficiale e che non ha nulla di riflessivo. È proprio questa mancanza di riflessione e interesse che porta ad una sterile passività, la mente diventa un semplice contenitore di informazioni da cui purtroppo non scaturisce alcun fine né intellettuale né creativo. L’artista riesce a trasformare questa passività in qualcosa di costruttivo e intellettualmente più alto. Da attento e meticoloso osservatore quale è, riesce a essere attivo davanti a miliardi di informazioni. L’artista e l’arte fin dai tempi più antichi parla attraverso i simboli, fondamentali per codificare i messaggi che esprimono le opere e render l’arte comprensibili a suoi osservatori. Non solo sculture, ma anche pittura in questa mostra. Nelle tele Danica utilizza anche piccoli frammenti di giornali miscelati al colore e linee che sembrano somigliare a intensi scarabocchi. In queste opere l’artista rappresenta dei mondi a sé, ognuno con le proprie caratteristiche. L’unica caratteristica comune è un colore che ricorda delle architetture colorate, dei posti in cui l’artista ha vissuto. Vecchie case dall’intonaco consumato tipiche dei paesini italiani a cui Danica è molto affezionata. Una cosa da cui lei è molto affascinata proprio per il passato che ha vissuto; lei stessa ci dice: ″(..) nella mia città di Bratislava non ho mai vissuto queste esperienze visive. Il Social realismo ha sterminato tutto ciò che era vecchio e al posto di questo ha rimpiazzato case popolari fatte dei pannelli di cemento. Ancora oggi mi ricordo le sensazioni che ho vissuto nella mia infanzia in estate, quando caldo era soffocante e senza il mare o un lago per rinfrescarsi giocavamo tra i pannelli. La nostra fantasia volava veramente molto lontano e non potendo uscire a conoscere altre realtà, ne inventavamo una nostra (…)″