Gozzadini e la scoperta del Villanoviano

Informazioni Evento

Luogo
MUV - MUSEO DELLA CIVILTA' VILLANOVIANA
via Tosarelli, 191 40050 , Villanova di Castenaso, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

martedì e domenica 15.30-18.30, da mercoledì a sabato 9-13

Vernissage
25/10/2014

no

Biglietti

ingresso libero

Generi
archeologia

Tornano a “casa” dopo più di un secolo i primi reperti scoperti alla metà dell’Ottocento dal Gozzadini a Villanova. I primi indizi della civiltà villanoviana in mostra al MUV.

Comunicato stampa

La sala Gozzadini del MUV – Museo della civiltà Villanoviana, espone una selezione dei reperti più significativi trovati nell’Ottocento dal conte Giovanni Gozzadini e conservati al Museo Civico Archeologico di Bologna, oltre a due volumi del 1854 e del 1856, scritti dal Gozzadini e illustrati con le famose tavole di sua moglie Maria Teresa, acquistati dal Muv sul mercato antiquario.

Curata da Anna Dore, per il Museo Civico Archeologico di Bologna, e Paola Poli, per il MUV, la mostra "Giovanni Gozzadini e la scoperta del Villanoviano” ruota attorno a un nucleo di reperti trovati dal conte Giovanni Gozzadini negli scavi effettuati tra il 1853 e il 1855 nella sua tenuta di campagna, inizialmente facenti parte del suo museo privato e poi ceduti alla sua morte al museo felsineo.
Il percorso della mostra permette al visitatore di ammirare una serie di ceramiche legate sia al rituale funerario che al banchetto, unitamente ad alcuni reperti metallici riconducibili alla filatura e alla tessitura, all'ornamento personale o alla toeletta, sia maschile che femminile.
Si comincia dai contenitori delle sepolture, vasi biconici con relative scodelle di copertura, oltre al contenuto dei cinerari stessi (ossa combuste e appliques in osso, cioè decorazioni applicate al letto funebre su cui veniva bruciato il defunto) per poi passare a una serie di ceramiche legate alla pratica aristocratica del banchetto: tazze, piattelli, coppe, olle, ollette, bicchieri, boccali, vasi a diaframma.
La vetrina centrale è occupata dal vasellame ceramico pregiato, tra cui spiccano tre pezzi unici: una tazza cratere baccellata, una brocca con ansa zoomorfa e un’altra con ansa configurata.
L'allestimento delle ultime due vetrine ricalca il più fedelmente possibile la disposizione dei reperti raffigurati nelle tavole grafiche di Giovanni Gozzadini pubblicate nei due volumi "Di un sepolcreto etrusco scoperto presso Bologna" e "Intorno ad altre settanta tombe del sepolcreto etrusco scoperto presso a Bologna e per far seguito alla descrizione già pubblicata", di cui vengono presentati gli originali, editi rispettivamente nel 1854 e nel 1856 proprio a ridosso della scoperta della necropoli. Si tratta soprattutto di reperti metallici, in bronzo ma anche in ferro, riconducibili a varie attività o all'ornamento personale tra cui spiccano un tintinnabulo, un’ascia, alcune palette, un manico di attingitoio, numerose fibule in bronzo (alcune con elementi in osso o pasta vitrea), bracciali, fermatrecce, rasoi e pinzette.

La mostra è promossa da Città di Castenaso e Museo Civico Archeologico di Bologna d'intesa con Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna

http://www.comune.castenaso.bo.it
http://www.archeobologna.beniculturali.it/mostre/muv_gozzadini2014.htm

VILLANOVA DI CASTENASO E LA SCOPERTA DEGLI ANTICHI ETRUSCHI

La scoperta
Il 18 maggio 1853, presso Villanova, nella tenuta del Conte Giovanni Gozzadini, studioso e appassionato di storia e antichità locali, vennero alla luce le prime tracce di un antico sepolcreto. Questa scoperta segnò un momento importantissimo per la storia degli studi archeologici, non solo nel bolognese. Si trattava infatti della prima vistosa attestazione di quella cultura di incineratori che proprio da questa scoperta avrebbe preso il nome di “villanoviana”.
Con felice intuizione, il Gozzadini indicò l'appartenenza di queste testimonianze al popolo Etrusco, ma il mondo scientifico, lungi dall'accettare la tesi del fortunato dilettante, scatenò una dura polemica sull'identità etnica, durata svariati decenni. Solo molti anni dopo si giunse a riconoscere che la cosiddetta "cultura villanoviana" altro non era se non la manifestazione del popolo etrusco nella sua fase di formazione.

I protagonisti
La ricerca nei possedimenti di Villanova ebbe sostanzialmente l’aspetto di un’avventura privata, gestita nell’ambito della sfera familiare in tutte le sue fasi, dallo scavo, al restauro, al disegno, allo studio scientifico dei materiali recuperati. Lo scavo fu infatti seguito con grande attenzione dallo stesso Gozzadini, coadiuvato dalla moglie, Maria Teresa di Serego Allighieri, in veste di disegnatrice e restauratrice dei materiali che via via venivano recuperati.
I Gozzadini rappresentavano nell’ambito dell’alta società bolognese un punto di riferimento per la vita culturale e la loro dimora una sorta di salotto nel quale si ritrovavano “i migliori ingegni che vissero a Bologna, o vi transitarono”.
Il conte in particolare, dopo questa prima fortunata impresa archeologica, divenne personaggio di assoluta rilevanza nell’ambito dell’archeologia bolognese, ricoprendo varie ed importanti cariche fra cui quella di Commissario Governativo per i Musei e gli Scavi dell’Emilia e delle Marche (il corrispettivo di un odierno Soprintendente) e quella di Direttore Generale del Museo Civico di Bologna, che tenne fino alla morte, avvenuta nel 1888.

Le tombe e i materiali
La nostra conoscenza della necropoli di Villanova è purtroppo fortemente limitata dalla perdita di numerosi dati, dovuta all’inesperienza del Gozzadini. Gli appunti di scavo contengono solo la descrizione delle caratteristiche strutturali di ciascuna tomba e un elenco generico degli oggetti di corredo, ma non li tiene distinti tomba per tomba, perdendo così la possibilità di un'analisi approfondita del sepolcreto dal punto di vista della composizione sociale. Inoltre non fu realizzata una pianta generale della necropoli, di cui quindi si conosce lo sviluppo solo per grandi linee.
Gli scavi misero in luce complessivamente 193 sepolture: 179 a incinerazione e 14 a inumazione. Le inumazioni erano in semplice fossa mentre le tombe ad incinerazione presentavano diverse tipologie, con una variabilità legata anche all’evoluzione cronologica.
L'ossuario contenente le ceneri e accompagnato dal corredo poteva essere deposto in una semplice buca oppure in una cassetta con le pareti formate da lastre di pietra, in un pozzetto rivestito di ciottoli, in un fossa quadrangolare rivestita di ciottoli, in un grande vaso di ceramica (dolio).
I materiali, entrati in un primo momento a far parte del museo privato del Gozzadini, furono ceduti all’Amministrazione felsinea dopo la sua morte e sono attualmente conservati presso il Museo Civico Archeologico di Bologna.
I reperti sono notevoli sia per quantità che per qualità ed alcuni di particolare prestigio confermano l’esistenza di sepolture di individui importanti, sia uomini che donne.
Sia le strutture tombali che i materiali dei corredi permettono di collocare lo sviluppo del sepolcreto fra l'inizio dell'VIII e la fine del VII secolo a. C., con una maggiore concentrazione di tombe nell’ultimo periodo, a partire dal 750 a. C.