Innocenza
I 7 artisti di “Innocenza”, provenienti da Basilicata, Campania e Puglia, nella collettiva a cura di Roberto Lacarbonara presso la Galleria Momart di Matera, lavorano sui temi della devianza, sulle forme insidiose e ingannevoli della bellezza e sull’impossibilità di dirsi sempre e comunque incolpevoli, al di sopra del sospetto.
Comunicato stampa
Non vi è alcuna certezza dell’innocenza. Nessuna malvagità è inaccessibile o inconcepibile per l’essere umano e nessuno è mai al riparo da sé. L’innocenza resta sempre nella condizione del dover dimostrare le proprie ragioni, i propri alibi: dover fuggire l’insidia della colpa.
I 7 artisti di “Innocenza”, provenienti da Basilicata, Campania e Puglia, nella collettiva a cura di Roberto Lacarbonara presso la Galleria Momart di Matera, lavorano sui temi della devianza, sulle forme insidiose e ingannevoli della bellezza e sull’impossibilità di dirsi sempre e comunque incolpevoli, al di sopra del sospetto. Opere che narrano l’annidarsi del senso di colpa entro le relazioni quotidiane, l’inattesa scoperta della malvagità dietro un visetto grazioso che nasconde l’allegra madrina morte [B. Hrabal].
BREVI NOTE SUGLI ARTISTI
Natascia Abbattista (1977, vive e opera a Gravina in Puglia - BA). Attraverso la fotografia e il video sviluppa un’indagine sulle fobie, sugli stravolgimenti psichici e corporei del soggetto esposto alle tensioni provenienti dal contesto sociale e dalla dottrina morale/religiosa. Di recente ha realizzato “Sante”, una ambigua ricerca sul limite analitico che separa la follia dall’estasi mistica.
Pierluca Cetera (1969, vive e opera a Gioia del Colle - BA). Nella pittura di Cetera, la forte componente narrativa e drammatica delle composizioni, l’insistere dello sguardo sulla carne e sulle espressioni, l’ironia dissacrante dei gesti, rendono ogni opera una insolita ma sapiente ruminazione della storia dell’arte laddove lo studio della luce, il dramma minimo e asciutto, l’ammiccamento prossemico, rivelano la grande proprietà dell’artista di comporre, con ironica teatralità, le faccende del quotidiano.
Ilaria Del Monte (1985, vive e opera a Milano). L’incanto e il visionarismo della Del Monte definiscono un territorio surreale dove, alla deposizione della logica e alle antinomie dei desideri, fa seguito una fisicità al limite dell’incorporeo e della depersonalizzazione. Un disegno ed una pittura dal tono sarcastico e grottesco che contamina di smarrimento e morte la percezione di ogni esperienza.
Claudia Giannuli (1979, vive e opera a Bari). Deliri di un agghiacciante conformismo e di una emotività perennemente occlusa dentro ad equilibri anomici e irreali rendono la Giannuli una delle maggiori interpreti di una ricerca plastica capace di acute ironie e malizioso sospetto nei confronti delle innumerevoli, insidiose nevrosi collettive. Un lavoro che racconta, attraverso piccoli gruppi scultorei, il silenzio addensato e ascoso di numerose vite indolenti, le soggettività piegate dall’inerzia della ritualità.
Pierpaolo Miccolis (1985, vive e opera a Alberobello). Attraverso le trascorse indagini sul bestiario e sull’hybris, Miccolis approda ad una inedita ricerca rivolta ad un universo occulto dove sopravvivono il vizio e la voluttà, la lussuriosa carnalità che erompe nelle trionfanti scene animali, al limite dell’orgiastico, svolte attorno ai temi mistici della passione, della discesa agli inferi, della trasfigurazione.
Moio & Sivelli (Luigi Moio 1975 | Luca Sivelli 1974; vivono ed operano a Napoli). Lo spaesamento della visione, l’insistente estraneità del reale dominano il lavoro del duo campano. È un percorso svolto nella silenziosa inquietudine dello spazio, dove l’agire dell’individuo si annulla, si conforma e disperde nell’indistinto della scena. Corpi, nature, relazioni, poco più che presenze: solo l’intensificarsi dello sguardo coglie differenze e unicità.
Nicola Vinci (1975, vive ed opera a Verona) scardina la quiete consapevolezza della memoria attraverso un’esplorazione fotografica insidiosa, solerte nel dubbio e nel travisamento degli ideali di purezza e ingenuità propri dell’infanzia, soggetto centrale nell’opera di Vinci. Grazia e decadenza costituiscono l’impianto di una scrittura visiva volutamente instabile, permeata dalla fragile precarietà delle ombre e dei movimenti che turbano ambienti e storie.