Emanuele Franco – Silenzio in aula

Informazioni Evento

Luogo
FABBRICA DEL VAPORE
Via Giulio Cesare Procaccini 4, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 18

Vernissage
03/11/2014

ore 18.30

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Emanuele Franco
Generi
fotografia, performance - happening

Questo portfolio, studio-ricerca di taglio sociologico, realizzato col linguaggio dell’arte fotografica, permette di esplorare l’universo della scuola per capire, attraverso l’analisi dei comportamenti di chi vi opera, e dei messaggi che tali comportamenti ispirano, le diverse dimensioni in cui si articola il mondo stesso della scuola.

Comunicato stampa

Polifemo (Milano), CivicoCinque (Mestre) e Photogallery (Firenze)
presentano

SILENZIO IN AULA
fotografie di Emanuele Franco

in mostra dal 4 al 14 novembre 2014
presso Polifemo, La Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4, Milano

Passando mediamente quattro ore al giorno nella aule scolastiche, per via del mio lavoro, non potevo fare a meno di notare le pareti piene di scritte, disegni, figure incollate. Sulle prime ho pensato come tutti: ma guarda che vandali! Poi ho cominciato a provare curiosità e, quando possibile, ho visitato anche altre aule, corridoi, ballatoi, fino ai bagni. Sguardo dopo sguardo, mi son detto che quei segni dovevano avere un altro significato, o forse più d'uno, sicché ho pensato di avviare una ricerca per tentare di comprendere il rapporto tra studenti e scuola, intesa sia come luogo fisico, sia come istituzione deputata all'istruzione.

In questa ricerca non vi è alcuna intenzione giudicante. Esprimersi sul modo in cui gli studenti stanno a scuola e la vivono diventa difficile per un adulto che riveste un ruolo all’interno di una istituzione. Il rischio è che ogni giudizio sia viziato dalle implicazioni che la professione docente porta con sé. L’obiettivo dell’indagine sta piuttosto nel tentare di decifrare, senza pre-giudizi né precomprensioni, questo corpus di segni per pervenire dal significante al significato del vivere il luogo. Operazione non facile, ma alcune ipotesi sono percorribili sia dall’autore, sia dal pubblico.

Per chi è abituato a sperimentare la quotidianità sonora - a volte chiassosa - della scuola, aggirarsi in silenzio per le aule permette di concentrarsi sui messaggi che provengono da altri canali di comunicazione. In questo caso i segni, nel senso stretto del termine, sono amplificati dal silenzio e soprattutto dall'assenza degli studenti. Un'assenza, però, che rende assai manifesta e viva la loro presenza tra quei banchi e che dà l'idea di come quelle tracce sembrino avere quasi la funzione di marcare il territorio, come accade nel regno animale (l'uomo, del resto, lo è!). Ecco che i luoghi della scuola appaiono "personalizzati" come la cameretta di un teenager, dove sono appesi poster, figurine, gagliardetti, messaggi che significano: Questo è il nostro territorio!
Inoltre, al di là di ogni forma di contrassegno, si leggono i pensieri più svariati che riguardano gli atteggiamenti verso la scuola e gli insegnanti, la condizione degli adolescenti, le relazioni tra di essi, le loro passioni e gli interessi. Una notevole quantità di materiale che si propone alla lettura.

Dopo i primi sopralluoghi ho maturato alcune scelte tecniche e di linguaggio. Ho deciso di usare una fotocamera compatta sia per motivi di “portatilità” e velocità d’impiego, sia perché ho ritenuto di non curarmi di eventuali errori come il micromosso e la non perfetta messa a fuoco, per avvicinarmi alle caratteristiche dello sguardo fotografico dei giovani (non volendo essere, mio malgrado, un adulto che li osserva), che non si preoccupano troppo delle imperfezioni di una fotografia. Per loro conta il contenuto, il messaggio.
Anche la scelta dei punti di vista è spesso quella degli studenti: dai banchi verso la cattedra, o verso i lati, le finestre. Perché questa scelta? Si dice che per comprendere gli altri ci si debba mettere nei loro panni, si debba assumere il loro punto di vista. In questo caso è un tentativo difficoltoso per la mia duplice veste di adulto e di docente, sebbene nel secondo ruolo sia implicita, invece, la capacità di comprendere l'altro. In questa decisione c’è anche l’idea che la mia presenza non dovesse essere invasiva, investigante, correlata al ruolo istituzionale; tentando di fotografare come se fossi uno studente mi sembrava di entrare con discrezione e rispetto nelle aule vuote, senza il dominio dell’autorità.

Emanuele Franco

Questo portfolio, studio-ricerca di taglio sociologico, realizzato col linguaggio dell’arte fotografica, permette di esplorare l’universo della scuola per capire, attraverso l’analisi dei comportamenti di chi vi opera, e dei messaggi che tali comportamenti ispirano, le diverse dimensioni in cui si articola il mondo stesso della scuola. Non solo. Il book dà l’opportunità di leggere a fondo e nel dettaglio, l’interno della struttura Aula, il percorso comportamentale, relazionale ed evolutivo dei diversi processi formativi che vi maturano, talvolta comprensibili talaltra meno. Sempre comunque importanti e complessi.
Siamo a scuola, all’interno di una classe, nella quale un docente-fotografo, quello di “Lettere”, nei momenti in cui la classe è assente, fotografa, indaga, legge iconicamente, interpreta attraverso il mirino della sua macchina fotografica, il proprio spazio di lavoro, il proprio mondo scolastico, la propria dimensione e quella dei suoi allievi. Egli indaga l’Aula “vuota”, in silenzio, con rigore, ispirato dalla propria sensibilità e favorito dal fatto di essere docente. Indagare l’Aula, significa indagare l’unità simbolo in termini spaziali, da cui partono e si formano i primi approdi relazionali di ognuno di noi. L’Aula è un contesto estremamente articolato. E questa lo è in modo particolare. Emanuele Franco fotografo, dimostra con questi scatti, una buona capacità di sintesi, di saper mettere il giusto distacco tra l’uomo fotografo e l’uomo docente rispetto all’ambiente e alle atmosfere che lo caratterizzano.

L’autore cattura letture, consapevolezze, valenze e frammenti di vita giovanile che colloca in una trama di percezioni, sensazioni e riflessioni coniugate in una tessitura iconica equilibrata e pregevole. Forme geometriche ispirate, colorismi riflessi e sfumati dal tempo e dalla noia, segni indecifrabili senza logica, almeno in apparenza, puntualizzazioni tipiche dei giovani, riflessioni spontanee, audaci, ambigue, diversi messaggi, alcuni profondi, altri insignificanti, frammenti e tratteggi di contemporaneità, proiezioni improbabili, un universo silenzioso dell’interno di una scuola nella sua autenticità espressiva e nella sua attenzione alla condivisione, alla relazione, alla socializzazione. Un vero e proprio mosaico di percezioni, una trama straordinaria di approdi relazionali le cui valenze espressive s’intrecciano tra di loro e disegnano un profilo stilistico di qualità. Uno spaccato della nostra società e della nostra contemporaneità con una forte connotazione sociale. Una “Classe” è la prima pietra di una importante costruzione. Un segmento della nostra scuola, significativo, certo non sufficientemente rappresentativo. Ottimo l’impianto compositivo del lavoro, di grande equilibrio strutturale la scelta dei segni, dei simboli, delle annotazioni, delle frasi, dei doppi sensi. E’ un linguaggio antico e moderno, attuale e superato, semplice e complesso, in alcuni momenti vibrante e stimolante. Emanuele Franco ha dato visibilità a tutti. Osserva e riflette, Mauro Battiston, psicologo e fotografo apprezzato, che sostiene, tra l’altro: “Sorpresi nel constatare che nessuna "legge" sia capace di impedire tale "imbrattamento", comprendiamo che siamo lontani dal conflitto generazionale che ha caratterizzato il passato di molte adolescenze. Qui non c'è un solido interlocutore cui anteporre la propria visione. Notiamo piuttosto il palesarsi di un'assenza ed è a partire da essa che avviene una sorta di ribaltamento nell'uso della parola. Infatti essa non gioca più esclusivamente dentro la cornice della lavagna, campo della comunicazione e della condivisione collettiva del sapere scolastico. La scrittura esce dai confini della lavagna, addirittura danza sulla sua cornice, per poi espandersi e dilatarsi altrove, per parlarci di un quid che vive dentro la scuola ma sembra non appartenergli. In questo ribaltamento sono gli alunni che a modo loro valorizzano la parola; inscrivono i loro segni su questa scuola che resiste riducendosi a cosa; la pungolano di giorno in giorno ed essa tace, silenziosamente incapace di comprendere e trasformarsi".

Fausto Raschiatore