Giovanni Izzo – Matres//Matres
Per la prima volta la prestigiosa e unica collezione al mondo delle statue in tufo, le Matres Matutae, incontra l’opera di un’artista contemporaneo: Matres – Donne dell’Esodo di Giovanni Izzo.
Comunicato stampa
Il 23 novembre alle 11,00 , presso la sala delle Matres Matutae del Museo Provinciale Campano di Capua, la Direzione del Museo Campano e l’associazione CaserTerrae inaugurano la Mostra Fotografica MATRES//MATRES del fotografo Giovanni Izzo.
Per la prima volta la prestigiosa e unica collezione al mondo delle statue in tufo, le Matres Matutae, incontra l’opera di un’artista contemporaneo: Matres – Donne dell’Esodo di Giovanni Izzo
Interverranno all’inaugurazione l’on. Massimo Bray, Raffaele Cutillo- architetto, Matteo De Simone curatore mostra- psicoanalista ordinario resp. culturale Associazione Italiana di Psicoanalisi(A.I.Psi) .
reading di Consiglia Aprovidolo.
La realizzazione di una mostra come Matres//Matres al Museo Campano di Capua per un curatore costituisce motivo di grande gioia, riuscire a collegare la profonda bellezza delle Matres Matutae alle Matres di Izzo è un’operazione artistica e culturale di grande rilievo che assume un valore internazionale. I livelli “patici” comuni nonostante il periodo storico ed il contesto diverso commuovono e nello stesso tempo restituiscono fiducia e speranza nella continuità della vita e del genere umano con tutti i suoi depositi culturali e le memorie. La celebrazione della natività, primaria esperienza creativa, consacra la genesi dell’umanità non solo nell’area procreativa ma nell’idea stessa che tutto il mondo possa essere pensato e vissuto creativamente. Le Matres Matutae, opere dalla bellezza straordinaria, esprimono la richiesta e il ringraziamento per una fecondità della terra e per la maternità, cioè per la possibilità di avere un futuro, questa stessa speranza la ritroviamo nelle Matres nere di Izzo, icone dello stesso sentire. Matres: le donne dell’esodo immagini di donne costrette a lasciare la terra originaria per povertà, per persecuzioni, per fuga dal genocidio, subendo così una rottura della continuità dell’esistenza, raccontano della loro possibilità, attraverso la gravidanza e la nascita di un figlio, di ricreare se stesse e la vita, coltivando e seminando una speranza di un futuro diverso. Sono foto che hanno un’assoluta levità, comunicano le emozioni profonde, l’intensità della diade fondamentale madre-bambino matrice di ogni cosa. Le luci ricordano Caravaggio gli occhi sono illuminati di promesse, i bambini guardano il domani, e possono fantasticare di aver trovato la loro terra, la primigenia è il corpo della madre, che è la stessa di tutti. Nelle foto di Matres possiamo cogliere un aspetto fondamentale, secondo lo psicoanalista Donald Winnicott, della reciprocità fra madre e bambino cioè il rispecchiamento del Sé del bambino in quello della madre, che inizia quando il bambino è appena nato, la madre, guardando il bambino, e scorgendo in esso una persona intera, rimanda al bambino stesso questa immagine. Le braccia della madre, poi, mantengono il corpo del neonato in uno stato di unità e solidità tale da consentirgli di sentirsi supportato dal corpo materno, sicuro per il contatto stretto con la pelle della mamma e delle persone del suo ambiente che lo circondano. La rappresentazione del sorgere del bambino e del suo primo passo nel mondo, che tentenna e danza a un tempo, con una ritmicità che si origina dai moti del suo spirito, della sua immaginazione e sensibilità, dai suoi primi suoni fino alla e nominazione del mondo e dell’esistere, la prima poetica del linguaggio, è stata spesso rappresentata e raffigurata nell’arte: dall’arte primitiva, dal ciclo della natività, fino a Brancusi, Picasso, Carrà, di Dubuffet e Klee, che ritrovano un’arte “originale” recuperando i gesti e l’espressività, il linguaggio corporeo e onirico dell’infanzia. Izzo racconta di diverse tipe di nascita: il ritrovamento di un’identità di queste donne in fuga attraverso la forma creativa primaria, di quella dei bambini che pensati e desiderati come testimonianza di un futuro custodiscono dentro di se anche un passato lontano, di una nuova possibilità di abitare e respirare la terra dell’esodo. Queste foto ricordano l’iconografia della natività ove la nascita del bambino redime tutta l’umanità, quelle donne dopo viaggi e percorsi di dolore, ritrovano una maestosità nello stesso tempo semplice ma assoluta nel loro esplicare la primaria creatività: la bellezza assoluta. Giovanni Izzo è uno dei maggiori fotografi italiani: la sua fotografia è imponente, umana, delicata, compassionevole, ma allo stesso tempo non concede tregua, il fotografo interroga e tenta di raccontare l’umano. Le sue fotografie sono un coro di sogni, delusioni, rabbia, felicità, stupore, lacrime e gioia. La sua opera è mossa da passione, compassione e pietà. E’ uno sguardo umano che non offende, ma contempla. Il suo è uno sguardo umano che fa trasparire e traspirare la possibilità della speranza. Una speranza di cambiamento, di unione di popoli e culture, di popoli che sono stati e sono migranti, un tempo gli italiani ora gli africani.