Luigi Caflisch – Sedotto dagli Angeli
Nel ciclo pittorico che qui si espone, e che raccoglie il lavoro degli ultimi sette anni, Caflisch ha voluto uscire dal generico e occuparsi delle statue marmoree berniniane, i dieci angeli recanti i simboli della passione di Cristo, che affollano in un accordo sublime le balaustre dell’antico ponte Elio, cui, grazie alla colossale statua dell’Arcangelo Michele che corona il mausoleo di Adriano trasformato poi in fortezza pontificia, toccò il nome di ponte sant’Angelo.
Comunicato stampa
Nel ciclo pittorico che qui si espone, e che raccoglie il lavoro degli ultimi sette anni, Caflisch ha voluto uscire dal generico e occuparsi delle statue marmoree berniniane, i dieci angeli recanti i simboli della passione di Cristo, che affollano in un accordo sublime le balaustre dell'antico ponte Elio, cui, grazie alla colossale statua dell'Arcangelo Michele che corona il mausoleo di Adriano trasformato poi in fortezza pontificia, toccò il nome di ponte sant'Angelo.
A voler esser precisi, solo uno degli angeli del ponte (quello "con il titolo della croce", realizzato evidentemente come una sorta di prototipo) è oggi riconosciuto di mano di Bernini, a cui si deve però la formidabile ideazione complessiva; gli altri appartengono a scultori della sua cerchia, tra cui alcuni degli artisti migliori della Roma seicentesca: Ercole Ferrata, Paolo Naldini, Antonio Raggi, Cosimo Fancelli, Lazzaro Morelli.
La questione attributiva non interessa, almeno in questa sede, Caflisch che, con la sua pittura sospesa tra dissolvenza atmosferica ed impressione dell'istanza scultorea, tra contesto figurale e dispiegamento aniconico, risolve le figure angeliche in altrettante presenze che si affermano, più o meno nitidamente, trascorrendo dal lemure figurale alla figura ben delineata, su un contesto cromatico molto lavorato: sono tutti oli su tele e tavole, e tecniche miste su carta.
Non a caso ho parlato di dissolvenza atmosferica: Caflisch, facendo ricorso ad una gestualità guizzante, ha voluto cogliere le bianche presenze della "via degli angeli" secondo differenti inquadrature e angolazioni; calarle in diversi contesti stagionali e meridiani: per cui la diversa luce, accende o spegne, per contrasto, il candore marmoreo.
Semmai gli angeli di Caflisch possono attivare, nell'osservatore, il rimando ad altri artisti che dipinsero, amarono e trasfigurarono liricamente il duplice corteggio del ponte. Ecco, poniamo, gli angeli di un grandissimo interprete della Roma del Novecento, Scipione, che trattò il tema in uno straordinario dipinto e in disegni. Ma a differenziare completamente l'attitudine dei due pittori, c'è la circostanza che Scipione vede il ponte solo in un'inquadratura notturna, impiegando colori cupi, bituminosi; e, soprattutto, si attiva in lui un onirico stravolgimento, per cui - come scrisse felicemente un letterato oggi ingiustamente dimenticato come Giovanni Battista Angioletti - "gli angeli di Scipione [...] erano gli angeli di pietra che abbandonavano i ponti sul Tevere per imporre un brivido di stupore ai placidi cittadini".
Niente di questa carica visionaria è rintracciabile nelle opere di Caflisch; ma gli angeli del ponte degli angeli sono egualmente da lui evocati - visibilmente amati - in luci e stati d'animo diversi, perché costituiscono un ineludibile inveramento di bellezza ma, forse, sommessamente, anche per ripetere alle distratte intelligenze del nostro tempo, quanto era già chiaro ad Amleto, che, cioè, "ci sono più cose in cielo e in terra, di quante se ne sognano nella vostra filosofia". Probabilmente gli angeli sono tra queste. Nelle Elegie duinesi, gli angeli di Rilke, che vi sono protagonisti, attestano il rimando all'ineffabile: "[...] il bello non è che il tremendo al suo inizio".
Carlo Fabrizio Carli
"L’Angelo della pittura" Il cammino di Luigi Caflisch dal Ticino, a Roma, a Catania, a Anticoli, ha seguito i passi di un angelo: l’Angelo della pittura. L’angelo lo ha guidato al cospetto dei compagni, riuniti sul Ponte Sant’Angelo, con la loro gesticolazione barocca, e dell’altro che, sulla cima del Castello, rinfodera la spada. Caratteri dell’angelo sono la soavità, la lucentezza, la leggerezza e la necessità. Sono anche caratteri della pittura, o lo sarebbero in un tempo che, come il nostro, non fosse gremito d’immagini stremate e non necessarie. Leggerezza e necessità possono essere chiamate naturalezza. Un che di naturale abita le immagini di Caflisch, immagini di angeli, appunto. Luigi sa che le immagini della pittura non hanno bisogno di definizioni ulteriori, o di discorsi: si offrono per quello che sono, con naturalezza.
Anche la velocità è una dote dell’angelo: la velocità dà alla pittura di Luigi Caflisch il suo ritmo rapido e fremente. Sembra che la velocità serva al pittore per cogliere e catturare le immagini degli angeli, che, come le altre immagini, si offrono alla pittura: sul Ponte, sul Castello, e nei quadri di Luigi Caflisch.
Ruggero Savinio
BIO
Nato a Forlì nel 1961.
Ha trascorso l’infanzia a Catania, nel ’77 si è trasferito con la famiglia a Lugano.
Dall’81 vive a Roma città che ha scelto per studiare Pittura all’Accademia (diploma 1985) e Storia dell'Arte all'Università (laurea 1992).
Nel 1986 è stato per un semestre all'Accademia di Dusseldorf. Nel 1988 ha vinto il concorso di pittura all’Accademia di San Luca.
Ha esposto in mostre personali in Italia , Svizzera e Corea del Sud e in collettive anche in Germania (Dusseldorf) , Stati Uniti ( Boston Accademia Massart) e Cina ( Hangzhou).
Massimo Cappellani
"Variazioni fotografiche su angeli"
[…] Come il custode indifferente di un Luna Park di periferia, Massimo ti invita a entrare in una delle sue personalissime stanze degli specchi. Ma, una volta dentro, dovrai cavartela da solo, accettando di collocarti là dove lui decide e diventare una di quelle due persone indispensabili per una fotografia. Confrontarsi con l’ambiguità della visione, l’apparenza delle cose e l’ambivalenza delle proprie certezze: è lì che Massimo ti conduce, verso luoghi misteriosamente evidenti […] L’esistenza non è che luce che passa attraverso prismi sensibili, subendo deviazioni, spezzando le traiettorie originarie, costruendo angoli di incidenza inaspettati e scoprendo prospettive insolite, in un interminabile gioco di rimandi e resistenze, di andare e venire, di prima e dopo, di al di là ed al di qua.
[…] Si genera così un punto di vista inconsueto, alternativo ma possibile, che conduce a ri-misurare la scena, a ri-leggerla e soprattutto a ri-pensarla in termini non solo spaziali ma anche interpretativi, formali, simbolici e, su tutto, visivi.
[…] Massimo Cappellani - non va dimenticato – è un matematico. Le sue fotografie sono prima di tutto luoghi geometrici le cui coordinate soddisfano un’unica equazione: la visione è conoscenza e la conoscenza è visione. Ecco perché il suo metodo – prima che la sua fotografia – non può che essere analogico ovvero prediligere la chiarezza e la tonalità della pellicola (più vicina alla percezione visiva umana) alla luminanza del sensore digitale. Dove andrà il lavoro di Massimo? Quale dimensione potrebbe essere al centro delle sue future ricerche? Da Escher a Mobius, da Mandelbrot a Michele Emmer fino a Steve Jobs, sono in tanti ad aver celebrato le nozze tra arte e matematica, filosofia e geometria, logica e meraviglia, tecnologia ed emozioni.
Silvia Sfrecola Romani
BIO
Massimo Cappellani Fotografo e Matematico. Dopo aver svolto avviamento alla ricerca presso l’Istituto Nazionale di Alta Matematica, ha perfezionato la formazione di fotografo presso lo IED, Istituto Europeo di Design di Roma. La sua attività è rivolta a temi sociali, ambientali, artistici e alla fotografia di scena. Ha pubblicato su riviste, cataloghi e copertine di libri e ha esposto in numerose mostre collettive e personali. Secondo classificato al Premio nazionale di fotografia “AlberoAndronico” 2013. Nel 2012 la Galleria Frammenti d’Arte di Roma ha ospitato la sua personale, Works_2010-2012.
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