Inganni alla percezione
“Inganni alla percezione” è il titolo del progetto site specific che rende omaggio, con le due mostre fotografiche di Gian Luca Perrone e Andrea Calabresi, ai bizzarri e magnifici locali della Sartoria Corradi, storica istituzione bolognese di abbigliamento per bambini, progettata dall’estro creativo dell’ingegner Enrico De Angeli nel 1954.
Comunicato stampa
“Inganni alla percezione” è il titolo del progetto site specific che rende omaggio, con le due mostre fotografiche di Gian Luca Perrone e Andrea Calabresi, ai bizzarri e magnifici locali della Sartoria Corradi, storica istituzione bolognese di abbigliamento per bambini, progettata dall’estro creativo dell’ingegner Enrico De Angeli nel 1954.
Una “chicca” poco conosciuta, che sarà visitabile al pubblico dal 23 al 25 gennaio prossimi, con le immagini fotografiche di Calabresi e Perrone che si confrontano con il luogo, perfettamente conservato negli arredi e nei dettagli, sottoposto al vincolo della Soprintendenza ai Beni Culturali, mettendo in rilievo la sua unicità.
Al terzo piano dello storico palazzo della Assicurazioni Generali di via Rizzoli a Bologna è custodito un vero e proprio gioiello di architettura e design moderni: si tratta dell’ex Atelier Corradi, storica istituzione della città, progettato negli anni Cinquanta dall’estro visionario e innovativo di Enrico De Angeli, uno dei più grandi architetti bolognesi del Novecento. Perfettamente conservato negli arredi, l’atelier è uno degli esempi più notevoli di architettura Novecentesca, sottoposto per questa ragione al vincolo della Soprintendenza ai Beni culturali. Uno spazio che rivive e si apre alla città con Inganni alla percezione, progetto site specific di cui fanno parte le due mostre fotografiche, Memorie dello spazio di Gian Luca Perrone e Una caccia al tesoro di Andrea Calabresi, visibili al pubblico da venerdì 23 a domenica 25 gennaio, in concomitanza con la grande kermesse di ArteFiera 2015 e in occasione della imminente riapertura dello storico atelier da parte dell’imprenditrice Lorella Rita Cavallo, già da alcuni mesi presente con il suo showroom di abiti da sposa nelle vetrine e nei locali che per anni ospitarono gli ambiti abiti da cerimonia per bambini creati dalla sapienza artigianale del sarto Remo Corradi. La mostra è patrocinata dall’Ordine degli Architetti di Bologna, che da diversi anni porta avanti progetti di valorizzazione e scoperta delle architetture Novecentesche del capoluogo emiliano, patrimonio ricchissimo e spesso poco conosciuto.
Gian Luca Perrone e Andrea Calabresi hanno raccolto una sfida, quella di dialogare attraverso le loro fotografie d’arte con la famosa architettura dell’atelier Corradi, senza soccombere all’estro vistoso di chi ha progettato gli spazi, facendo sì che le loro diverse percezioni si esaltino a vicenda e raccontino al contempo il luogo.
Perrone torna all'uso del foro stenopeico, suo antico amore. In questa occasione il foro è utilizzato per raccontare il Tempo tramite esposizioni lunghissime. Un Tempo che rappresenta sia l'ideale trait d'union tra l'antica e la nuova attività dell'atelier, sia una celebrazione del lavoro in molteplici aspetti: il lavoro dell'artista di oggi, il lavoro artigiano che si svolgeva in questo luogo e il lavoro di originale progettazione.
Calabresi, dopo più di un decennio, torna a confrontarsi con l'architettura, non più quale professionista specializzato, ma proponendo la sua visione artistica. Egli ci mostra un caleidoscopio di piccole visioni, una caccia al tesoro composta da inquadrature che indugiano nel particolare. Calabresi vede nel dettaglio, che in questo luogo è curato al parossismo, una speciale forma d'interesse e vuole celebrarne l'inventiva nei suoi scatti.
Un’occasione unica, quella della mostra, per apprezzare dal vivo uno dei tanti gioielli di architettura Novecentesca nascosti in quel grande scrigno di bellezza che è la città di Bologna. Una città che non di soli monumenti è fatta, ma pure di una trama urbana più minuta ed egualmente preziosa, nella quale enorme rilievo hanno le botteghe artigianali che per secoli hanno rappresentato, e rappresentano tutt’oggi, uno dei cuori più pulsanti, da valorizzare e mostrare: itinerari turistici nuovi e inconsueti, attraverso cui toccare con mano la vitalità e il respiro più quotidiano, intimo e profondo della città e del suo brulicante centro storico. L’Atelier Corradi è testimonianza di una di quelle storie che ancora vivono nel ricordo di molti bolognesi, riagganciandoli ad un passato fatto di intimità e ricordi familiari: regalare o ricevere un capo di Corradi per i neonati fu considerato per molti anni dalle famiglie bolognesi un segno di buon auspicio, tant’è che molti conservavano i preziosi bavaglini finemente ricamati sotto vetro, a custodia della loro preziosità. Anche di queste trame di affetti e memorie si compone la comunità urbana e la vita stessa di una città.
“I due lavori di Perrone e Calabresi” dice Gregorio Maraschini Montanari, curatore del progetto “pur molto diversi nell’estetica, svelano in realtà un legame profondo tra loro e al luogo, nella matrice ideale che li ha generati. Lavori in cui si esalta il saper fare, in cui vive un'arte che è umana e concreta, carnale e sensibile, che è ideazione e fatica. I due artisti omaggiano ciò che ci rese grandi e che adesso abbiamo foga di distruggere: il lavoro attento, curato, sensuale, che trasforma in realtà tangibili la sapienza e l'inventiva degli occhi e delle mani”.
Memorie dello spazio di Gian Luca Perrone
Secondo la poetica bressoniana del momento decisivo, siamo soliti pensare che l'immagine rappresenti un momento fermo. Memorie dello spazio è un progetto fotografico in tre atti che si concentra invece sul concetto del tempo creando rappresentazioni attraverso una lunga esposizione. L’ex Atelier Corradi è il luogo-teatro in cui si svolgono le azioni che determineranno la sua ristrutturazione. Nelle immagini viene registrato il passare del tempo attraverso il lavoro che determina la trasformazione dello spazio. In Atto I l’esposizione della pellicola ha inizio in uno spazio disabitato da anni, rimasto intatto e vuoto da qualsiasi fluire. Di lì a breve l’avvio del cantiere. Nella seconda parte - Atto II - si rappresenta il momento in cui gli interventi di cantiere vengono temporaneamente sospesi per ospitare persone e immagini che danno vita ad un diverso divenire, modificando la destinazione d’uso. In questo modo, la scelta della lunga esposizione coinvolge gli spettatori a tal punto da diventare essi stessi parte dell’opera. Le azioni dell’epilogo - Atto III - ripartono da dove il cantiere era stato sospeso e portano a termine il racconto della ristrutturazione dell’atelier. Nel tentativo di polarizzare in un’unica panoramica ogni piccolo frammento dei lavori in corso e delle azioni svolte, emerge una rappresentazione del tempo dove il passato e il presente si fondono relativizzando la temporalità. Un succedersi di istanti lascia sulla fotografia scie luminose e perlacee, testimonianze di una serie di eventi che si sono consumati. Così come in una narrazione una parola non arriva per cancellare la precedente, ma per arricchire la narrazione stessa, egualmente in questa rappresentazione fotografica ogni gesto accaduto nel tempo l’arricchisce di elementi non descrittivi che tracciano la trasformazione dello spazio.
Una caccia al tesoro di Andrea Calabresi
Calabresi ci porta alla scoperta di un altro “invisibile”. Questo luogo lo ha inizialmente inquietato e respinto: come vi si arriva vi si trova uno stile eclettico e borghese: un inchino alle pretese dei ricchi clienti che qui venivano ricevuti. È uno stile che gli ha fatto rivivere la memoria delle dimore alto borghesi dei nonni, con i segni di quello che allora occorreva per bene apparire.
Eppure è sufficiente non fermarsi alla prima impressione: basta infatti aprire un cassetto, muovere un'anta, scansare una tenda o raggiungere la parte dove in questo luogo si lavorava e viveva per far nascere una impressione radicalmente diversa.
Egli ci racconta in immagini questo radicale cambio di prospettiva: un viaggio che parte dal rifiuto dell'apparenza verso la scoperta di un luogo altro nel luogo. Calabresi ha prodotto le sue immagini inseguendo la curiosità che in lui cresceva ogni volta che scopriva un nuovo particolare segreto o che la luce colpiva un dettaglio disubbidiente.
Ne è venuto fuori un lavoro composto da innumerevoli tessere; tessere che raccontano i particolari che lo hanno più colpito; particolari che egli ci presenta scomposti, come tessere sparse di un puzzle da ricomporre, invitandoci a esplorare questo luogo scoprendo dove le immagini siano state create per ricollocarle idealmente al loro posto.
Inganni alla percezione
Mostra fotografica
a cura di Gregorio Maraschini Montanari
Memorie dello spazio di Gian Luca Perrone
Una caccia al tesoro di Andrea Calabresi
ex negozio e Atelier Corradi, via Rizzoli 7 (terzo piano), Bologna