Federico Gori – Corteccia
Federico Gori interviene all’interno della Stanza del Memoriale del Museo Ebraico di Bologna, un ambiente – illuminato solamente dalla debole luce di una lampadina – che vuole conservare la memoria delle vittime della Shoah in Emilia Romagna. Qui l’artista ha installato due grandi opere su tela che dialogano tra loro e con lo spazio attorno.
Comunicato stampa
In occasione di Art City White Night, la notte bianca dell’arte di Bologna, che quest’anno si svolge sabato 24 gennaio come di consueto durante i giorni di Arte Fiera, il Museo Ebraico (Via Valdonica 1/5) presenta la mostra Corteccia, personale dell’artista Federico Gori a cura di Niccolò Bonechi. La mostra fa parte degli eventi ufficiali presenti all’interno del programma istituzionale Art City 2015, promosso dal Comune di Bologna e Bologna Fiere.
Federico Gori interviene all’interno della Stanza del Memoriale del Museo Ebraico di Bologna, un ambiente - illuminato solamente dalla debole luce di una lampadina - che vuole conservare la memoria delle vittime della Shoah in Emilia Romagna. Qui l’artista ha installato due grandi opere su tela che dialogano tra loro e con lo spazio attorno.
Per la prima volta in assoluto l’artista espone opere pittoriche, offrendo al pubblico un primo assaggio della recente produzione che in primavera sarà visibile nella sua integrità all’interno di una mostra personale che Gori terrà in un prestigioso museo toscano.
Il titolo della mostra - “Corteccia” – evidenzia il campo di ricerca dell’artista, nonché la sua continua propensione ad analizzare l’elemento naturale. Sulla superficie delle tele emergono sinuose forme impercettibili, realizzate con la terra e l’erba, in una sorta di dialogo continuo tra il significato e il significante del soggetto rappresentato.
Come scrive Niccolò Bonechi nel saggio critico che accompagna la mostra: “i segni che sorgono sulla superficie non vogliono rappresentare una certa mimesi naturale, bensì si presentano come un alfabeto della memoria, dove ogni spettatore può trovare diversi e sempre nuovi spunti di riflessione, perdendosi nelle sinuose forme che ora si creano ora si disgregano”.
All’interno del Museo Ebraico di Bologna si trova una stanza adibita a memoriale della Shoah. Sul pavimento, nero, si susseguono in fuga prospettica i nomi delle vittime emiliano-romagnole, le pareti, brune, sono totalmente spoglie e tutto l’ambiente è illuminato da una luce fioca. La stanza, volutamente vuota, ripetendo la felice esperienza di due anni fa con l’installazione “La vita la vediamo a memoria” di Rudy Cremonini, si apre oggi, di nuovo, ad accogliere l’opera di Federico Gori e a trasformarsi in luogo di incontro dialettico con il segno lasciato dall’artista. La collaborazione nasce nella convinzione condivisa che la memoria si costruisce attraverso il dialogo e che il ricordo, per essere possesso permanente dell’umanità, debba divenire un testimone che passa di mano in mano in un’ininterrotta staffetta tra interlocutori diversi per generazione, cultura e sensibilità.
Continua Bonechi: “per il progetto di mostra presso il Museo Ebraico di Bologna, Federico Gori ha scelto di indagare quegli esemplari arborei che sono stati lo scenario di alcuni dei peggiori momenti di discriminazione razziale vissuti in Italia durante gli anni 40 dello scorso secolo, in particolar modo dei campi di internamento e transito situati in Toscana, terra nativa dell’artista. L’albero in questo caso diventa testimone in presa diretta di fatti storici che non possono essere dimenticati, ma è soprattutto, nell’ideale dell’artista, elemento sacro che attraverso i segni sulla tela si manifesta, trascendendo dalla sua condizione esistenziale, per diventare scrittura arcaica”.
La mostra si avvale della collaborazione con la casa editrice Gli Ori, che per l’occasione ha realizzato una pubblicazione, e della media partnership di Ellebì, che ha prodotto i contenuti video.
Federico Gori nasce a prato nel 1977. Dopo aver studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, viene invitato da Sergio Risaliti al progetto Gemine Muse. Nel 2002 vince una borsa di studio presso Il giardino di Daniel Spoerri a Seggiano (GR). Tra le mostre a cui ha preso parte negli ultimi anni si ricorda: APOCALISSE, a cura di G. Uzzani, D. Franchi, B. Pinzi, Villa Medicea La Màgia, Quarrata (PT), 2007 . ABITANTI AMBIENTI, a cura di Silvia Lucchesi, Galleria Il Ponte, Firenze, 2008. ETERNAL SUNSHINE, a cura di F. Migliorati, Galleria Alexander Alvarez Contemporary Art, Alessandria; MAEC – Museo dell'Accademia Etrusca della città di Cortona (AR) - Fortezza CastelFranco, Finale Ligure (SV), 2010. 1910 -2010 . UN SECOLO D'ARTE A PISTOIA, a cura di L. Vinca Masini, Museo Palazzo Fabroni, Pistoia, 2010. VON, a cura di F. Migliorati, Galleria Costa, Alessandria, 2010. VIDEO ART YEARBOOK, a cura di R. Barilli, Dipartimento delle Arti Visive Università di Bologna, 2010. 54^ BIENNALE DI VENEZIA, Padiglione Accademie, Venezia, 2011. Nel 2012, SEEDS, Galleria Biagiotti Progetto Arte, Firenze. LE STAGIONI DEL NOSTRO AMORE, a cura di C. Canali, Antico Frantoio di Quiesa (LU) – Villa Castello Smilea, Montale (PT) – Paratissima, Torino, 2012. MEMORIE, a cura di N. D. Angerame, Galleria Whitelabs, Milano, 2012. Nel 2013 vince il Premio Speciale al Talent Prize 2013, con l’opera “Giro giro tondo”. DI FRAGILITÀ E POTENZA, a cura del Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, Palazzo Strozzi, Firenze, 2013. L’ORIENTE DELL’OCCIDENTE, Palazzo Medici Riccardi, Firenze. L’ETERNO RITORNO, a cura di Niccolò Bonechi, Galleria Bonioni, Reggio Emila, 2014.
Vive e lavora a Pistoia.