Non siamo mai andati sulla luna
Il richiamo per l’altrove diventa l’equivalente di una perdita secca, di un distacco dalle radici, significa evadere verso altri pianeti, dove l’allontanamento senza ritorno si ricongiunge alla metafora della psiche.
Comunicato stampa
NON SIAMO MAI ANDATI SULLA LUNA
Non siamo mai andati sulla luna è il titolo del libro su cui appare per la prima volta nei media, nel 1976 la Teoria del complotto lunare, secondo cui le missioni del programma Apollo non avrebbero realmente trasportato gli astronauti sulla Luna. Questa doppia credenza tra realtà e finzione è divenuta però col tempo una consuetudine tanto che oggi non ce ne curiamo più.
La necessità di raggiungere qualcosa di lontano o di improbabile si spinge al limite del possibile ma diventa costantemente insufficiente tanto da lasciarci ogni volta incompleti, questo non accadrebbe però se ci convincessimo di rimanere sulla terra pur rimanendo attratti dall’universo esterno.
L’arte ha il compito di farci “sentire l’aria di altri pianeti” e come scrisse Stefan Geroge con questi versi, è un’idea che percorreva gran parte del Novecento e nella quale il desiderio di evadere dal mondo corrispondeva alla convinzione di non appartenergli totalmente. Questo accade ancor di più oggi e il fatto di non essere mai andati sulla luna è un dato reale sia per noi cinque artisti che forse per il resto del genere umano, ma ciò non limita la nostra attrazione verso luoghi lontani ed inesplorati del cosmo e dell’immaginazione umana.
Il richiamo per l’altrove diventa quindi l’equivalente di una perdita secca, di un distacco dalle radici, significa evadere verso altri pianeti, dove l’allontanamento senza ritorno si ricongiunge alla metafora della psiche.
In ciascuno dei lavori in mostra le immagini vengono riproposte usando la dislocazione, la messa in scena, la simulazione, la fiction, usando il rallenty, la ripetizione nei found-footage, o semplicemente parlando d’altro, coprendo e tacendo ma in modo talmente esasperato che si ottiene l’effetto opposto, attraverso l’omissione e la scarnificazione di un immaginario assodato.