Simone Cartolari – Metro
Esposizione di disegni e animazione a cura di Elisabetta Furlani, curator art zone stazione gauss.
Comunicato stampa
E’ un lavoro molto articolato, quello che contraddistingue: “Metro” ovvero l’opera di animazione svolta da Simone Cartolari, artista marchigiano di Cinema e Animazione il quale, come in un’ iperbole surreale, si addentra in luoghi-non luoghi riconducibili ad un immaginario collettivo della società iper-attiva e fossilizzata della“ Polis” moderna .
Vi si trovano in “METRO ” riferimenti ideologici “non consueti” diversi da quelli utilizzati dall’attuale sistema di comunicazione di massa, dalla “Neen generation della big Apple”, dove l’uso dell’intelligenza è a scadenza, limitato e artificiale.
In Metro l’Immagine ha i riferimenti decadenti, che si identificano invece nei segni, negli stili e nei paradigmi di un neo-classico e su cui poggiano tutte le dicotomie del pensiero moderno occidentale.
Un pensiero che soffre, ma che offre ancora un certo margine di mistero e di spazio per l’immaginazione, dove si leggono i rimandi a quello vitreo e metafisico di Morandi, in quanto più una cosa è inanimata tanto più è mossa da un’infinità di pensieri e fascinazione. Ed ancora: l’innamoramento di Simone per l’allure minimale ed elegante del grande cinema di Antonioni con le risonanze di ognuno di noi raccolte dentro immagini.
Tutto vale, anche se ha un peso lieve ma resistente al tempo e non vuoto come le emozioni del nostro contemporaneo, bruciate nell’attimo stesso in cui si vivono, senza domanda e senza ritorno.
Sono vie di fuga, quelle offerte tra i grattacieli di Metro, sono le Città Invisibili di Italo Calvino, a cui l’Uomo del nostro tempo può ancora far scalare i suoi sogni.
Traiettorie geometriche, come spartiti di Jazz freddo, alla Errol Garner, le quali non sono altro che diversi punti di vista di un “solo”pensiero in “ascesa” che mira in alto e, se non al cielo, almeno al cervello.
Metro incide, senza invadere, nella coscienza di “Chi” guarda con proiezioni fredde e dilatate, statiche e vulnerabili al contempo, di forme di ego, come paure, celebra figure, quasi sempre ancestrali e quasi sempre femminili. Forme, arcaiche e iconoclaste del “senso materno” di cui la società occidentale si ciba suo malgrado e rigetta senza ritegno in variegata e virulenta violenza .
Metro è contrasto raffinato di “un’animazione immobile”, in cui il tridimensionale è il pensiero ambiguo del fruitore che, come in un’analisi profusa e virtuale, guidato da Simone Cartolari, va alla ricerca del senso della Vita come dell’Arte, partendo dalle origini della gnosi, dall’uso che se ne fa:”del Verbo”. (fotogramma relativo alla torhà).