Maziar Mokhtari – Ceremony

Informazioni Evento

Luogo
DINO MORRA ARTE CONTEMPORANEA
Via Alabardieri 1_ 80126, Napoli, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Martedì/Venerdì dalle ore 10.00/12.30 e dalle 16.00/19.00
Sabato10.00/13.00
Lunedì/Domenica chiuso

Vernissage
25/03/2015

ore 19

Artisti
Maziar Mokhtari
Curatori
Chiara Pirozzi
Generi
arte contemporanea, personale

La poetica di Maziar Mokhtari (Isfahan, Iran, 1980) si offre attraverso le ricerche frutto di una compagine teorica ed esperienziale complessa, che migra costantemente tra l’identità del paese d’origine e gli anni di formazione in Italia, giungendo a una stratificazione di simboli e significati inediti, spunti di riflessione attivi nella comprensione di storie, città e società differenti.

Comunicato stampa

Mercoledì 25 marzo la galleria Dino Morra Arte Contemporanea, inaugurando la sua nuova sede espositiva all’interno del complesso ottocentesco dell’ex Lanificio in Porta Capuana, è lieta di presentare la mostra personale di Maziar Mokhtari dal titolo Ceremony, a cura di Chiara Pirozzi.
La poetica di Maziar Mokhtari (Isfahan, Iran, 1980) si offre attraverso le ricerche frutto di una compagine teorica ed esperienziale complessa, che migra costantemente tra l’identità del paese d’origine e gli anni di formazione in Italia, giungendo a una stratificazione di simboli e significati inediti, spunti di riflessione attivi nella comprensione di storie, città e società differenti. Il lavoro di Maziar Mokhtari si compone in prima istanza attraverso l’uso compositivo, luministico e tonale del colore, tipico della pittura intesa nel suo senso più classico, mai abbandonata dall’artista a partire dai suoi studi.
La mostra presenterà un lavoro inedito, in linea con una ricerca che l’artista sta conducendo da anni sull'uso e sulla definizione di luce, interpretata come momento di svelamento e di costruzione di senso, applicata soprattutto alla fotografia e al video che Maziar Mokhtari ha utilizzato per interpretare la sua città, Isfahan, e i suoi muri.
Ceremony è pensata quindi come installazione unica e immersiva, un luogo ricostruito dall’artista attraverso il colore steso su teli in plastica di uso industriale ed edilizio che invadono, aderiscono e definiscono le strutture a gli elementi architettonici della galleria. Lo spazio, così diversamente connotato di nuovo colore e di ricreata luce, si pone a limite tra ambiente interno ed esterno, nella creazione di un luogo mistico e di contemplazione solitaria o sede di comunione e scambio.
Il risultato è la costruzione di un luogo sacro ma al contempo precario, un luogo in cui ascoltare e celebrare, pronto ad accogliere e a costruire i suoi significati attraverso la relazione col pubblico.
All'interno di un luogo così riedificato di luce e di colore, l'artista pone una serie di elementi e oggetti ready-made manipolati e montati, altamente simbolici ma costantemente al limite tra la loro criptica interpretazione e il palese riferimento alla religiosità, alla storia occidentale e ai culti filosofici dell'antica Persia fino all’Iran contemporaneo. L’artista indaga la sfera femminile e quella maschile, l’individuo nella sua unità e dualità, i principi teorici e mitici che regolano all’origine culture differenti, attraverso un linguaggio simbolico fra tradizione, contemporaneità e cronaca.
Gli oggetti-simbolo inseriti nello spazio andranno a costruire un apparato armonico e ritmato di rimandi complessi provenienti dal vissuto dell'artista, dal suo vivere continuamente tra due culture dissimini, come sospeso regolarmente in un viaggio in progress, offrendo a chi osserva, penetrando in questo luogo di cerimonia, la possibilità di partecipare a un rito, costantemente attivato dalla luce, dal colore e dal pensiero interpretativo.

In Maziar Mokhtari la luce, intesa come elemento fondante della visione, diviene il denominatore comune da cui dare origine a una scrittura e a una successiva lettura dei luoghi e delle città che si attraversano o da cui abbiamo origine. Da questi assunti nasce il progetto Palimpsest (2010), in cui la luce forgia il colore giallo dei muri della città di Isfahan, città natale dell’artista, rappresentandone dei confini circolari e senza fine, il cui ritmo resta scandito dal movimento quotidiano della luce del sole. Il colore giallo è ancora fondante nel lavoro Yellow Apocalypse (2013), in cui l’artista crea una serie di fotografie, realizzate a partire dalla ricostruzione di set scenografici in luoghi aperti nella città di Isfahan. Nell’interpretazione di un’apocalisse come svelamento di verità fin ora celate, Maziar Mokhtari addossa ad architetture ritrovate nella città assemblaggi dalla forte connotazione identificativa della cultura e dei riti della popolazione iraniana, creando in questo modo composizioni affascinanti e sospese tra la realtà e l’immaginazione, ma sempre caratterizzate dal colore giallo, capace di cancellare i dettagli ma di svelarne di nuovi.

Wednesday, March 25th the Dino Morra Contemporary Art Gallery, inaugurating its new exhibition space in the XIX century complex of the former Lanificio in Porta Capuana, is pleased to introduce to you a solo exhibition by Maziar Mokhtari, entitled Ceremony and curated by Chiara Pirozzi.
The poetics of Maziar Mokhtari (Isfahan, Iran, 1980) is offered through the research results of a complex theoretical and experiential whole, which migrates continuously from the identity of the country of origin to the years of training in Italy, reaching a stratification of unpublished symbols and meanings, insights which are useful to understand stories, cities and different societies. The work of Maziar Mokhtari composes itself, first of all, through the compositive, luministic and tonal use of color, which is typical of the art of painting understood in its most classic sense, and which has never been abandoned by the artist since his early studies.
The exhibition will present an unpublished work in line with the research that the artist has been conducting for years on the use and definition of light interpreted as a mome, which are the tools Maziar Mokhtari has used to interpret his city, Isfahan, and its walls.
Ceremony has been designed as a unique and immersive installation, a place rebuilt by the artist through the color, which is spread on a plastic sheeting made for industrial use only and which invades, adheres and defines the structures to the architectural elements of the gallery. The space, so differently connotated with new color and a re-created light, arises at the boundary between the internal and the external environment, n the creation of a mystical place, a place of solitary contemplation or a place of communion and exchange.
The result is the construction of a sacred yet precarious place, a place where to listen and to celebrate, ready to accept and build its meanings through the relationship with the audience.
In a place so rebuilt with light and color, the artist poses a number of manipulated and assembled ready-made elements and objects, which are highly symbolic but constantly on the boundary between their cryptic interpretation and the overt reference to religion, to Western history and the philosophical cults of the ancient Persia to the contemporary Iran. The artist explores the feminine and the masculine sphere, the individual in its unity and duality, the theoretical principles and mythical origin that regulate different cultures, through the symbolic language of tradition, modernity and chronicle.
The objects-symbols inserted into the space will build a harmonious and rhythmic apparatus of complex cross-references coming from the experiences of the artist, from his constantly living between two different cultures as if he were regularly suspended on a journey in progress, giving the observer, penetrating this place of ceremony, the opportunity to participate in a ritual, constantly activated by the light, the color and the interpretative thought.

In Maziar Mokhtari, light, understood as a basic element of the vision, becomes the common denominator from which giving rise to a writing and a subsequent reading of the places and cities that are crossed or from which we come from. The project Palimpsest (2010) arises from these assumptions. In this project the light forges the yellow walls of the city of Isfahan, the artist's birthplace, representing its circular and no ending boundaries, the pace of which is marked by the daily movement of the light of the sun. The color yellow is still foundational in the work Yellow Apocalypse (2013), in which the artist creates a series of photographs taken from the reconstruction of scenic places open in the city of Isfahan. In the interpretation of an apocalypse as the unveiling of truth hitherto hidden, Maziar Mokhtari places against architectures found in the city, some assemblies with distinctive identification of the culture and rituals of the Iranian people, thus creating fascinating compositions. suspended between reality and imagination, but always characterized by the color yellow, able to delete the details but to reveal new ones.