Nicola Mette – Quod amor coniunxit non separet lex

Informazioni Evento

Luogo
STAZIONE CENTRALE
Piazza Luigi Di Savoia 1, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Il
Vernissage
11/04/2015

Ore 10:00 /17:30

Contatti
Email: cappa.artecontemporanea@gmail.com
Artisti
Nicola Mette
Generi
performance - happening

La frase Quod ergo Deus coniunxit, homo non separet (ciò che Dio ha congiunto, l’uomo non separi) nella performance di Nicola Mette si traspone in nessuna legge può separare le unioni d’amore.

Comunicato stampa

QUOD AMOR CONIUNXIT NON SEPARET LEX Performance di Nicola Mette
con il Patrocinio di Amnesty International Italia

Organizzazione e cura di Nicola Mette

Testo di Ivan D’Alberto

Direzione della fotografia: Valerio Eugenio Brambilla

Fotografi: Daniela Polla, Simone Pezzutto, Simona Bruno
Videomaker: Mario Petruccelli Pittman, Giulia Rosco

Grazie ad Alba Bonetti Responsabile Lombardia di Amnesty International, Sonia Forasiepi Responsabile EDU Educazione Diritti Umani, Norma Pittman Direttrice Responsabile di MUJER LATINA, Sibilla Panerai, Sabrina Zimei.

Milano 11 aprile 2015
Ore 10:00 /17:30

Itinerario performance: Sesto Marelli, Stazione Centrale, Garibaldi, Corso Como, Cimitero Monumentale, Duomo, Vittorio Emanuele II, Piazza della Scala, Castello Sforzesco, Cadorna, Porta Venezia.

L’articolo 3 della Costituzione Italiana dice:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e morali”.
Scopo della performance è quello di porre l’attenzione sul mancato riconoscimento dei diritti dei cittadini, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali o intersessuali, partendo dal significato profondamente egualitario di questo articolo della Costituzione.
QUOD AMOR CONIUNXIT NON SEPARET LEX (La legge non separi quello che l’amore ha unito) è il titolo di questa performance, che racconta di matrimoni ancora proibiti in Italia.
L’artista si sposerà con 14 persone di diversa etnia e sessualità, mescolando insieme riferimenti al matrimonio sia civile che religioso. Per la prima volta inserisce nella sua performance anche persone mature, per rappresentare un'Italia vecchia nei diritti e nel modo di concepire gli affetti.
Il matrimonio sarà di convenienza, combinato, forzato o riparatore? Chi lo sa?.

“Cio che è vivo non ha copie. Due persone, due arbusti di rosa canina , non possono essere uguali, è impensabile……….. E dove la violenza cerca di cancellare varietà e differenze, la vita si spegne”.

Vasilij Grossman,vita e destino, Ed. Gli Adelphi

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”
Art.1 Dichiarazione universale dei diritti umani

QUOD AMOR CONIUNXIT NON SEPARET LEX
L’unione come perfezione estetica
di Ivan D’Alberto.

“se più elementi, assunti contemporaneamente, costituiscono la ragion sufficiente di una sola cosa, allora vuol dire che essi si accordano fra di loro, e questo medesimo accordo è la perfezione”.

A. G. BAUMGARTEN, Aesthetica,
Frankfurt , 1750-1758

La frase Quod ergo Deus coniunxit, homo non separet (ciò che Dio ha congiunto, l’uomo non separi) nella performance di Nicola Mette si traspone in nessuna legge può separare le unioni d’amore. Affermazione che entra subito nel merito di ciò che è l’intervento dell’artista nella città di Milano: una riflessione estetica proposta a chi ancora oggi non riconosce la validità delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Il percorso strutturato da Nicola Mette non va infatti collocato solo nella sfera della denuncia sociale o in quella prettamente provocatoria (territorio in cui spesso si muove il linguaggio della Performing Art), ma s’inserisce soprattutto in una riflessione di tipo estetico - filosofica.
Alla base del lavoro dell’artista c’è il concetto di unione che da Parmenide ad Hegel rappresenta il principio indicante l’unità del Tutto. L’uno, che per molti filosofi rappresenta l’arché, ovvero il principio fondante e unificatore della realtà, è anche l’origine di tutti gli altri numeri, e quindi della molteplicità. Ma uno è anche un numero dispari, possiede la qualità del limite, e nella sua unità equivale alla perfezione.
Ed è proprio il tema della perfezione che interessa all’artista, il quale è costantemente impegnato nella ricerca della bellezza come perfezione della conoscenza sensibile che si raggiunge proprio attraverso la pratica delle belle arti.
La sua è una teoria derivante dagli studi condotti da Baumgarten che affonda le proprie radici nella definizione aristotelica di perfezione. Nel quinto libro della “Metafisica” Aristotele fa una distinzione fra tre significati del termine, o meglio, tre sfumature del significato, che sono, in ogni caso, tre diversi concetti.
Secondo il filosofo greco è perfetto ciò che è completo, ovvero ciò che contiene tutte le parti necessarie, ciò che è così buono che niente di simile potrebbe essere migliore e ciò che ha raggiunto il suo scopo.
Bene, la performance di Nicola Mette incarna tutti e tre questi concetti.
La completezza è rintracciabile nell’idea platonica espressa nel “Simposio”. Un tempo l’uomo per riconquistare la perfezione persa, in seguito alla crudele separazione ad opera di Zeus, non era condizionato da differenze sessuali e l’amore aveva un valore universale.
Il concetto ciò che è così buono che niente di simile potrebbe essere migliore è forse l’aspetto che più infastidisce la società benpensante. L’amore omosessuale non è il risultato di una devianza mentale, ma è l’espressione di gusti differenti. Se due uomini o due donne vedono nell’amore omo-erotico il piacere assoluto, tanto da trovarlo così “buono” che nient’altro potrebbe essere migliore, nessuno ha il diritto-potere di sostenere il contrario.
Infine, il raggiungimento di uno scopo, ovvero l’unione riconosciuta come tale, è la parte della performance che più s’immette nell’area della denuncia sociale dove la perfezione assoluta si raggiunge solo quando questa è condivisa e riconosciuta dal contesto comunitario in cui è dichiarata.
La performance di Nicola Mette si dipana in un percorso cittadino estremamente studiato e, così come è accaduto nella città di Roma, anche a Milano il corteo di “spose” con lo “sposo” (interpretato dall’artista) si trasforma in “via crucis” di legittimazione di un’esigenza che oltre ad essere emotiva, fisica e vitale è anche una necessità socio-politica, per tutti coloro che attendono, ormai da troppo tempo, un riconoscimento delle proprie unioni.