Conferenza sul collezionismo – La Collezione Farnese
Patrizia Piscitello, curatrice della mostra Raffaello: La Madonna del Divino Amore, racconterà la storia e le vicende della collezione Farnese che da Parma e Roma giunse a Napoli per volere di Carlo di Borbone. A questa collezione appartiene anche l’opera di Raffaello, La Madonna del Divino Amore, esposta alla Pinacoteca Agnelli fino al 28 giugno 2015.
Comunicato stampa
LA COLLEZIONE FARNESE
15 aprile ore 19.00
sala di consultazione
Patrizia Piscitello, curatrice della mostra Raffaello-La Madonna del Divino Amore, racconterà la storia e le vicende della collezione Farnese che da Parma e Roma giunse a Napoli per volere di Carlo di Borbone. A questa collezione appartiene anche l'opera di Raffaello, La Madonna del Divino Amore, esposta alla Pinacoteca Agnelli fino al 28 giugno.
La collezione Farnese tra Roma a Parma a Napoli
La formazione della collezione Farnese è legata all’azione politica e alle scelte culturali del cardinale Alessandro Farnese (1468 – 1549) che, diventato papa nel 1534 con il nome di Paolo III riuscì ad elevare una famiglia di piccola nobiltà di provincia al rango dei più ricchi potentati europei. I Farnese provenivano dall’omonimo paese dell’alto Lazio: capitani di ventura, nobili avventurieri cominciarono fin dalla fine del Quattrocento, grazie alla politica di amicizie di Alessandro a occupare posti di prestigio. Già durante il suo cardinalato aveva avviato un’intensa attività collezionistica, manifestando anche un interesse erudito per lo scavo e il recupero di reperti archeologici, aveva inoltre progettato una vera e propria politica della propria immagine facendosi ritrarre dai maggiori artisti del tempo (Raffaello, Sebastiano del Piombo, Tiziano, Guglielmo della Porta).
Avviò l’edificazione del palazzo romano di famiglia nelle vicinanze di Campo de’ Fiori in cui furono impegnati anche Antonio da Sangallo e Michelangelo Buonarroti. Oltre alle opere commissionate ad artisti a loro contemporanei, i Farnese collezionavano anche dipinti del Quattrocento, che gli inventari del Cinquecento definivano ‘antichi’, come il ritratto di Francesco Gonzaga di Mantegna, la Trasfigurazione di Giovanni Bellini e i due elementi centrali del Polittico di Masolino da Panicale realizzato per la Chiesa romana di Santa Maria Maggiore.
A questo gusto per le opere d’arte dei secoli precedenti contribuì Fulvio Orsini, bibliotecario e responsabile degli acquisti e degli scambi di opere d’arte prima per i Farnese. Orsini, raffinato intellettuale di cultura umanista, alla sua morte lasciò ai Farnese la sua collezione privata, che comprendeva l’importante cartone preparatorio di Michelangelo per il Gruppo di armigeri della Cappella Paolina in Vaticano e il cartone di Raffaello per il Mosè davanti al roveto ardente, disegno preparatorio per l’affresco della Stanza di Eliodoro in Vaticano.
Alle maggiori scuole pittoriche italiane si affianca un ingente nucleo di pittura fiamminga pervenuto quando Alessandro, figlio di Ottavio Farnese e di Margherita d’Austria, divenne reggente dei Paesi Bassi. In particolare le due opere di Brueghel, La parabola dei ciechi e il Misantropo pervennero nella collezione a seguito della confisca delle opere del nobile Cosimo Masi, giunto nelle Fiandre a seguito dei Farnese e che aveva preso parte nel 1611 alla congiura dei nobili fiamminghi contro il reggente Alessandro Farnese.
Alla metà del Seicento, per il pesante clima anti-farnesiano creatosi sotto i pontificati di Urbano VIII e Innocenzo X, gli interessi familiari si spostano da Roma a Parma, con conseguenze decisive anche per il destino delle collezioni. Il palazzo di Roma lentamente si spoglia; vi rimangono la grande statuaria, le raccolte di antichità- che il cardinale Alessandro aveva indissolubilmente legato all'edificio – nonché un numero residuo di dipinti che si ritennero di minore interesse per il nuovo polo collezionistico che si andava costituendo nel Palazzo del Giardino di Parma, dove trovano sistemazione oltre mille dipinti.
A cavallo fra Seicento e Settecento Ranuccio II (1630-1694) matura l'idea di trasferire i pezzi migliori della raccolta in una Galleria ideata nel cinquecentesco Palazzo parmense della Pilotta. Oltre alla Galleria dei quadri, l’impianto delle collezioni prevede ambienti per le “cose rare”, per le medaglie - esposte insieme alla statuaria - e per gli oggetti di arte applicata. I successori di Ranuccio II, Francesco (1678-1727) e Antonio (1679-1731), incrementano le raccolte con una serie di acquisti effettuati sia tramite un mercato antiquariale in crescita, sia trattando direttamente con collezionisti, chiese, conventi e confraternite.
Nel 1731 moriva senza lasciare eredi il duca Antonio Farnese uno degli ultimi esponenti della famiglia e si apriva così una vicenda di successione che portò in quello stesso anno Carlo di Borbone (1716 – 1788), nato dal matrimonio tra Filippo V di Borbone, re di Spagna, e Elisabetta Farnese, ambiziosa nipote del duca Antonio Farnese, a diventare duca di Parma e Piacenza e solo due anni più tardi, a seguito della guerra di successione polacca e dei trattati di Utrecht e Rastadt, a salire sul trono del Regno di Napoli.
E’ questa la vicenda politica che portò al trasferimento a Napoli delle ricche collezione farnesiane che Carlo aveva ereditato dalla madre Elisabetta, collezioni che costituirono il nucleo essenziale del Museo di Capodimonte.
Nel 1732 fa il suo ingresso a Parma Carlo di Borbone e vi rimase solo due anni. Nel 1734 inizia la sua campagna anti-austriaca che lo porterà sul trono di Napoli.
I destini della raccolta seguiranno, nelle concitate fasi del trasferimento, quelle del giovane sovrano.