Giò Pomodoro – Sole Produttore
Mostra personale dedicata a uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana del secondo dopoguerra: Giò Pomodoro.
Comunicato stampa
Inaugura sabato 2 maggio, dalle ore 16.30, nei nostri spazi espositivi, la mostra personale dedicata a Giò Pomodoro (Orciano di Pesaro, 1930 – Milano, 2002), uno dei grandi protagonisti dell'arte italiana del secondo dopoguerra. La mostra vuole essere un omaggio al grande scultore marchigiano, il primo italiano in assoluto a ricevere, poco prima di morire, nell'aprile del 2002, il Lifetime Achievement Award in Contemporary Sculpture dall'International Sculpture Center's Board, organismo formato da scultori, critici, collezionisti, direttori di musei, che dal 1960 promuove il mondo della scultura; un premio che, prima di lui, era stato riservato a nomi del calibro di Claes Oldenbourg e Robert Rauschenberg, Eduardo Chillida e Nam June Paik, Louise Bourgeois e Anthony Caro, vincitore con lui del Primo Premio per la scultura alla I Biennale per i Giovani di Parigi nel 1959. La mostra si concentra sulle sei “sculture-teorema” dalle forme geometriche che costituiscono sei versioni, sotto forma di bassorilievi in bronzo, ideate dall'artista sul tema a lui caro del Sole Produttore; Pomodoro ha curato personalmente la lavorazione dei rilievi durante il processo di fusione in bronzo, utilizzando le maestranze e i laboratori delle fonderie Bettoni di Brescia nel 1974 e li ha proposti come oggetti sperimentali, archetipi da editare in dieci esemplari numerati e firmati alla ditta Arser di Brescia. Questi multipli non possono essere considerati come copie dell'originale perché ne conservano pienamente il significato estetico, realizzando una molteplicità che mantiene tutto il carattere artistico e d'espressione del prototipo. La serie di opere è stata presentata per la prima volta in Germania a Düsseldorf in occasione della mostra Iki Kunst Messe Internazional nel novembre del 1974; in Italia viene esposta in anteprima alla Galleria Lorenzelli, per poi essere esposta in una mostra itinerante nelle maggiori gallerie nazionali e internazionali.
La mostra è accompagnata da bellissime immagini che documentano lavoro di sformatura e fusione in bronzo dei Soli scattate dall'amico fotografo Lorenzo Capellini e da Gianni Berengo Gardin.
All'origine di questi bronzi a grande scala c'è la sperimentazione grafica, di matrice costruttivista, di una struttura che esprima in uno studiato sviluppo a incastro di forme concrete e definite il tema del sole come fonte primordiale della vita, fertile produttore di energia vitale che ritroviamo in una cartella di litografie dedicata a Pablo Neruda nel 1973. Anche nel caso dei Soli, questa fase di progettazione schematica tramite il disegno, che si concretizza negli studi realizzati per ognuno di essi, precede l'esecuzione della scultura; ma il disegno che presiede l'esecuzione viene riequilibrato, in questo caso, con il momento in cui si scolpisce utilizzando lo scalpello, che permette di aderire con assoluta fedeltà e precisione, oltre che all'idea dell'opera, all'opera stessa che sta nascendo. Questo recupero della riflessione sul fare scultura coincide proprio con la fertile stagione produttiva che Pomodoro, approdato all'uso della pietra come materiale prediletto nel 1965 per la precisione che consentiva di ottenere, stava vivendo nella seconda metà degli anni '70 e che culmina con due mostre, entrambe del 1974: una alla Galleria Naviglio di Milano dove espone le sculture in pietra e marmo appartenenti al ciclo dei Marat, degli Archi e dei Sole produttore, comune raccolto e l'altra alla Loggetta Lombardesca di Ravenna.
Una mostra, quest'ultima, che ha dimostrato, come sostiene Tommaso Trini, nello stesso anno dei Soli, la volontà di Pomodoro di estendere il messaggio della sua scultura alla dimensione comunitaria. Negli anni '50 l’artista ha sperimentato un linguaggio materico fatto di segni impressi come scalfiture nella forma da un gesto automatico, poi sviluppati in senso naturalistico nei bassorilievi in bronzo come “segni in negativo” e in un ordine compositivo più geometrico nelle Fluidità contrapposte, verso la fine degli anni ‘50. I Soli ereditano questa strutturazione geometrica dove i segni si trasformano in linee che vanno a definire la struttura del materiale in forme geometriche archetipiche, come la linea, mossa in direzione orizzontale, verticale oppure obliqua, il cerchio, il triangolo, il quadrato verso la definizione di una nuova astrazione nella forma estetica della scultura. Su queste forme elementari, che assumono la valenza di archetipi costruttivi, l'artista inserisce frasi dal significato metaforico che ammiccano alla necessità di trovare un’armonia universale all’interno delle comunità umana per formare una società ideale. L'artista non si lascia sedurre dalla forma per dare rilievo alla costruzione geometrica mimetizzandola con linee di fuga e con questi concetti referenziali costituiti dalle scritte che esprimono realtà elementari di struttura fisica, come cardine, seme, ruota.
Nel Sole produttore 3 il concetto sociale emerge con più forza: nella forma ellittica a tre uncini appaiono le parole “collettivo possibile reale”, cioè “affinché una forma collettiva sia reale, occorre che i frutti siano in comune. Questi arricchimenti fantastici sono densi di riferimenti alla fecondità produttiva della terra, al raccolto che sono le sue principali fonti di sostentamento da condividere come risorsa in modo egualitario, come nella “societas perfecta” descritta da Tommaso Moro nel suo romanzo Utopia. Nel Sole produttore 6 questi concetti vengono espressi ancora più chiaramente: l'artista evidenzia la necessità che i frutti della terra vengano raccolti da ognuno in equa parte. Queste sono le aspirazioni di un artista capace di trasformare il materiale in “materia collettiva” e politicamente impegnato, fin dagli anni ’60-’70, come dimostrano opere come quella dedicata a Majakovskij (Bandiera per Vladimiro) oppure Folle (Galleria Nazionale di Roma); un impegno che si protrasse fino all’opera dedicata al Governo di unità popolare del Cile (1973) per culminare nel grande intervento progettato per la fruizione collettiva di Ales (1974 – 1977) dedicato alla memoria di Gramsci.
Negli anni Settanta il simbolo del sole produttore – già presente in una tempera del 1954 dal titolo Il sole nero, negra pietra - acquistò particolare rilievo nelle strutture circolari: nei Soli Produttori queste strutture vengono spezzate per accentuare le potenzialità delle forme di aprirsi a tensioni dinamiche differenti. Sempre presente nel suo lavoro, il mito del sole, rubato al primitivo e interpretato mediante influenze classiche, viene reinventato da Pomodoro con un linguaggio espressivo moderno. Da sempre affascinato dal potenziale vitale e simbolico dell'immagine del sole, l'artista l'ha trasformata nei suoi lavori monumentali in una sorta di segno araldico severo e massiccio; lo dimostrano la stele monumentale in bronzo e granito dal titolo Spirale per Galileo Galilei che viene collocata nel 1992 di fronte al Palazzo dell'Università di Padova e il Sole per Galileo Galilei, il monumento fiorentino del 1997 sul Lungarno Serristoli, fino ad arrivare alla Scala solare - Omaggio a Keplero, la scultura eretta nel 1993 di fronte all'università di Tel Aviv.
In queste sculture vediamo come la forma spiraliforme che assumono i soli nasca dalla rappresentazione in chiave mistico-sacrale di ciò che viene considerato il principio della creazione: il sole, tradotto in strutture solide tramite il motivo della spirale. “Congegno di perfezione ed esattezza divina, che risponde alla logica dei numeri fondamentali e delle segrete relazioni fra essi, la spirale, come il dna, svela il nucleo della vita” (Marina Cotelli, Corriere della Sera, giovedì 4 aprile 2002).
In omaggio al progresso scientifico, la spirale viene ricavata da calcoli fondati su numeri simbolici, specie sul numero aureo, il cui rapporto matematico fisso permette di individuare lo sviluppo nello spazio della spirale logaritmica. Le sculture di Giò Pomodoro sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private in tutto il mondo: l’Hirshhorn Museum and Sculpture di Washington, la collezione Nelson Rockfeller di New York, il Kunstmuseum di Wuppertal, la Tate Gallery di Londra, la GAM. Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e la Galleria d’Arte Moderna di Roma.