Carlo Fornara e il ritratto vigezzino
L’esposizione presenta 65 opere, tra dipinti, disegni e sculture, provenienti dalla Collezione Poscio e da altre raccolte private in grado di approfondire il tema della ritrattistica italiana di fine Ottocento e il legame tra Carlo Fornara e la tradizione figurativa sviluppata in valle Vigezzo.
Comunicato stampa
L’esposizione presenta 65 opere, tra dipinti, disegni e sculture, provenienti dalla Collezione Poscio e da altre raccolte private in grado di approfondire il tema della ritrattistica italiana di fine Ottocento e il legame tra Carlo Fornara e la tradizione figurativa sviluppata in valle Vigezzo.
Il percorso espositivo propone anche un confronto tra i maggiori esponenti di questo genere di pittura, attraverso lavori di autori quali Gaetano Previati, Tranquillo Cremona, Giovanni Segantini, Giovanni Boldini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Emilio Longoni, Angelo Morbelli e altri.
Un viaggio intimo nella ritrattistica di fine Ottocento, guidati dagli occhi e dagli sguardi di Carlo Fornara, tra i maggiori interpreti dell’arte italiana della prima metà del XX secolo.
Le sale di Casa de Rodis, palazzetto di origine medievale nel cuore di Domodossola, accoglie del 31 maggio al 31 ottobre 2015, la mostra Carlo Fornara e il ritratto vigezzino, curata da Annie-Paule Quinsac, che presenta 65 opere, tra dipinti, disegni e sculture, provenienti dalla Collezione Poscio e da altre collezioni private.
L’itinerario allestito all’interno di Casa de Rodis propone una prima sezione sulle radici della ritrattistica vigezzina, quindi le origini e la formazione della vera e propria Scuola di Belle Arti che si costituisce nell’Ottocento.
Qui saranno presentate anche due tele del pittore francese Adolphe Monticelli, punto di riferimento per Van Gogh, conosciuto personalmente da Enrico Cavalli, che seppe trasmettere agli allievi della Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini, le folgorazioni coloristiche del maestro di Marsiglia. Importati in valle Vigezzo dalla famiglia del pittore Gian Maria Rastellini, che ne costituì la prima raccolta in Italia, i dipinti di Monticelli hanno avuto un grande influsso su Fornara e sui suoi compagni più dotati.
L’esposizione analizza il legame di Carlo Fornara con la tradizione figurativa della valle Vigezzo, in Val d’Ossola, regione di frontiera e sin dal Settecento fucina di pittori itineranti che hanno trovato fortuna e fama in Francia, Svizzera e Inghilterra.
Erede di questo glorioso passato, Fornara, pittore divisionista profondamente legato a Giovanni Segantini e alla sua pittura di paesaggio, è stato anche uno straordinario ritrattista.
A lui si darà particolare rilievo con una serie di venti autoritratti - dal primo, realizzato a soli 15 anni, fino all’ultimo, quand’era ormai novantenne - che svelano lo spirito dell’intero tragitto artistico e umano del pittore. Accanto a essi, si troverà una galleria di personaggi, dipinti dallo stesso Fornara e da autori formatisi alla Scuola di Belle Arti della valle Vigezzo, quali Enrico Cavalli, Giovanni Battista Ciolina, Lorenzo Peretti Junior, Gian Maria Rastellini e altri.
Segue quindi una sezione nella quale vengono messi a confronto dieci ritratti, scelti tra i massimi esponenti dell’epoca di questo genere, da Gaetano Previati a Tranquillo Cremona, da Giovanni Segantini a Daniele Ranzoni, da Antonio Mancini a Giovanni Boldini, da Giuseppe Pellizza da Volpedo a Emilio Longoni ad Angelo Morbelli, a Pierre Troubetzkoy.
L’incontro tra Carlo Fornara e Giovanni Segantini, fondamentale per lo sviluppo della carriera del pittore ossolano, sarà riproposto attraverso il Bronzo di Segantini di Paolo Troubetzkoy, e il gesso dello scultore Emilio Quadrelli, che i visitatori ritroveranno riprodotto nel dipinto di Fornara, Mio studio, che chiude idealmente la mostra.
L’esposizione è un nuovo capitolo del processo di valorizzazione della Collezione Poscio, che si apre per la prima volta a contributi di altre raccolte private.
La Collezione Poscio è nata dalla passione per l’arte di Alessandro, imprenditore edile, e della moglie Paola, e si è sviluppata lungo un percorso di oltre mezzo secolo. Grande merito per la sua formazione sono state le loro frequentazioni con gli artisti, primo fra tutti Carlo Fornara, che li hanno portati a raccogliere, in cinquant’anni di attenta ricerca, una significativa raccolta di opere, conservate nelle sale di Casa De Rodis, recentemente ristrutturata con estrema cura e rigore per essere adibita a moderna sede espositiva, coniugando il recupero e la valorizzazione delle caratteristiche storiche dell’edificio.
Accompagna la mostra un catalogo che inaugura la collana de I Quaderni della Collezione Poscio.
Domodossola (VB), marzo 2015
Alessandro Poscio (Villadossola, 6 dicembre 1928 - 15 marzo 2013)
Nato in una famiglia numerosa - 12 figli - Alessandro Poscio inizia fin da giovane a lavorare nell'impresa di costruzioni fondata dal padre, proseguendone l’attività con grande energia.
Ha dedicato buona parte della sua vita a coltivare la passione per l’arte, formando nel tempo un gusto collezionistico di grande raffinatezza. In questo suo percorso è stato guidato nelle scelte dall’amico Carlo Fornara e accompagnato dalla moglie Paola.
Casa De Rodis
Casa De Rodis è un palazzetto di origine medioevale in Piazza Mercato, nel centro storico della città di Domodossola. Un tempo dimora della famiglia De Rodis, di antica nobiltà antigoriana, il palazzetto è stato interessato da una attenta ristrutturazione che ha visto da una parte il recupero di tutti gli elementi storico-architettonici (travi, pietre, pavimenti in legno, soffitti a cassettoni) e dall’altra una reinterpretazione in chiave moderna delle caratteristiche dell’edificio e della sua storia. Il progetto di ristrutturazione è stato curato dallo Studio di Architettura Roberto Rosmarini di Milano e i lavori eseguiti dall'impresa Aedes S.r.l. di Villadossola. Il corpo edilizio è stato ripensato nel suo complesso, non più a piani, ma in un collegamento mentale e percettivo tra piazza, interno e cielo. Sono stati così completamente aperti i loggiati presenti a tutti i piani e affacciati sul “pozzo” verticale interno, suggerendo un passaggio tra esterno e interno, piazza e palazzo, simbolicamente identificato nella grande vetrata presente al pianterreno.
La ristrutturazione ha messo in luce elementi riferibili a quattro successive fasi di intervento: i manufatti in pietra risalenti all’inizio del ‘400 (contorno di una porta al piano terra, una porta al primo piano, una finestra al secondo piano e una nicchia al piano interrato); una nuova porzione di edificio su colonnato, di cui sono emerse in facciata finestre tardo medievali e una porzione di finestrone a sesto acuto con cornici a intonaco bianco e rosso, il tutto risalente alla fine del ‘400; tracce di aperture sagomate a cornice realizzate in marmo di Crevoladossola datate XVI secolo; e un ultimo intervento di ristrutturazione radicale, esterna e interna, databile in epoca tardo barocca alla fine del XVIII secolo, con nuove aperture di finestre e balconi in ferro battuto.