Arte, architettura, natura: la simbiosi perfetta del nuovo Hiroshi Senju Museum, di Ryue Nishizawa
L’ambiente è quello dei dintorni di Nagano, un distretto che fa delle bellezze naturali il suo punto di forza. È lì, a Karuizawa, che lo scorso 10 ottobre si è inaugurato il nuovissimo museo progettato da Ryue Nishizawa e dedicato a Hiroshi Senju, primo artista asiatico ad aver ricevuto il Premio della giuria alla Biennale […]
L’ambiente è quello dei dintorni di Nagano, un distretto che fa delle bellezze naturali il suo punto di forza. È lì, a Karuizawa, che lo scorso 10 ottobre si è inaugurato il nuovissimo museo progettato da Ryue Nishizawa e dedicato a Hiroshi Senju, primo artista asiatico ad aver ricevuto il Premio della giuria alla Biennale di Venezia, nel 1995, grazie alla sua serie Waterfalls. Artista nonché preside della Tokyo University of Art and Design, nella realizzazione dell’edificio Senju ha affiancato l’architetto Nishizawa, noto soprattutto per la sua attività professionale come socio fondatore – insieme a Kazujo Sejima – del gruppo SANAA, vincitore nel 2010 del prestigioso Pritzker Prize.
Il progetto non vuole essere solo un museo a lui dedicato (espone circa 100 sue opere pittoriche realizzate tra il 1978 e il 2011), ma anche un esperimento di sinergia che attraversi – cancellandole – le barriere tra arte ed architettura. Una fusione il più possibile profonda fra il luogo e la natura circostante: ecco perché la struttura lascia aperti buchi da dove la luce filtra indisturbata e la vegetazione cresce rigogliosa.
Un po’ troppo simile, nella morfologia, ad un’altra opera di SANAA, il Rolex Learning Centre a Losanna. L’idea di base è infatti non simile, ma identica: due lastre sottili che racchiudono un volume schiacciato nel quale sono ricavati pozzi di luce naturale, irregolari e romantici, che illuminano lunghi atri e stanze vuote.
La superficie espositiva, di circa 10 mila mq, è infatti continua, sinuosa, fatta di un’alternanza di cavedii vetrati e pareti bianche curvilinee: l’effetto desiderato – e ottenuto – è quello di creare uno spazio aperto alla contemplazione e al relax, simile ad una “private living room”. Discreto e minimalista, come solo un giapponese ha la grazia di essere, lo stesso logo del museo altro non è che una spessa linea grigia. Nessun brand, nessun simbolo, nessun colore. “Cosa c’è di più bello – confessa l’Art Director – della linea di calma piatta di uno specchio d’acqua immobile?”.
– Giulia Mura
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