Let’s spit on Hegel again
Tre poetiche in dialogo tra loro all’interno di un pluralismo di linguaggi, segni e immagini che si pongono in posizione critica, di analisi del mondo circostante, come paradigma semiotico e culturale della propria condizione sociale ed esistenziale.
Comunicato stampa
Like A Little Disaster ha il piacere di presentare LET'S SPITZ ON HEGEL AGAIN?, un progetto collettivo che coinvolge le opere di Sarah Abu Abdallah, Anetta Mona Chisa & Lucia Tkacova e Valentina Miorandi.
Attraverso una dinamica speculare e non sovrapponibile, il progetto tenta di mettere a fuoco qualche tipo di atteggiamento o attitudine comune, documentando adesioni empatiche, traiettorie o prospettive che si sfiorano e contagiano, presentandosi come possibilità d'incontro, “come un invito a partecipare rivolto dagli artisti direttamente a ciascuno di noi”. 1
Le opere in mostra mettono in contatto esperienze e testimonianze che, pur provenendo da luoghi molto distanti tra loro, sono fondate su un avvicinarsi alla realtà in maniera libera, sicura, immune da compromessi emotivi, seguita da un procedere radicalmente indipendente e autonomo; testimonianze che qui si incontrano su un terreno di battaglia comune mostrandosi “all’altezza di un universo senza risposte”. 2
Tre poetiche in dialogo tra loro all'interno di un pluralismo di linguaggi, segni e immagini che si pongono in posizione critica, di analisi del mondo circostante, come paradigma semiotico e culturale della propria condizione sociale ed esistenziale.
Non effimere allusioni, quindi, ma statement in cui emerge una schietta rivendicazione personale e politica, “della parte dove stare”; l’insofferenza verso i linguaggi accreditati, un’interrogazione quasi ontologica dell’arte come del senso dello stare al mondo.
Il loro è soprattutto un atteggiamento che si appropria con spregiudicatezza, e insieme leggerezza di tutte le pratiche mediali possibili per costruire-smontare il proprio linguaggio e “decostruire il sistema per poter parlare e agire in modo altro “3
Le opere in mostra intrecciano un percorso fatto di rimandi impalpabili che funzionano come narrazioni e atmosfere da vivere ed esperire, temperature emotive da attraversare. Sono poetiche orgogliosamente fondate sulle conquiste delle precedenti generazioni femministe e capaci di oltrepassare criticamente i dualismi tra militanza ed emancipazione, spazi della teoria e spazi della pratica, istanze individuali e rivendicazioni collettive.
I loro linguaggi esaminano attivamente le sfaccettate forme di potere esistenti, in cui il corpo femminile simboleggia un territorio, fortemente contestato, di conflitti, autorità e desiderio. Una ricerca sullo stereotipo femminile veicolato dalla cultura dominante, che utilizza ironia e acutezza come mezzi di espressione per mettere in discussione le varie forme di autorità del presente e suggerisce un'arte che s’interroga sui propri statuti e indaga le modalità attraverso cui vengono manipolate, distribuite e interiorizzate le immagini.
Le artiste coinvolte nel progetto mettono in gioco congegni alternativi che tentano di sperimentare nuove grammatiche, altri metodi della relazione e del dubbio, che sperimentano l'esperienza dell'arte come "quel momento vitale in cui tu non chiedi garanzie" 4, nel tentativo di scardinare una visione unica, una griglia ferma del pensiero e procedere per continui tentativi, utilizzando l'ascolto, la cura della relazione come strumento per misurarsi con l'Altro.
Questo procedere per dubbi, per corrispondenze, per intenzioni non lineari mette sotto accusa la struttura del pensiero fondata sulle categorie di essenza e di soggettività, sull’oggettivazione delle cose e dell’Altro, sulla definizione normativa mono-soggettiva della verità.
Le artiste di Let's spit on Hehel again? lavorano su un doppio asse di posizionamento, quello geopolitico e quello storico-familiare. In questa intersezione di tratti personali e culturali si trova la specificità della loro produzione.
Siamo in presenza di una sollecitazione identitaria che si origina dal proprio interno per destituire il derridiano fallo-logo-centrico protagonismo dell’individuo a favore dell’esposizione collettiva di un sapere e di un fare che sottende l'agire delle artiste, attraverso un raccontare che è lasciare parlare e dunque anche porsi in relazione, una possibilità d’incontro rivolta all’Altro che osserva ed è sempre chiamato in causa nella dinamica dell’appropriazione e dello spossessamento reciproci.
1-2-4 Carla Lonzi
3 Luce Irigaray
IMPORTANTE: In questa mostra la percentuale di visitatrici deve essere sempre superiore a quella dei visitatori, per questo vi preghiamo di organizzare la vostra visita con L.A.L.D. almeno due giorni prima all'indirizzo [email protected]