Carmelo Candiano – Extra Alter
Candiano, artista sciclitano, sposa il progetto Alter e lo fa esponendo a Chiaramonte opere simboliche, metafora di aperture o chiusure nei confronti di ciò che viene percepito altro: nella valenza di estraneo, nella valenza di diverso, nell’accezione, più risolutiva, di opportunità e futuro.
Comunicato stampa
EXTRA - ALTER è il titolo della personale di Carmelo Candiano che si svolgerà nel contesto e in in parallelo al progetto ALTER ospitato a Chiaramonte Gulfi, balcone degli Iblei.
Alter Volti di Luce e di Terra trasformerà per tre giorni la città nel belvedere privilegiato per uno sguardo sull'arte contemporanea innescando un dialogo serrato tra due facce della stessa medaglia: tradizione e contemporaneità, distinzione e compenetrazione
Volti di Luce e Terra è il primo tempo di Alter ed assume come elemento caratterizzante la bellezza di un territorio e della comunità che lo vive e la dispiega negli otto musei chiaramontani, nelle strade e nelle piazze, nello scenario di chiese e palazzi storici, all'interno di botteghe di custodi di radici che affondano in un passato remoto.
La mostra di Carmelo Candiano Extra Alter sarà ospitata presso le sale della Pinacoteca Giovanni De Vita – Palazzo Montesano e proseguirà fino a fine agosto.
Candiano, artista sciclitano, sposa il progetto Alter e lo fa esponendo a Chiaramonte opere simboliche, metafora di aperture o chiusure nei confronti di ciò che viene percepito altro: nella valenza di estraneo, nella valenza di diverso, nell'accezione, più risolutiva, di opportunità e futuro. Lo fa inserendo, seppure inconsciamente, drammatici brandelli d'attualità nel nuovo corso che lo ha condotto dalla predilezione, sempre viva, per oggetti e figure del suo spazio più prossimo: carrube, piatti di terracotta, melagrani, girasole, bambini a forme pure, essenziali, realizzate con i materiali più disparati in un cambio di direzione che è una sfida già vinta quando si ammirano le opere presenti in mostra.
Finestre, più o meno grandi, che si affacciano sul Mediterraneo o che lo chiudono allo sguardo. Finestre che metaforicamente rimandano una immagine riflessa quando lo spazio vuoto è stipato di carrube, elemento e alimento fortemente caratterizzante i luoghi, che racconta di dominazioni, di tradizioni, di anime contadine. Dentro la cornice di una scura finestra di cemento il tappeto di carrube esclude lo sguardo dal diverso, da ciò che esiste lì fuori, ma, nel contempo, diventa mucchio di corpi attorcigliati, bruciati dal sole, scaraventati fuori da zattere di vimini e approdati nelle scatole tecnologiche, rigide finestre aperte su un mondo che atterrisce. V'è una grande apertura di metallo, una struttura reticolare come una gabbia all'interno della quale l'artista ha collocato, esercitando una pressione e disponendo in maniera calcolata le zone di colore, materiali di scarto della nostra quotidianità (riviste accartocciate, quotidiani, tappi di bottiglie, stracci, pezzettini di plastica). Sono rifiuti destinati allo smaltimento e alla distruzione ma diventano parte di un'opera che li sottrae alla morte per rinascere ad una nuova/altra esistenza. La stessa volontà scorre sulla superficie di plastica della finestra zeppa di quotidiani intrappolati e appena leggibili. Bianca è la finestra murata con pezzettini di cartone, classica nella forma, destabilizzante nella materia, emblema della storia di un “tempio” abbandonato in riva al mare di Sampieri. E c'è l'isola, la nostra, contraddittoria e sanguigna, aperta con una breccia attraverso la quale, nei secoli, hanno messo piede popoli geograficamente e culturalmente altri, oggi facenti parte della nostra identità/alterità.