Informazioni Evento

Luogo
PROVINCIA DI MILANO
Corso Monforte 35, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
16/09/2015
Biglietti

ingresso libero

Curatori
Vittorio Sgarbi
Uffici stampa
SEC
Generi
arte contemporanea, collettiva

Il progetto Expo Belle Arti, promosso dal Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, curato dal critico e ambasciatore per le Belle Arti di Regione Lombardia Vittorio Sgarbi, approda a Palazzo Isimbardi con un nuovo percorso espositivo inaugurato oggi dal Vice-Sindaco della Città metropolitana di Milano Eugenio Comincini.

Comunicato stampa

Milano 15 settembre - Il progetto Expo Belle Arti, promosso dal Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, curato dal critico e ambasciatore per le Belle Arti di Regione Lombardia Vittorio Sgarbi, approda a Palazzo Isimbardi con un nuovo percorso espositivo inaugurato oggi dal Vice-Sindaco della Città metropolitana di Milano Eugenio Comincini.

Dopo il successo delle visite guidate, Palazzo Isimbardi apre ancora una volta le porte ai visitatori che, attraversando le sale, potranno, da un lato ammirare le opere esposte in mostra, dall’altro curiosare e scoprire i segreti e i misteri dei luoghi dove si svolge la politica cittadina. Con quest’esposizione, per oltre due mesi, la storia e i tesori artistici di Palazzo Isimbardi, si pensi per esempio al dipinto ad olio su tela del Tiepolo in sala Giunta “Apoteosi di Angelo della Vecchia nel segno delle Virtù”, si intrecciano con opere di alto profilo artistico in un reciproco arricchimento di arte e cultura.

Expo a Palazzo Isimbardi è un progetto ricco ed eterogeneo ed ospiterà: il Padiglione del Libro con un’esposizione intitolata “La letteratura artistica”, l’opera “L’Italia rotonda” di Lampridio Giovanardi, la mostra “La vita silenziosa delle cose” con circa 40 tele raffiguranti il genere della natura morta. A queste esposizioni saranno affiancate: la ricostruzione della libreria di Umberto Saba a Trieste a cura dell'architetto Barbara Fornasir, la biblioteca di Giuseppe Tomasi di Lampedusa a Capo d’Orlando. Per tutta la durata dell’esposizione Expo Belle Arti a Palazzo Isimbardi saranno portati avanti in “diretta” alcuni restauri dagli allievi dalla Scuola di Conservazione e Restauro dell'Università di Urbino e dalla Scuola del Libro di Urbino.

A partire dal 16 settembre la mostra con ingresso gratuito sarà aperta fino al 30 novembre da martedì a domenica dalle 11 alle 19, in Corso Monforte 35.

Le letteratura artistica
Per la prima volta viene qui esposta insieme la più ampia raccolta di fonti delle letteratura artistica universale. Oltre cento libri che raccontano della ricerca teorica di architetti, intellettuali, pittori, studiosi e viaggiatori sulle cose belle.
Dal De sculptura di Pomponio Gaurico (1504) alle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori di Giorgio Vasari nella duplice edizione del 1550 e del 1568, dal Dialogo della pittura di Lodovico Dolce (1557) alle Vite de pittori, scultori et architetti moderni di Giovanni Pietro Bellori (1672), dalla Letteratura veneziana del secolo XVIII fino a’ nostri giorni di Giannantonio Moschini (1806) al Libro dell’arte di Cennino Cennini (1859) un excursus che porterà il visitatore a scoprire quanto ricca deve essere la biblioteca di colui che si appresta a interrogarsi sull’arte o a volerla praticare seguendo un’inclinazione personale, una necessità dell’animo o più semplicemente una curiosità della materia.
La mostra è altresì un viaggio nella produzione editoriale italiana dal Cinquecento all’Ottocento attraverso tutte le più importanti stamperie italiane da Roma a Firenze, da Venezia a Napoli, da Ferrara a Milano. I libri svelano, così, la loro identità fisica e si mostrano ai visitatori per quello che sono: la memoria vegetale, per usare le parole di Umberto Eco, dell’umanità. E in quanto memoria essi vanno custoditi, protetti, letti e riletti affinché ci diano più informazioni di quanto la nostra breve vita potrebbe raccoglierne: «Oggi i libri sono i nostri vecchi. Anche se sappiamo che sovente sbagliano, li prendiamo in ogni caso sul serio» (Umberto Eco, La memoria vegetale, Bompiani, Milano 2011, p. 13).
La mostra quindi racconta non solo di libri sull’arte, ma di un’arte dei libri, che poi è l’arte di preservare la conoscenza per le generazioni future. Una forma di resistenza della vita nel mondo inorganico della cultura digitale.

L’Italia rotonda di Lampridio Giovanardi
Ad impreziosire il percorso di Expo Belle Arti a Palazzo Isimbardi contribuisce la preziosa opera di Lampridio Giovanardi: un tavolo intarsiato iniziato a Modena nel 1850 e cresciuto per lo spazio di ventisei anni, fino al suo compimento nel 1876, nel laboratorio dell’ebanista incisore. La passione romantica per la Patria e un sorprendente slancio civile lo portò prima a scrivere un Sunto della Storia d’Italia divenuto la traccia fondamentale per la realizzazione dell’opera Italia Rotonda.
Il piano del tavolo – composto di oltre quarantamila tessere in oro, argento, acciaio e altri metalli, legno di varia qualità e provenienza, madreperla, guscio di tartaruga, avorio e osso – sono disegnati Fatti Memorabili e Personaggi Illustri della storia italiana, con particolare affezione espressa per l’Emilia e le sue glorie, con la raffigurazione tra l’altro del Duomo e del Teatro comunale di Modena, della Basilica della Beata Vergine della Ghiara, del Duomo e del Teatro Valli di Reggio Emilia, e un medaglione centrale che raffigura un’allegoria dell’Italia. Seguono, decrescenti verso il bordo, sette circoli nei quali Lampridio Giovanardi ha raffigurato personaggi, circa quattromila, ed eventi della Storia Universale: episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, la storia egizia, greca, etrusca, romana, il fermento creativo dell’Alto Medioevo, dell’Umanesimo e del Rinascimento, la nascita dei Comuni e delle Signorie ed infine le guerre di Indipendenza e l’Unità d’Italia.

La vita silenziosa delle cose
“Vita silente” preferiva chiamare Giorgio De Chirico la natura morta, rifacendosi al termine tedesco Stilleben, che significa appunto “vita silenziosa”. Infatti, scriveva il grande metafisico, «la natura morta è un quadro che rappresenta la vita silenziosa degli oggetti e delle cose». E oggi, questa splendida mostra, si rifà fin dal titolo a quest’accezione di uno dei generi-cardine della nostra tradizione artistica, sottolineando il carattere del “silenzio”delle cose (piatti, frutti, suppellettili, stoviglie, arredi, mazzi di fiori), come categoria universale e atemporale, al di là e oltre lo scorrere insistente del tempo, delle mode, del chiacchiericcio che troppe volte accompagna l’incedere delle nuove correnti artistiche e degli infiniti “ismi” che caratterizzano la nostra storia dell’arte, in particolar modo dall’avvento delle avanguardie fino a oggi.
Quaranta opere, che abbracciano un periodo che parte dalla fine del Cinquecento per arrivare alla seconda metà del Novecento che attestano di una ricchezza formale, una pregnanza pittorica e un’aderenza al dato di realtà rimaste del tutto inalterate nel tempo: a cominciare dagli straordinari dipinti sei e settecenteschi di Fede Galizia, Vincenzo Campi, Evaristo Baschenis, Carlo Magini, Giacomo Ceruti, testimonianza dei periodi di maggiore espressione e fortuna del genere, rimanendo tuttavia immutate anche nelle declinazioni più vicine allo spirito della modernità, come quelle di grandi protagonisti delle avanguardie storiche come Fortunato Depero, o di maestri dell’astrattismo italiano come Atanasio Soldati, o di giganti della pittura informale come Ennio Morlotti.

La libreria di Umberto Saba a Trieste e la biblioteca di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
L’attività della «Libreria Antica e Moderna» ebbe inizio il Primo ottobre 1919 e consentì a Saba di raggiungere una modesta ma decorosa indipendenza economica che gli permise di dedicarsi alla poesia. La bottega di via San Nicolò rappresentò inoltre un particolare osservatorio per il poeta, perché numerosi erano i clienti che frequentavano la libreria, la quale divenne nel corso degli anni luogo di ritrovo per scrittori e artisti. Tra gli altri, Italo Svevo, al quale piaceva passare quasi tutte le sere e raccontare, una volta ottenuto un tardivo successo per i suoi romanzi, i ricordi delle sue imprese commerciali.

“Esistono certamente librerie antiquarie importanti in molte città italiane, come a Roma o a Torino, ma questa è diversa da tutte le altre, anzitutto perché è la libreria di un Poeta. La grandezza di Saba fu quella di ricercare, con la sua poesia, non una parola assoluta e astratta bensì la parola del quotidiano, tanto che il suo messaggio poetico è passato nei professori, nei maestri che abbiamo avuto nelle scuole, e Saba si ritrova così a essere il poeta del Novecento più letto in Italia dopo la triade Carducci, Pascoli, D’Annunzio. Ogni volta che ritorno a Trieste e vado nei locali di quella libraria, dove Saba non ha fatto soltanto lo scrittore e il poeta ma ha anche lavorato in senso stretto, sento che lì il suo spirito è vivo. In realtà, oggi, quella libreria è una biblioteca, soprattutto della memoria, un luogo in cui si ha la sensazione di sentire che il Poeta ancora vi abita. Quando Saba vendeva libri, Trieste era il luogo in cui la letteratura europea esprimeva tutta la sua più alta capacità di testimonianza, perché scrittori come Italo Svevo, James Joyce, Pier Antonio Quarantotti Gambini stavano creando una civiltà letteraria che aveva proprio Trieste come capitale.” Così Vittorio Sgarbi a proposito della Libreria di Umberto Saba che è stata riprodotta in occasione dell’iniziativa Expo Belle Arti a Palazzo Isimbardi.

Chi ama Il Gattopardo e decide di visitare la casa-museo di Villa Piccolo a Capo d’Orlando scoprirà che, percorrendo gli ambienti interni, la stanza dello scrittore principe Lampedusa, il giardino della villa, i panorami che il medesimo scrittore ammirava e amava, subisce una sorta di magico incantesimo, percepisce di trovarsi automaticamente traslato negli ambienti e nel giardino di Donnafugata, descritti nel romanzo e nel film di Luchino Visconti.
Non per nulla il medesimo scrittore scrisse nei Racconti: «In questa villa del resto ritrovo non soltanto la «Sacra Famiglia» della mia infanzia, ma una traccia, affievolita, certo, ma indubitabile, della mia fanciullezza a Santa Margherita e perciò mi piace tanto andarvi». In tale scritto, egli fa riferimento alla «bacheca Luigi XVI in legno bianco che racchiudeva tre statuine in avorio, la Sacra Famiglia, su fondo cremisi” che “pende adesso al capezzale del letto della stanza in cui dormo nella villa dei miei cugini Piccolo, a Capo d’Orlando».
I lunghi soggiorni di Tomasi nella villa di Capo d’Orlando proseguirono regolarmente anche nel dopoguerra, soprattutto nel periodo di composizione de Il Gattopardo e dei Racconti (1954-1957 anno della sua morte). Per Tomasi essa era un’Arcadia, un tempio di elevata cultura umanistica e scientifica, immersa nel verde, rimasto quasi intatto sin dal tempo della Magna Grecia. Un luogo Panico. Letteratura, storia, scienza, pittura, esoterismo, natura viva e parlante, non erano che pane quotidiano nelle discussioni tra lui e gli adorati cugini Piccolo, in particolare Lucio, poeta barocco. Barocco, come la sua anima di principe siciliano decaduto, anima ancorata, in modo struggente, a mondi scomparsi e irripetibili.
Un piccolo pezzo di questa Arcadia è stato riprodotto anche all’interno di Palazzo Isimbardi nella speranza di far assaporare anche ai turisti di Expo l’atmosfera che ha ispirato l’autore di uno dei più celebri romanzi della letteratura italiana.
L’università, la scuola del libro e la scuola di restauro di Urbino
Il percorso si chiude con la possibilità di vedere dal vivo come tutta la bellezza esposta in questo percorso possa conservarsi nell’arco di secoli grazie al laboratorio di restauro. L’attività della Scuola di Conservazione e Restauro dell'Università di Urbino sarà distinta in due laboratori. Il primo laboratorio si occuperà del controllo e la verifica dello stato di conservazione di alcune opere della Raccolta d’Arte dell’Ospedale Maggiore Ca’ Granda di Milano: le operazioni punteranno a delle indagini non invasive con nuove tecnologie e metodologie innovative e a piccoli interventi di manutenzione. Il secondo laboratorio sarà dedicato al restauro del libro, in particolare a due volumi della Fondazione Carlo e Merise Bo “I saggi di Michel Montaigne” e “L’Opera Omnia” di Platone edita nel 1500.

Il fondo dell’Università di Urbino
I sedici titoli in esposizione sono da intendere come un piccolo saggio della preziosità e della rarità del patrimonio di libri antichi conservati presso la Biblioteca Universitaria di Urbino, tra i quali spiccano i due volumi settecenteschi con le riproduzioni delle opere dell’urbinate più illustre, Raffaello Sanzio.
Alcuni titoli documentano la prestigiosa attività della Stamperia della Venerabile Cappella del Santissimo Sacramento, fondata a Urbino nel 1725 per volere del cardinale Annibale Albani, nipote di Clemente XI, presso la quale lavorarono i più importanti stampatori dell’epoca.
Tra questi libri, notevole è il Tasso di Girolamo Mainardi, nel quale, all'inizio di ogni canto del poema, troviamo una calcografia a piena pagina incisa da Arnold van Westerhout (1651-1725) su disegno di Antonio Tempesta (1555-1630), prolifico artista italiano molto popolare ai suoi tempi per le sue immagini di battaglie eroiche e di suggestivi paesaggi.
Le commedie di Terenzio, pubblicate nel 1736, hanno il pregio di avere divulgato, tramite le incisioni di Pier Leone Ghezzi (1674-1755), il patrimonio iconografico del celebre codice della Biblioteca Apostolica Vaticana, chiamato bembino perché appartenuto a Pietro Bembo, che conserva le più antiche illustrazioni conosciute delle maschere teatrali romane.
Il patrimonio librario urbinate è impreziosito dalla presenza di importanti opere di carattere medico ed anatomico, eredità di Giovanni Maria Lancisi, l’archiatra di papa Clemente XI; entro questo contesto va ricordato in particolare Bartolomeo Eustachio, un celebre anatomista nato a San Severino Marche nel 1500 circa, che per qualche tempo restò ad Urbino, alla corte del Duca Guidubaldo II Della Rovere. Nel 1549 si trasferì a Roma ed insegnò Anatomia Umana alla Sapienza, e giunse a descrivere esattamente la tromba uditiva, che da lui ha preso il nome di Eustachio. Le sue Tabulae anatomicae rimasero inedite per oltre un secolo e mezzo, finché nel 1714 vennero pubblicate da Giovanni Maria Lancisi.
Nel suo complesso il materiale esposto costituisce una testimonianza della varietà delle discipline nelle quali l’ateneo urbinate ha profuso il suo impegno di insegnamento e di ricerca, nel corso degli oltre cinquecento anni della sua storia.
A tal proposito, merita una menzione particolare il libro di Guidubaldo Dal Monte, allievo di Federico Commandino, che aveva fondato un’importantissima scuola matematica: esso costituisce una testimonianza fondamentale dell’umanesimo scientifico, che fu una caratteristica peculiare della storia urbinate; Guidubaldo Dal Monte fu tra l’altro maestro di Galileo Galilei, del quale numerose opere sono conservate nel fondo urbinate.