Carlo Fontana
Il progetto espositivo, a cura dell’Associazione Juliet, si compone di un insieme di circa venti tele incentrate sul tema della natura morta e di un gruppo di lavori che ruotano attorno a dettagli architettonici, suppellettili, sfondi paesaggistici collegati con fondali scenici che rinviano al Mare e al Carso, ai suoi colori, alle sue atmosfere.
Comunicato stampa
Sabato 19 settembre 2015, alle ore 17.30, al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, si terrà l’inaugurazione della mostra del maestro Carlo Fontana.
L’iniziativa prosegue una ormai consolidata apertura all’arte contemporanea delle sale e delle gallerie lapidarie del Museo Archeologico, avviata nel 2012 e fondata sulla collaborazione fra archeologi e storici dell’arte, che viene ora istituzionalizzata nell’ambito del Polo museale del Friuli Venezia Giulia.
Al vernissage interverranno:
Luca Caburlotto (Direttore Polo Museale del Friuli Venezia Giulia), Paola Ventura (Direttore Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, archeologo Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia Giulia), Rossella Fabiani (Direttore Museo Storico Castello di Miramare, storico dell’arte Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia), Roberto Vidali (Direttore esecutivo Associazione Juliet)
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Il progetto espositivo, a cura dell’Associazione Juliet, si compone di un insieme di circa venti tele incentrate sul tema della natura morta e di un gruppo di lavori che ruotano attorno a dettagli architettonici, suppellettili, sfondi paesaggistici collegati con fondali scenici che rinviano al Mare e al Carso, ai suoi colori, alle sue atmosfere.
In questi quadri troviamo fissata una realtà trasognata, una realtà che, nel riprendere le ombre taglienti e le luci artificiali, rende visibile un’atmosfera di esistenza provvisoria, quasi scomposta (o ricomposta) in senso cubista: si tratta di un mondo che talvolta richiama in superficie la vita moderna, dinamica e contrastata, ma che nel sottofondo nasconde sempre uno spirito romantico e spirituale. Una luce calda e gessosa si irradia dalle cose raffigurate, per poi espandersi e abbracciare orizzonti lontani: disegna l’oscillazione di un crepuscolo sospeso fra il preludio di un giorno lontano e la vicinanza di un raggio di luna: un bosco, un fiore, una foglia, un prato sono i termini più semplici e comprensibili di una simbologia immediata e capace di smuovere l’animo alla pacificazione.
Carlo Fontana rappresenta, in qualche modo, un nuovo capitolo dei Maestri del Colore, perché se dinanzi alle tele dell’artista (di origini napoletane, ma trevigiano d’adozione) si possono raccogliere considerazioni stilistiche, estetiche o storiografiche, subito questa opprimente abitudine mentale viene soverchiata dalla beata e chiara presenza di un colore che tutto avvolge, tutto imbeve, tutto crea.
Ecco, nell’apparente semplicità di questo lavoro (che viceversa cela una continua ricerca della soluzione cromatica, della composizione e della misura, che non si vergogna di citare, ponendosi con modestia nella scia di una tradizione di grandi conoscitori del mestiere), ritroviamo una lingua materna e cara, un alito di quel soffio vitale che regge tutto quanto di bello al mondo c’è e che molto bene si lega con il colorismo acceso anche di pittori giuliani come Vittorio Bolaffio.