Paola Rizzi – Project 365
Paola Rizzi, dopo aver indagato a lungo sulla vita e sulle emozioni con altri cicli fotografici, arriva oggi a raccontare se stessa in 365 scatti, uno al giorno, nell’anno del suo cinquantesimo compleanno.
Comunicato stampa
Quante cose accadono nell’arco di 365 giorni? Quante di quelle cose ricordiamo? Ma soprattutto, di quei 365 giorni, quanti ne abbiamo vissuti realmente?
Siamo abituati a vivere in un mondo frenetico, in cui potremmo considerare il presente già come passato, poiché durante ogni attimo siamo già oltre. E, proprio a causa di questa velocità, non sappiamo vedere.
Questa totale mancanza di capacità d’osservazione ci porta a scattare fotografie principalmente durante le vacanze, come se solo durante quei giorni di assoluta spensieratezza, divertimento e risate ci fosse davvero qualcosa da ricordare della nostra vita. Peccato siano solo una parte infinitesimale di tutte quelle emozioni che proviamo ogni giorno, di tutti quei piccoli eventi che accadono quotidianamente, e di tutti quei momenti che compongono la nostra storia. Quella vera.
Paola Rizzi, dopo aver indagato a lungo sulla vita e sulle emozioni con altri cicli fotografici, arriva oggi a raccontare se stessa in 365 scatti, uno al giorno, nell’anno del suo cinquantesimo compleanno.
Non sono soltanto autoritratti da cui potremmo dedurre come è cambiata l’artista in un anno, sotto il puro aspetto esteriore, ma sono scatti dell’anima in cui vengono immortalati attimi vissuti, oggetti che hanno catturato l’attenzione dei suoi occhi, emozioni fugaci o persistenti. Momenti, giorni, vite intere.
Due possono essere i filoni tematici di questa personale fotografica: il tempo e il mezzo.
Il protagonista del romanzo Revolutionary Road sostiene che la capacità di misurare e suddividere il tempo ci offre una quasi inesauribile fonte di consolazione: come se, misurando il tempo, potessimo trovare sollievo dal dolore dell’esistenza umana. dare un inizio e una fine alle emozioni, senza curarci di viverle realmente. Alquanto cinico.
Gli scatti di Paola Rizzi, però, non vogliono essere strumenti di misurazione, ma testimoni di un tempo che è stato, pur portando i suoi effetti ancora nel tempo che è. Hic et nunc.
Un anno, giorni passati, emozioni vissute e situazioni svanite che permettono al presente di essere tale, in continuo divenire.
Cosa possiamo quindi definire presente? Ogni lasso di tempo non è altro che una nostra proiezione in vite diverse che non ci accorgiamo di vivere.
Per questo, attraverso degli scatti potremo conoscere chi siamo stati e chi saremo.
Il tema del mezzo è, invece, al centro delle più aspre discussioni tra fotografi: Paola Rizzi ha, infatti, utilizzato un comune smartphone per ognuno degli scatti in mostra.
Molti dei fotografi legati ad una corrente di pensiero conservatrice, inorridirà al pensiero di scatti fotografici realizzati attraverso un così banale strumento tecnico, ma la realtà è che il vero fotografo lavora con il cuore , con la testa e con gli occhi, senza aver bisogno di sofisticati mezzi.
Ciò che rende uno scatto unico, è la capacità di trasmettere a chi osserva la stessa emozione di chi ha scattato; di regalare a chi non c’era l’emozione di un attimo.
Già alcuni anni fa la Magnum “l’agenzia delle agenzie” ha candidato come nuovo membro Michael Brown, uno dei più famosi fotogiornalisti che nel 2011 ha pubblicato un servizio fotografico su National Geographic Magazine, interamente realizzato attraverso il suo Iphone.
E dunque, se la più importante agenzia fotografica approva l’evoluzione della fotografia con questi nuovi strumenti, come si può non pensare anacronistica una opposizione?
Ciò che fa dell’uomo un fotografo è la capacità di cogliere quell’attimo in cui sta succedendo, e nella nostra quotidianità lo smartphone è l’oggetto che abbiamo sempre con noi.
Certo, non possiamo immaginare di ottenere un uguale taglio dell’immagine, non possiamo pensare che un telefono possa sostituire una macchina fotografica, ma possono efficacemente coesistere.
Non ci sarà uno strumento giusto ed uno sbagliato, ma due strumenti diversi. Migliaia di scatti diversi.
Paola Rizzi, attraverso questa ardita mostra personale ha dimostrato come l’oggetto quotidiano possa farsi interprete della quotidianità.
Come ciò che distingue un fotografo da tutti gli altri è la capacità di osservare e di raccontare, non lo strumento che utilizza.
Paola Rizzi, come viene definita da un amico, è un cuore con un battito che fa click.
Si rispecchia molto in questa definizione poiché nei suoi racconti fotografici ascolta sempre il cuore, che sia suo o di chi viene raccontato attraverso gli scatti.
Si definisce una fotografa che guarda e che racconta. Da sempre ha amato la fotografia, ma solo quando tutto le è sembrato perduto, ha deciso di dedicare tutta se stessa a quest’arte, rinunciando a certe canoniche sicurezze per donare all’arte la sua sensibilità.