Michele Dolz – Creatures
Le “creature” evocate da Dolz sono tori e pesci, meduse e uccelli, polipi , gusci, conchiglie e altro, tra muffe e fioriture di patine, tra licheni minerali e colature magmatiche venute a spalmarsi su spazi senza luogo né tempo.
Comunicato stampa
Le “creature” evocate da Dolz sono tori e pesci, meduse e uccelli, polipi , gusci, conchiglie e altro, tra muffe e fioriture di patine, tra licheni minerali e colature magmatiche venute a spalmarsi su spazi senza luogo né tempo. Tracce di una vita brulicante eppure congelata in una teca d’arcaico e immobile silenzio, “ritratti” interiori d’improbabili protagonisti come spiati da una fessura aperta nel conglomerato delle ere geologiche… Non c’è nascita e morte, qui; c’è solo pulsare di cuori e peristalsi muscolari, fremiti di squame e strepiti di zoccoli immobili. Eppure i colori sono opachi e freddi, e rimandano all’orizzonte desolato di un deserto di inaudite solitudini, mentre il corpo fisico degli animali e degli oggetti si consuma di una ruggine inquieta. L’unica luce di queste creature, di questi reperti sospesi, è il loro lirismo travolgente, l’irresistibile densità di muta poesia che è loro propria. E’ una liricità che neppure cerca la metafora o l’esplicita evocazione, ma che basta a se stessa ripiegata nel suo nucleo di sentimento e trascolora sul lento impulso che forma l’immagine, che addensa o diluisce a poco a poco i contorni e le sagome. Come per le mandrie sciamaniche dipinte sulle pareti delle antiche grotte magdaleniane del Paleolitico superiore, cui visibilmente queste immagini talvolta alludono, quel che è ritratto qui non è solo
ciò che si vede ma è ben altro. E’ il suo sapore interno, il suo midollo concettuale, lo stupore dell’evocazione magica, dell’invocazione emozionale, come fosse - si potrebbe dire – una preghiera muta rivolta a ciò che trascende, alla vertigine dell’inconoscibile. Come fosse il portato di una serie di ex-voto multiformi, essenziali e primitivi, umbratili, un po’ misteriosi.
E’ ben vero che Dolz ha una pittura nutrita di sostanza filosofica, di pensiero denso, che si avverte ramificato delle più sottili e sofisticate speculazioni. Eppure la sua è anche e primariamente pittura-pittura per intero, pittura “fisica” di sostanze e velature, di materia cromatica, di vuoti e di pieni. Pittura mai letteraria, mai stucchevolmente dotta, mai pedantescamente formata, perfezionata, finita.
Diversi sentimenti di inquietudine e trepidazione, in lui, si volgono a dettare l’impulso di un gesto che rimane sospeso e interrogante benché sovranamente concluso: l’intuizione di un archetipo.
(dalla presentazione di Giorgio Seveso)
Nota biografica
Michele Dolz è nato in Spagna nel 1954 e si è trasferito in Italia nel 1976. Vive e lavora a Milano ed è docente di Storia dell’Arte nella Università della Santa Croce a Roma. Allievo del pittore spagnolo Salvador Perez, ha sviluppato una poetica in sospensione tra informale e figurazione archetipica, di forte impatto emotivo. Di lui hanno scritto: Giorgio Seveso, Elena Pontiggia, Chiara Canali, Francesca Bonazzoli, Maurizio Cecchetti, Andrea Bolchi e altri.
Ultime mostre personali:
2014 Energy, site specific Peroni Pompe, Milano
2014 Fossili viventi, Università Bocconi, Milano
2014 Il pesce non sfugge nella Quadreria Arcivescovile, Milano
2012 Notte oscura, Altermaria, Milano